Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13622 del 21/06/2011

Cassazione civile sez. II, 21/06/2011, (ud. 15/04/2011, dep. 21/06/2011), n.13622

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

P.G., rappresentato e difeso, per procura speciale in

calce al ricorso, dagli Avvocati Mengoli Giancarlo, Marco Dell’Amore

e Paolo Panariti, elettivamente domiciliato presso lo studio

dell’Avvocato Panariti in Roma, via Celimontana n. 38;

– ricorrente –

INTEK s.p.a. (già Riva Calzoni s.p.a.), in persona del legale

rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa, per procura

speciale in calce al controricorso, dagli Avvocati Giuseppe Schiuma e

Nicola Di Pierro, elettivamente domiciliata presso lo studio del

secondo in Roma, via Tagliamento n. 55;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna n. 686 del 2009,

depositata il 25 maggio 2009.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15 aprile 2011 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, il quale nulla ha osservato rispetto alla

relazione.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Che RIVA CALZONI s.p.a. ha chiesto la condanna di P.G. – consulente tecnico nominato dal collegio arbitrale nella controversia insorta tra la medesima attrice e altra società – a risarcirle quanto tenuta a pagare per effetto del lodo (L. 35 miliardi), oltre ai danni subiti nella reputazione commerciale;

che P.G. ha contestato la domanda e, in via riconvenzionale, ha chiesto la condanna della attrice al pagamento del residuo compenso liquidato dagli arbitri e al risarcimento dei danni ex art. 89 cod. proc. civ., per le espressioni ingiuriose contenute nell’atto di citazione;

che il Tribunale di Bologna ha rigettato tutte le domande e ha condannato l’attrice al pagamento delle spese processuali, liquidate forfetariamente, in assenza di nota spese, in Euro 5.000,00, di cui Euro 3.500,00 per onorari ed Euro 1.500,00 per spese;

che la Corte d’appello di Bologna, adita dal P., in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha condannato la Intek s.p.a.

(già Riva Calzoni s.p.a.) al risarcimento del danno morale derivato dalle espressioni contenute nell’atto introduttivo, ritenute eccedenti le necessità difensive, e ha compensato per metà le spese del grado, ponendo la restante metà a carico dell’appellata;

che la Corte ha disatteso il motivo di gravame con il quale l’appellante si doleva della esiguità della liquidazione delle spese da parte del Tribunale, ritenendo che dovesse “escludersi il riferimento ai parametri di commisurazione degli onorari e dei diritti normativamente predeterminati, apparendo i medesimi sproporzionati rispetto al modesto concreto sviluppo della causa, dovendosi qualificare meramente pleonastica la formulazione nelle conclusioni della richiesta di condanna al pagamento di una cifra astronomica a fronte di una responsabilità nemmeno astrattamente suscettibile di riconoscimento;

che, quanto alla domanda ex art. 89 cod. proc. civ., la Corte ne ha ritenuto la fondatezza e, ai sensi dell’art. 1226 cod. civ., comma 2, ha individuato il pregiudizio di natura non patrimoniale in Euro 3.000,00, “tenuto conto del ruolo accademico e professionale dell’offeso, bensì nel circoscritto ambito giudiziario civile di propagazione, scevro da implicazioni sulla stima e sul prestigio di cui il medesimo possa godere al generale cospetto”;

che la cassazione di questa sentenza è stata chiesta dal P. con ricorso affidato a due motivi, cui ha resistito, con controricorso, INTEK s.p.a.;

che, con il primo motivo, il ricorrente denuncia violazione di legge e vizi di motivazione in relazione alla liquidazione delle spese di entrambi i gradi del procedimento, dolendosi del fatto che la Corte d’appello abbia omesso ogni esame del motivo di appello concernente la liquidazione delle spese del giudizio di primo grado e che, comunque, abbia ritenuto congrua una liquidazione effettuata in violazione del criterio del valore della causa;

che, a conclusione del motivo, il ricorrente formula i seguenti quesiti di diritto: “1) L’eventuale omesso deposito della nota spese da parte del difensore esonera il Giudice dal liquidare d’ufficio spese, competenze ed onorari in base agli atti di causa, al valore della controversia e alle tariffe vigenti per legge? 2) La quantificazione delle spese processuali liquidate a carico dell’attore soccombente deve essere eseguita, nel caso di rigetto della domanda dell’attore stesso, in base al valore corrispondente alla somma richiesta dall’attore nell’atto introduttivo del procedimento? 3) Il criterio di cui al quesito n. 2 che precede deve essere adottato anche nel caso di rigetto di domanda palesemente infondata e chiaramente strumentale? 4) Nella liquidazione delle spese processuali, in casi quali quelli indicati nei precedenti quesiti, il Giudice è tenuto ad attenersi entro i minimi e massimi della tariffa stabilita per legge?”;

che, con il secondo motivo, il ricorrente deduce il vizio di motivazione in ordine ai presupposti e ai criteri di liquidazione equitativa del danno, rilevando una contraddittorietà tra l’affermazione della significativa lesione dell’onore posta in essere con le espressioni ingiuriose contenute nell’atto di citazione e l’esiguità della somma liquidata equitativamente;

