Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13628 del 19/05/2021

Cassazione civile sez. II, 19/05/2021, (ud. 25/11/2020, dep. 19/05/2021), n.13628

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10777/2016 proposto da:

P.A., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA CRESCENZIO 20, presso lo studio dell’avvocato MARCO SQUICQUERO,

rappresentati e difesi dall’avvocato MASSIMO DI LELLO, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Dirigente Generale pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

FIORENTINO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MARIA MORRONE, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4280/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 04/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/11/2020 dal Consigliere ELISA PICARONI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Napoli, con sentenza pubblicata il 4 novembre 2015, ha accolto l’appello proposto dall’INPS, quale successore ex lege di INPDAP, avverso la sentenza del Tribunale di Napoli n. 1170 del 2010, e nei confronti di D.T., + ALTRI OMESSI, in qualità di eredi di F.V..

1.1. Il giudizio era stato introdotto dai proprietari delle unità abitative situate nel Centro Direzionale (OMISSIS), resisi acquirenti dei rispettivi immobili dall’INPDAP, a seguito del procedimento di cartolarizzazione disciplinato dal D.L. 25 settembre 2001, n. 351, conv., con modif., dalla L. 23 novembre 2001, n. 410.

Sulla premessa che gli acquisti erano avvenuti con rogiti del 29 luglio 2003, al prezzo proposto dall’Ente che già scontava la riduzione dell’8%, in applicazione dell’accordo sottoscritto con le rappresentanze sindacali degli inquilini in data 7 maggio 2003, gli attori avevano agito per ottenere la condanna dell’Ente al rimborso del maggior prezzo pagato nella misura del 7%, in applicazione del D.L. n. 41 del 2004, art. 1, comma 1, conv. con modif. dalla L. n. 104 del 2004.

La disposizione citata era stata introdotta al fine di eliminare la disparità di trattamento tra quanti avevano acquistato subito dopo il varo della cartolarizzazione e coloro i quali, per ritardi nell’espletamento della procedura di dismissione, avevano subito gli effetti negativi collegati al notorio aumento dei prezzi degli immobili avvenuto nel periodo tra il 2001 e il 2003.

1.2. Il Tribunale aveva accolto integralmente la domanda.

2. La Corte d’appello ha riformato la decisione.

2.1. Secondo la Corte territoriale, l’Ente aveva individuato correttamente il prezzo di acquisto, sul quale applicare la riduzione ex lege, nel prezzo “determinato” ai sensi del D.L. n. 351 del 2001, art. 3, comma 7, che era diverso dal “prezzo di vendita praticato”, comprensivo nella specie della riduzione dell’8% pattuita il 7 maggio 2003 tra l’INPDAP ed i rappresentanti delle associazioni sindacali degli inquilini. La ratio perequativa della riduzione prevista dal legislatore del 2004 era identica a quella sottesa all’accordo del 7 maggio 2003, sicchè il cumulo delle riduzioni, preteso dagli attori-appellati, si traduceva in un trattamento di favore privo di giustificazione.

3. Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso, affidato a due motivi, D.T., + ALTRI OMESSI, in qualità di eredi di F.V. e di Pa.Ma..

L’INPS ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione del D.L. n. 41 del 2004, conv. con modif. dalla L. n. 104 del 2004, in relazione al D.L. n. 351 del 2001, art. 3, comma 7, conv. con modif. dalla L. n. 104 del 2001, L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 109, lett. d) e al D.I. 20 aprile 2005.

2. Con il secondo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione degli artt. 1362 c.c. e segg. e si assume che l’interpretazione del Protocollo d’intesa 7 maggio 2003 fatta propria dalla Corte d’appello sarebbe frutto dell’erronea applicazione dei criteri di ermeneutica contrattuale.

3. I ricorrenti contestano che il Protocollo del 7 maggio 2003, in forza del quale era stata concordata la riduzione dell’8% sul prezzo degli immobili, avesse finalità perequativa coincidente con quella prevista dal legislatore del 2004. Come emergerebbe dall’esame del verbale della riunione in data 17 dicembre 2002 e dal testo dell’accordo in data 7 maggio 2003, la riduzione concordata tra l’Ente e la rappresentanza sindacale degli inquilini trovava la sua ragion d’essere nelle pessime condizioni di manutenzione in cui versavano le parti comuni dell’edificio (OMISSIS), condizioni tali da richiedere interventi per oltre 400.000,00 Euro (così, il ricorso a pag. 6).

E’ richiamata, la sentenza delle Sezioni Unite n. 3728 del 2016, che ha affermato la giurisdizione del giudice ordinario su domanda analoga a quella proposta nel presente giudizio, ed ha rigettato il ricorso principale proposto dell’INPS.

