Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13624 del 19/05/2021

Cassazione civile sez. II, 19/05/2021, (ud. 02/10/2020, dep. 19/05/2021), n.13624

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 5051/2016 R.G. proposto da:

S.A., e P.M.A., rappresentate e difese

dall’Avv. Maria Chiatante, con procura speciale notarile del

14.09.2020 e con domicilio in Roma, piazza Cavour n. 1, presso

cancelleria Corte di Cassazione;

– ricorrenti –

contro

P.S., rappresentato e difeso dagli Avv. Roberto Mazzara

e Vincenzo Saponaro, con mancato a margine del controricorso e con

domicilio in Roma, piazza Cavour n. 1, presso la cancelleria della

Corte di Cassazione;

– controricorrente –

contro

P.V., P.F., P.A.,

P.D. e PA.VI.;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari n. 2082 depositata

il 29 dicembre 2015.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 2 ottobre

2020 dal Consigliere Dott. Milena Falaschi.

 

Fatto

OSSERVA IN FATTO E IN DIRITTO

Ritenuto che:

– il Tribunale di Bari, con sentenza n. 83 del 03.05.2013, in parziale accoglimento delle domande proposte da S.A. e P.M.A. nei confronti di P.S., Pa.An., P.A., P.V., P.F., P.D. e Pa.Vi., dichiarava che le sottoscrizioni apposte dalle parti in giudizio in calce alle scritture private del 21.11.1991 e del 03.06.1992 erano autentiche e per l’effetto ordinava la trascrizione della sentenza, ai sensi dell’art. 2652 c.c., n. 3; dichiarava, altresì, che il confine tra gli immobili assegnati alla S. e quelli assegnati a P.S. era costituito dal tratto A – B delle planimetrie riportate alle pagine 810 della relazione del c.t.u. del 22.04.2011; rigettava ogni altra domanda, in particolare quella relativa al regolamento dei confini tra gli immobili assegnati alla S. e quelli assegnati a P.S., condannando S.A., P.M.A. e Pa.An. alla rifusione delle spese processuali in favore di P.S.;

– sul gravame interposto dalle originarie attrici, la Corte d’appello di Bari, costituiti gli appellati Pa.An., che aderiva alla prospettazione difensiva delle appellanti ex art. 2932 c.c., per il cui accoglimento proponeva appello incidentale, e P.S., che insisteva per il rigetto di entrambi gli appelli, rimaste contumaci le restanti parti, rigettava le impugnazioni confermando che in ipotesi di conclusione di contratto definitivo con scrittura privata non autenticata l’interesse della parte alla documentazione del negozio nella forma necessaria per la trascrizione non trovava tutela nel rimedio previsto dall’art. 2932 c.c., ma con la pronuncia di sentenza di mero accertamento dell’autenticità delle sottoscrizioni. Aggiungeva, quanto all’accertamento dei confini tra gli immobili assegnati alla S. e quelli assegnati a P.S., che esso si fondava sulla c.t.u. ed in particolare sulla linea tracciata sulla planimetria in forza delle scritture private de quibus. Infine, quanto alla dedotta violazione delle distanze tra le proprietà rilevava che dagli accertamenti operati dal consulente non era riscontrabile alcuna violazione nelle distanze con riguardo al fabbricato costruito allo stato rustico da P.S. sul fondo a lui assegnato rispetto alla proprietà S.. Pure non provata risultava l’actio negatoria servitutis quanto alla veduta, stante lo stato ancora a rustico dell’immobile ovvero l’apertura di un accesso verso il lastrico solare di P.M., che era stato trovato murato;

– per la cassazione del provvedimento della Corte d’appello di Bari ricorrono la S. e P.M.A., sulla base di tre motivi, illustrati anche da memoria;

– resiste con controricorso P.S., rimaste intimate le restanti parti, a cui ha fatto seguito il deposito di memoria ex art. 378 c.p.c., prossimità dell’adunanza camerale.

Atteso che:

– è preliminare l’esame dell’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dal controricorrente. Con essa viene dedotta la mancanza di specificità del ricorso, per omessa esposizione (art. 366 c.p.c., n. 3) quanto ai passi della sentenza impugnata che avrebbero violato i principi di diritto invocati, nè danno contezza delle argomentazioni dei giudici e delle difese dei convenuti, limitandosi ad un generico “riassunto”.