che il motivo si conclude con la formulazione dei seguenti quesiti di diritto: “1) Nell’esercizio del potere discrezionale da parte del giudice, di liquidare il danno in via equitativa, il Giudice stesso deve fornire congrua motivazione del processo logico attraverso il quale perviene alla liquidazione del quantum? 2) L’obbligo di motivazione può dirsi assolto allorchè il Giudice non dia conto dei concreti criteri seguiti per determinare l’ammontare del danno? 3) Corrisponde ad un criterio legislativamente previsto, ovvero si tratta di criterio del tutto soggettivo e come tale illegittimo, l’affermazione in base alla quale l’offesa all’onore e alla reputazione di un noto Professore Universitario e libero professionista, diffusa in atti giudiziari avanti a due sezioni della Corte d’appello di Bologna e alla Corte di cassazione, assume minor valenza lesiva e conseguentemente il risarcimento del danno deve essere ridotto rispetto ad altre ipotesi neppure specificamente indicate nella motivazione della sentenza?”;

che, essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata redatta la prescritta relazione, che è stata comunicata alle parti e al Pubblico Ministero.

Considerato che il relatore designato ha formulato la seguente proposta di decisione:

“… Esclusa l’inammissibilità del ricorso per inidoneità dei quesiti, il primo motivo è manifestamente fondato. Posto che nel giudizio di appello il ricorrente aveva posto la questione della esiguità delle somme liquidate per spese processuali, prescindendo completamente dal valore della controversia, la risposta data dalla Corte d’appello per respingere il motivo di gravame è del tutto inadeguata e in contrasto con i criteri stabiliti per la determinazione del valore della controversia ai fini della liquidazione delle spese di lite. Se dunque è vero che non sussiste il dedotto vizio di omessa motivazione, appare invece sussistente il denunciato vizio di violazione di legge con riferimento alla disapplicazione del principale criterio previsto per la liquidazione delle spese processuali, che consiste nel valore della causa, mentre il fatto che la pretesa si appalesi manifestamente infondata non fa venir meno la necessità che la liquidazione avvenga in relazione al valore della causa.

L’accoglimento del motivo con riferimento al giudizio di primo grado comporta l’assorbimento della censura relativamente alla statuizione in ordine alla liquidazione delle spese del giudizio di appello.

Il secondo motivo è invece manifestamente infondato. La Corte d’appello, invero, ha espresso il criterio in base al quale ha ritenuto di dover limitare il danno nella misura liquidata – criterio consistente nella ritenuta limitata diffusione della offesa contenuta nell’atto di citazione – e nell’esercizio del proprio potere discrezionale ha determinato la somma dovuta a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale. L’apprezzamento quantitativo non appare del resto sproporzionato, e del resto ogni altro apprezzamento al riguardo si risolverebbe, come dimostrano gli stessi esempi formulati dal ricorrente, in un inammissibile esercizio di una facoltà propria del giudice di merito”;

che il Collegio condivide tale proposta di decisione;

che, invero, le deduzioni svolte dalla resistente nella memoria depositata in prossimità della discussione del ricorso in camera di consiglio non appaiono idonee ad indurre a differenti conclusioni;

che, in particolare, il Collegio ritiene fondate le censure relative alla omessa applicazione, ai fini della liquidazione delle spese del giudizio, del valore della causa;

che, in proposito, appare sufficiente richiamare il principi affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui “Ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, il valore della controversia va fissato – in armonia con il principio generale di proporzionalità e adeguatezza degli onorari di avvocato nell’opera professionale effettivamente prestata, quale desumibile dall’interpretazione sistematica dell’art. 6, comma 1 e 2, della Tariffa approvata con D.M. 5 ottobre 1994, n. 585, del Ministro di grazia e giustizia (applicabile rations temporis in relazione alle spese del giudizio di primo grado) – sulla base del criterio del disputatum (ossia di quanto richiesto nell’atto introduttivo del giudizio ovvero nell’atto di impugnazione parziale della sentenza), tenendo poi conto che, ove il giudizio di secondo grado abbia per oggetto esclusivo la valutazione della correttezza della decisione di condanna di una parte alle spese del giudizio di primo grado, il valore della controversia, ai predetti fini, è dato dall’importo delle spese liquidate dal primo giudice, costituendo tale somma il disputatimi posto all’esame del giudice di appello” (Cass., S.U., n. 19014 del 2007);

che deve poi rilevarsi che, avendo dedotto la violazione del criterio del valore della controversia, il ricorrente ha adempiuto agli oneri su di lui gravanti di indicare nel ricorso quali dovevano essere i compensi spettantigli in base allo scaglione della tariffa professionale applicabile nella specie;

che, peraltro, le decisioni richiamate nella memoria ex art. 380 bis della parte resistente non appaiono pertinenti, atteso che esse si riferiscono al diverso caso in cui la domanda della parte attrice sia stata parzialmente accolta, laddove la domanda proposta nei confronti del ricorrente è stata rigettata in primo grado, senza che, sul punto, l’attrice soccombente proponesse impugnazione;

che, quindi, il primo motivo di ricorso, per il profilo esaminato, deve essere accolto, con assorbimento delle ulteriori questioni poste con i quesiti conclusivi del motivo stesso, mentre va rigettato il secondo;

che la sentenza impugnata deve essere conseguentemente cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’appello di Bologna, la quale, nella decisione in ordine al primo motivo di appello, si atterrà al richiamato principio di diritto;

che al giudice di rinvio è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso nei sensi di cui in motivazione, rigetta il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità alla Corte d’appello di Bologna, diversa sezione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2011

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