4. I motivi sono entrambi privi di fondamento.

4.1. In premessa va chiarito che la sentenza delle Sezioni Unite n. 3728 del 2016 non riveste la valenza dirimente che i ricorrenti le attribuiscono, giacchè la questione dell’interpretazione dell’accordo 7 maggio 2003 non ha costituito oggetto di esame da parte delle Sezioni Unite.

In quel caso, infatti, a fronte di ricorso dell’Inps per la cassazione della sentenza d’appello favorevole agli acquirenti degli immobili, le Sezioni Unite hanno ritenuto inammissibile, per limiti strutturali, il motivo di ricorso con il quale era contestata l’interpretazione dell’accordo 7 maggio 2003, ed infondata la denuncia di omesso esame, sul rilievo che il giudice d’appello aveva esaminato il contenuto dell’accordo.

5. Non sussiste la violazione di legge denunciata con il primo motivo di ricorso.

La sentenza impugnata ha richiamato il dato normativo, costituito dal D.L. n. 41 del 2004, art. 1, comma 2, il quale stabilisce che “il prezzo di vendita è fissato applicando, al prezzo determinato ai sensi del citato D.L. n. 351 del 2001, art. 3, comma 7 (cioè al prezzo di mercato) coefficienti aggregati di abbattimento calcolati dall’Agenzia del territorio sulla base di eventuali aumenti di valore degli immobili tra la data dell’offerta in opzione ed i valori medi di mercato del mese di ottobre 2001”.

Sulla base della chiara previsione di legge, la Corte d’appello ha correttamente ritenuto che l’abbattimento del prezzo degli immobili, previsto a fini perequativi anche con riferimento alle vendite già concluse, dovesse essere applicato sul prezzo “determinato” e non su quello praticato, che nel caso di specie aveva beneficiato della riduzione dell’8% per effetto dell’accordo del 7 maggio 2003.

6. Privo di fondamento è anche il secondo motivo di ricorso, poichè l’interpretazione dell’accordo 7 maggio 2003 fatta propria dalla Corte d’appello non è frutto di erronea applicazione delle regole di ermeneutica.

La Corte d’appello ha esaminato nel dettaglio la documentazione rilevante, ed è pervenuta ad una conclusione compatibile con il testo negoziale.

6.1. L’accordo del 7 maggio 2003, riportato a pagg. 4-5 del ricorso, infatti richiama nell’incipit le “pressanti richieste di riconoscimenti economici, inoltrate dai singoli inquilini (…) a causa della disparità di trattamento subita dagli stessi a seguito dell’effettuazione della perizia di stima degli immobili del Centro Direzionale di Napoli soltanto nel 2 semestre 2002, nonostante il loro inserimento nelle procedure di dismissione SCIP 1”; e quindi prosegue dando atto che, “a seguito delle correzioni apportate dall’Agenzia del territorio rispetto alla necessità di rendere omogenei i valori medi di stima delle diverse Torri, determinati sulla base delle condizioni di fatto in cui versano gli immobili (…) l’Istituto si impegna a concedere una riduzione nella misura dell’8% del predetto prezzo di stima”.

6.2. Secondo la Corte d’appello, le richiamate “correzioni apportate dall’Agenzia del territorio” coincidevano con la rettifica della perizia di stima degli immobili situati negli edifici che versavano in condizioni di cattiva manutenzione, come confermato dal verbale della riunione del 17 dicembre 2002 (pag. 4 del ricorso), nel quale si dà atto che il sindacato degli inquilini aveva chiesto una revisione della perizia di stima, e che, in seguito, l’Agenzia del territorio aveva rettificato la perizia di stima, riducendo i valori degli immobili situati nei soli edifici (OMISSIS), mentre aveva confermato i valori della perizia riguardo agli altri fabbricati (altre Torri del Centro Direzionale).

6.3. Diversamente da quanto sostengono i ricorrenti, il dato testuale dell’accordo non è stato pretermesso, nè la lettura che la Corte di merito ne ha dato risulta incompatibile con quel dato.

Si tratta, infatti, di una lettura “plausibile” ovvero di una delle possibili interpretazioni del testo in oggetto, sicchè il fatto che il giudice di merito abbia scelto l’una piuttosto che l’altra non è censurabile in sede di legittimità.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, l’interpretazione data dal giudice di merito ad un contratto, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non deve essere l’unica possibile o la migliore in astratto, ma semplicemente una di quelle possibili e plausibili (ex plurimis, Cass. 22/04/2020, n. 8041; Cass. 20/11/2009, n. 24539; Cass. 22/02/2007, n. 4178).

7. Il ricorso è rigettato a spese compensate, per le stesse ragioni indicate dal giudice d’appello nel disporre la compensazione delle spese del grado.

Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e dichiara compensate tra le parti le spese del giudizi di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 25 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2021

 

 

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