Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13632 del 21/06/2011

Cassazione civile sez. lav., 21/06/2011, (ud. 26/01/2011, dep. 21/06/2011), n.13632

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

S.R.M. (OMISSIS), S.C.

(OMISSIS), L.P. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BALDASSARRE PERUZZI 30, presso

lo studio dell’avvocato LINO JULIANO, rappresentati e difesi

dall’avvocato MARINO GIUSEPPE, giusta mandato speciale a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

CONSORZIO DI BONIFICA INTEGRALE DE BACINITIRRENICI DEL COSENTINO

(OMISSIS), già Consorzio di Bonifica del Lao e dei Bacini

Tirrenici del Cosentino, in persona del Commissario pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE di

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato DI PRINCIPE ANTONIA,

giusta Delib. Presidenziale 28 dicembre 2009, n. 95 e giusta delega a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1725/2008 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO

del 20/11/08, depositata il 09/12/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/01/2011 dal Consigliere Relatore Dott. FILIPPO CURCURUTO;

è presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

che:

La Corte d’appello di Catanzaro, previa riunione delle impugnazioni, ha dichiarato inammissibili per tardività gli appelli proposti dagli attuali ricorrenti contro varie sentenze del Tribunale di Paola constatando che queste erano state depositate tutte il 15 giugno 2004 mentre il ricorso in appello era stato depositato il 3 ottobre 2005.

I ricorrenti impugnano questa decisione con ricorso per un motivo, llustrato anche da memoria. Il Consorzio intimato resiste con controricorso.

I ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 133 e 327 c.p.c. e sostengono che la Corte di merito ha attribuito rilievo ai fini del decorso del termine di cui all’art. 327 c.p.c. non alla pubblicazione della sentenza ma al deposito della relativa minuta in cancelleria.

L’esame degli atti consentito dalla natura del vizio denunziato permette di affermare che nelle copia autentiche delle sentenze di primo grado si trova nell’ultima pagina l’attestazione del deposito in data 15 giugno 2004, resa dal cancelliere. Nelle stesse sentenze, nella prima pagina si leggono poi, fra le altre, le seguenti annotazioni: ” del. 10-6-2004- dep. 15- 6-2004- pubbl. 22-10- 2004″.

La Corte d’Appello ha ritenuto che quest’ultima annotazione si riferisca alla data di comunicazione alle parti dell’avvenuto deposito della sentenza e che per contro la pubblicazione della stessa mediante deposito sia avvenuta il 15 giugno 2004.

Tale ricostruzione, appare al Collegio la più aderente al reale stato di cose. Vale in proposito infatti il rilievo che il cancelliere nel dare atto del “deposito” non ha fatto riferimento alla minuta della sentenza ma ha evidentemente pubblicato come originale l’atto trasmessogli dal giudice, siccome già perfettamente confezionato e non bisognoso di copia e successiva collazione.

Quindi la data anzidetta è esser quella della pubblicazione della sentenza mentre l’indicazione successiva è da riferire alla comunicazione dell’avvenuto deposito, sicchè è da considerare irrilevante ai fini della tempestività del gravame.

D’altra parte, la pubblicazione della sentenza (o del decreto ingiuntivo) mediante deposito nella cancelleria del giudice che l’ha pronunciata, ai sensi dell’art. 133 c.p.c., comma 1, deposito consistente nella consegna ufficiale al cancelliere dell’originale della decisione sottoscritta dal giudice, costituisce un elemento essenziale per l’esistenza dell’atto; al contrario, la certificazione del compimento di tale attività, che deve essere eseguita dal cancelliere a norma dello stesso art. 133, comma 2 è formalità estrinseca all’atto, con la conseguenza che la sua mancanza non determina la nullità del provvedimento, atteso che l’individuazione del giorno del deposito è sempre consentita con l’uso della normale diligenza, attraverso la consultazione delle annotazioni del cancelliere sui registri degli atti giudiziali. (Cass. 2004/ 9863).

Ed infatti, questa Corte ha avuto occasione di chiarire che qualora la sentenza presenti, oltre la firma del giudice, due timbri di deposito entrambi sottoscritti dal cancelliere, al fine di individuare il giorno del deposito, dal quale decorre il termine di decadenza dall’impugnazione ex art. 327 cod. proc. civ., occorre far riferimento alla prima data, in riferimento alla quale risulta accertata la formazione della sentenza per la ricorrenza dei requisiti indispensabili prescritti dall’art. 133 c.p.c., comma 1 (ovvero la consegna della sentenza da parte del giudice al cancelliere e il suo contestuale deposito da parte di quest’ultimo), atteso che il successivo timbro di deposito, non potendo attestare un evento già verificatosi (la pubblicazione della sentenza), è riconducibile agli adempimenti a carico del cancelliere medesimo, di cui all’art. 133 cod. proc. civ., comma 2 (Cass. 2009/20858).

Proprio secondo tale prospettiva quindi, risultando, come detto, dalla lettura degli atti che non vi è stato alcun riferimento ad un deposito di minuta, non può trovare applicazione il principio, pur pienamente condivisibile, secondo cui per effetto del combinato disposto degli artt. 133 e 327 cod. proc. civ. il termine annuale per l’impugnazione della sentenza non notificata inizia a decorrere dalla data della sua pubblicazione e, laddove sulla sentenza pubblicata appaiano due date, una di deposito in cancelleria da parte del giudice e l’altra, successiva, di pubblicazione indicata come tale dal cancelliere, è solo a quest’ultima che bisogna aver riguardo ai fini della decorrenza del termine. (Cass. 2008/12681).

Per le ragioni anzidette anche le considerazioni svolte nella memoria non possono trovare accoglimento. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con condanna dei ricorrenti alle spese del giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti alle spese in Euro 30,00 per esborsi, oltre ad Euro 2000,00 per onorari, nonchè IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2011

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