Osserva, al riguardo, la Corte che il ricorso introduttivo presenta un grado di specificità del tutto sufficiente per consentire sia alla controparte che al giudicante l’esatta individuazione delle questioni di fatto da cui ha avuto origine il contenzioso e delle censure in diritto formulate dalle ricorrenti avverso la decisione impugnata. Risulta dunque soddisfatta la finalità per cui sono previste le forme processuali richieste dalla legge, che è quella di fornire al giudice tutti gli elementi necessari e sufficienti per decidere sul merito del ricorso, per quanto di seguito si dirà;

– passando all’esame di merito, con il primo motivo le ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 872,873 e 875 c.c., nonchè delle norme tecniche di attuazione del P.R.G. del Comune di Monopoli, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte territoriale erroneamente applicato le disposizioni invocate dal momento che l’ampliamento al rustico del vecchio fienile realizzato da P.S. sul confine con il cortile o spiazzo di S.A. e ad oltre tre metri dai trulli della medesima, preesistenti e posti di fronte ad esso, non rispetterebbe neanche le distanze di cui all’art. 873 c.c., che stabilisce un metro e mezzo.

Il motivo è manifestamente fondato.

Secondo il consolidato indirizzo di Questa Corte, infatti, le norme degli strumenti urbanistici che prescrivono le distanze nelle costruzioni, o come spazio tra le medesime, o come distacco dal confine, o in rapporto con l’altezza delle stesse, ancorchè inserite in un contesto normativo volto a tutelare il paesaggio o a regolare l’assetto del territorio, conservano il carattere integrativo delle norme del codice civile, perchè tendono a disciplinare i rapporti di vicinato e ad assicurare in modo equo l’utilizzazione edilizia dei suoli privati, e pertanto la loro violazione consente al privato di ottenere la riduzione in pristino (v. già Cass. n. 7384 del 2001).

In particolare, le disposizioni dei regolamenti edilizi locali relative alla determinazione della distanza tra i fabbricati in rapporto all’altezza e che regolino con qualsiasi criterio o modalità la misura dello spazio che deve essere osservato tra le costruzioni sono da ritenere integrative delle norme del codice civile, mentre non lo sono le norme che, avendo come scopo principale la tutela d’interessi generali urbanistici, disciplinano solo l’altezza in sè degli edifici, senza nessun rapporto con le distanze intercorrenti tra gli stessi. Con la conseguenza che nel primo caso sussiste, in favore del danneggiato, il diritto alla riduzione in pristino, mentre nel secondo è ammessa la sola tutela risarcitoria (Cass. n. 1073 del 2009).

Nell’ambito delle norme dei regolamenti locali edilizi, pertanto, hanno carattere integrativo delle disposizioni dettate nelle materie disciplinate dagli artt. 873 c.c. e segg. quelle dirette a completare, rafforzare, armonizzare con il pubblico interesse di un ordinato assetto urbanistico la disciplina dei rapporti intersoggettivi di vicinato. Non rivestono invece tale carattere le norme che hanno come scopo principale la tutela di interessi generali urbanistici, quali la limitazione del volume, dell’altezza e della densità degli edifici, le esigenze dell’igiene, della viabilità, la conservazione dell’ambiente ed altro.

In base agli enunciati principi, nel caso di specie, il regolamento urbanistico locale del Comune di Monopoli, D.P.R. 24 agosto 1977, n. 722, artt. 17 e 18, disciplinando in modo esplicito per le zone rurali A e B la distanza minima fra fabbricati di mt. 10 e dal confine di mt. 5, per i principi sopra esposti, ha carattere integrativo delle norme del codice civile e come tale è suscettibile di tutela anche ripristinatoria.

Questo Collegio ritiene, pertanto, che le argomentazioni, poste dalla Corte di merito a sostegno della sentenza impugnata, non siano condivisibili per non avere fatto corretta applicazione dei principi così delineati avendo ritenuto che le norme invocate di cui alla variante del P.R.G. del Comune di Monopoli non abbiano natura integrativa della regolamentazione dei rapporti interprivatistici (v. pag. 8 della decisione), nonostante siano dirette a disciplinare i distacchi minimi fra fabbricati e dai confini, sebbene relative a zone rurali;

– il secondo motivo – con il quale le ricorrenti lamentano la violazione e la falsa applicazione dell’art. 905 c.c., per avere la corte territoriale escluso l’esistenza della servitù di veduta in quanto si tratterebbe di rustico, senza considerare che il divieto di aprire vedute sul fondo del vicino perchè operi è sufficiente che sia oggettivamente possibile – ed il terzo mezzo – attinente alle spese processuali – rimangono assorbiti dall’accoglimento del primo mezzo che verte su questione pregiudiziale anche rispetto all’esistenza della servitù di veduta.

La sentenza impugnata va cassata e rinviata alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, che provvederà a riesaminare la controversia alla luce dei principi sopra enunciati, oltre alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso;

cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Bari in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 2 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2021

 

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