Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13626 del 21/06/2011

Cassazione civile sez. II, 21/06/2011, (ud. 15/04/2011, dep. 21/06/2011), n.13626

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

B.M.C., rappresentata e difesa, in forza di procura

speciale a margine del ricorso, dagli Avv. Gizzi Massimo e Fabrizio

Pagniello, elettivamente domiciliata nel loro studio in Roma, via

Anapo, n. 29;

– ricorrente –

contro

D.B.M.T., rappresentata e difesa, in forza di

procura speciale in calce al controricorso, dagli Avv. Pietrosanti

Enzo e Mauro Bottoni, elettivamente domiciliata nello studio del

primo in Roma, piazzale dei SS. Pietro e Paolo, n. 4;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore;

– intimato –

e contro

B.M.;

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma n.

1454 in data 1 aprile 2009.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15 aprile 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

sentito l’Avv. Carlo Caianello, per delega dell’Avv. Massimo Gizzi;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso: “nulla

osserva”.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Che il consigliere designato ha depositato, in data 1 febbraio 2011, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.: “IL Tribunale di Roma, con sentenza in data 18 giugno 2004, ha respinto le domande proposte da B.M.C., alle quali aveva aderito B.M. (chiamata in causa ex art. 102 cod. proc. civ.), nei confronti di D.B.M.T. e del Ministero delle finanze-Dipartimento del territorio catasto urbano, volte all’accertamento dell’esatta proprietà dell’istante e dei convenuti, alla loro condanna alla rettifica degli errori ed al risarcimento del danno. Il Tribunale ha altresì compensato le spese di lite e posto quelle di c.t.u. a carico dell’attrice.

La Corte d’appello di Roma, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 1 aprile 2009, ha respinto il gravame principale di B.M.C., quello incidentale adesivo di B.M. e quello incidentale, relativo al capo sulle spese, del Ministero. Quanto alle spese della fase dell’appello, la Corte territoriale le ha poste a carico delle B..

Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello ha proposto ricorso B.M.C., con atto notificato il 14 maggio 2010, sulla base di cinque motivi.

Ha resistito, con controricorso, D.B.M.T..

Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 3, in relazione all’art. 2697 cod. civ.. Il secondo mezzo è rubricato “violazione dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5;

motivazione lacunosa ed insufficiente su un punto decisivo della controversia”.

Con il terzo motivo si prospetta violazione dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, in relazione all’art. 112 cod. proc. civ.; omessa motivazione su un punto decisivo della controversia.

Alla denuncia di motivazione lacunosa e contraddittoria è dedicato il quarto motivo.

Il quinto mezzo censura violazione dell’art. 360, n. 3, cod. proc. civ. in relazione all’art. 92 cod. proc. civ.. Tutti i motivi sono inammissibili.

Difatti, i motivi che prospettano violazione o falsa applicazione di norme di legge sono privi del quesito di diritto, prescritto, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 bis cod. proc. civ., ratione temporis applicabile.

Con riguardo alle censure che articolano il vizio di motivazione, inoltre, non è stato osservato l’onere, imposto dal citato art. 366 bis cod. proc. civ., del quesito di sintesi. Invero, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, allorchè nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto e le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall’art. 366 bis cod. proc. civ., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, all’inizio o al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (Cass., Sez. 3^, 7 aprile 2008, n. 8897; Cass., Sez. 1^, 8 gennaio 2009, n. 189;

Cass., Sez. 1^, 23 gennaio 2009, n. 1741). In altri termini, il prescritto quesito di sintesi deve sostanziarsi in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non è possibile ritenere questo requisito rispettato quando, come nella specie, solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli – all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato art. 366 bis cod. proc. civ. – che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, od insufficiente la motivazione e si indichi quali sono le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente inidonea a sorreggere la decisione.

Sussistono, pertanto, le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio”.

Letta la memoria della ricorrente.

Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra;

che i rilievi critici della ricorrente non colgono nel segno;

che, innanzitutto, non rileva che il ricorso sia stato notificato quando la L. 18 giugno 2009, n. 69, era già stata pubblicata ed entrata in vigore;

che, invero, alla stregua del principio generale di cui all’art. 11 preleggi, comma 1, secondo cui, in mancanza di un’espressa disposizione normativa contraria, la legge non dispone che per l’avvenire e non ha effetto retroattivo, nonchè del correlato specifico disposto della L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5, in base al quale le norme previste da detta legge si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima L. (4 luglio 2009), l’abrogazione dell’art. 366 bis cod. proc. civ. (intervenuta ai sensi della citata L. n. 69 del 2009, art. 47) è diventata efficace per i ricorsi avanzati con riferimento ai provvedimenti pubblicati successivamente alla suddetta data, con la conseguenza che per quelli proposti – come nella specie – contro provvedimenti pubblicati antecedentemente (e dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40) tale norma è da ritenere ancora applicabile (Cass., Sez. 1^, 26 ottobre 2009, n. 22578; Cass., Sez. 3^, 24 marzo 2010, n. 7119);

che, di fronte alla chiarezza del dato normativo e alla uniformità della giurisprudenza sul punto, non vi è spazio per riconoscere una rimessione in termini da errore scusabile;

che la sollevata questione di legittimità costituzionale della persistente applicabilità dell’art. 366 bis cod. proc. civ., in riferimento agli artt. 24 Cost., artt. 102 e 111 Cost., è manifestamente infondata, in quanto rientra nella discrezionalità del legislatore disciplinare nel tempo l’applicabilità delle disposizioni processuali e non appare irragionevole nè contrastante con il diritto di difesa il mantenimento della pregressa disciplina per i ricorsi per cassazione promossi avverso provvedimenti pubblicati prima dell’entrata in vigore della novella (Cass., Sez. lav., 16 dicembre 2009, n. 26364);

che, d’altra parte, questa Corte regolatrice – alla stregua della stessa letterale formulazione dell’art. 366 bis cod. proc. civ. – è fermi ss ima nel ritenere che a seguito della novella del 2006 nel caso previsto dall’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, allorchè, cioè, il ricorrente denunci la sentenza impugnata lamentando un vizio della motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione;

che ciò importa in particolare che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (cfr., ad esempio, Cass., sez. un., 1 ottobre 2007, n. 20603);

che, al riguardo, ancora è incontroverso che non è sufficiente – al contrario di quanto ritiene la ricorrente nella memoria illustrativa – che tale fatto sia esposto nel corpo del motivo o che possa comprendersi dalla lettura di questo, atteso che è indispensabile che sia indicato in una parte, del motivo stesso, che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata;

che non si può dubitare che allorchè nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall’art. 366 bis cod. proc. civ., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma formulando, all’inizio o al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (in termini, Cass., Sez. 3^, 30 dicembre 2009, n. 27680);

che nella specie i motivi di ricorso, formulati ex art. 360 c.p.c., n. 5, sono totalmente privi di tale momento di sintesi, iniziale o finale, costituente un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo;

che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara, il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, che liquida in complessivi Euro 2.700, di cui Euro 2.500 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2011

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA