Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13621 del 21/05/2019

Cassazione civile sez. trib., 21/05/2019, (ud. 07/03/2019, dep. 21/05/2019), n.13621

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. D’OVIDIO Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 30280-2014 proposto da:

EDISON SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIALE G. MAZZINI 9-11, presso lo

studio dell’avvocato LIVIA SALVINI, che lo rappresenta e difende

giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI PIATEDA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA TOMMASO SALVINI 55, presso lo studio

dell’avvocato DONELLA RESTA, rappresentato e difeso dall’avvocato

DARIO MARCHESI giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2253/2014 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 02/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/03/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

TOMMASO BASILE che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato DE GIROLAMO per delega

dell’Avvocato SALVINI che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato MARCHESI che ha chiesto il

rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Edison S.p.A., proprietaria sul territorio del Comune di Piateda di tre centrali di produzione idroelettrica, denominate “(OMISSIS)”, “(OMISSIS)”, “(OMISSIS)” impugnava, innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Sondrio, due avvisi di accertamento ICI, anni di imposta 2006 e 2007, emessi per “infedele dichiarazione e parziale versamento dell’imposta dovuta per gli immobili, più precisamente per gli impianti fissi, appartenenti agli impianti idroelettrici di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), posti in Comune di Piateda, immobili del gruppo catastale D, privi di rendita, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati”. La contribuente impugnava un altro avviso di accertamento, notificato dall’ente comunale, sempre con riferimento all’annualità di imposta 2007, per i tre opifici di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), appartenenti a gruppo catastale D e privi di rendita, consistenti: nella diga di (OMISSIS), con le annesse opere di presa, canali di derivazione, viabilità di accesso (decauville e piani inclinati), cabine elettriche, camere valvole, canale di pressione (OMISSIS)-(OMISSIS) e condotta forzata (OMISSIS) – (OMISSIS), diga di (OMISSIS) con le annesse opere di presa, canali di derivazione, camere valvole, viabilità di accesso, canale in pressione (OMISSIS) – (OMISSIS) e (OMISSIS) – (OMISSIS), condotta forzata (OMISSIS) -(OMISSIS) con relativo piano inclinato, condotte forzate (OMISSIS) e relativo piano inclinato, decauville (OMISSIS) -(OMISSIS) e (OMISSIS), canali derivatori (OMISSIS)- (OMISSIS), bacini al (OMISSIS), pozzi piezometrici, cabine elettriche varie, canali di scarico, terreni industriali e altre costruzioni minori. Edison S.p.a. denunciava la non autonoma accertabilità delle opere idrauliche separatamente dagli opifici a cui si riferivano, la erronea determinazione della base imponibile su cui era stata liquidata la maggiore imposta e la carenza assoluta di motivazione e di prova del valore della base imponibile posto dal Comune alla base della liquidazione, in violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3.

La contribuente eccepiva, altresì, l’illegittimità della pretesa sanzionatoria, con richiesta di disapplicazione delle sanzioni per obiettiva incertezza sulla portata del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 2,5,11.

L’adita Commissione, con sentenza n. 51/3/12, respingeva i ricorsi, previa riunione. Edison S.p.a. proponeva appello, che veniva respinto dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia con sentenza n. 2253 del 2014. La società contribuente ricorre per cassazione, svolgendo sette motivi, illustrati con memorie. Il Comune di Piateda si è costituito con controricorso ed ha presentato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, con specifico riferimento al capo della sentenza afferente l’avviso di accertamento ICI relativo all’ annualità 2007, si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a), e del R.D.L. n. 652 del 1939, art. 5, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Parte ricorrente, formulando il quesito diritto a scopo meramente illustrativo, precisa: “Dica codesta Ecc.ma Corte se il combinato disposto del decreto ICI, art. 2, comma 1, lett. a), e dell’art. 5 del R.D.L. n. 652 del 1939, si interpreta nel senso che la nozione di fabbricato legittimamente assoggettabile ad ICI e suscettibile di autonomo accertamento da parte del Comune rinvia alla nozione unitaria di unità immobiliare valevole ai fini catastali e che, pertanto, le opere idrauliche oggetto dell’accertamento del Comune, essendo prive di autonomia funzionale e reddituale rispetto alla più ampia unità immobiliare descrittiva delle intere centrali elettriche di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), non potevano essere accertate in via autonoma ai fini ICI dallo stesso comune con un separato avviso di accertamento ma soltanto unitamente alla più ampia unità immobiliare di cui fanno parte”.

1.1. Il motivo è infondato per le seguenti considerazioni.

a) Non è controverso che con l’avviso di accertamento ICI, anno di imposta 2007, sono state oggetto di accertamento le seguenti opere: diga di (OMISSIS), con le annesse opere di presa, canali di derivazione, viabilità di accesso (decauville e piani inclinati), cabine elettriche, camere valvole, canale di pressione (OMISSIS)-(OMISSIS) e condotta forzata (OMISSIS) – (OMISSIS), diga di (OMISSIS) con le annesse opere di presa, canali di derivazione, camere valvole, viabilità di accesso, canale in pressione (OMISSIS) – (OMISSIS) e (OMISSIS) – (OMISSIS), condotta forzata (OMISSIS) -(OMISSIS) con relativo piano inclinato, condotte forzate (OMISSIS) e relativo piano inclinato, decauville (OMISSIS) -(OMISSIS) e (OMISSIS), canali derivatori (OMISSIS)- (OMISSIS), bacini al (OMISSIS), pozzi piezometrici, cabine elettriche varie, canali di scarico, terreni industriali e altre costruzioni minori.

Le suddette opere, all’epoca dei fatti per cui si procede, erano prive di rendita. Parte ricorrente deduce che tali opere sono beni suscettibili di necessaria considerazione unitaria con il complesso produttivo centrale elettrico del quale fanno parte, rientrando fra gli elementi costitutivi dello stesso e realizzando, con esso, un’unica unità immobiliare, sicchè possono essere accertate congiuntamente con la centrale idroelettrica.

b) L’assunto è infondato.

Nelle opere che parte ricorrente definisce “idrauliche”, da valutare quali parti di una centrale idroelettrica, nella stima del complesso immobiliare in modo unitario, non vanno annoverate tutte quelle opere che, benchè serventi la struttura, hanno un configurazione autonoma, anche se poste nel soprassuolo o nel sottosuolo e anche se strettamente connesse con la centrale idroelettrica, quali:

edifici, aree, generatori della forza motrice, dighe, canali adduttori o di scarico, reti di trasmissione e di distribuzione merci, gallerie, ponti e simili.

Per quanto attiene alla censura specifica relativa all’assenza di redditualità degli impianti, vale osservare che con il D.L. n. 44 del 2005, art. 1 quinquies, è stato disposto che: “ai sensi e per gli effetti della L. n. 212 del 2000, art. 1, comma 2, del R.D. n. 652 del 1939, art. 4, convertito con modificazioni dalla L. n. 1249 del 1939, limitatamente alle centrali elettriche, si interpreta nel senso che i fabbricati e le costruzioni stabili sono costituiti dal suolo e dalle parti ad esso strutturalmente connesse, anche in via transitoria, cui posso accedere qualsiasi mezzo di unione, parti mobili allo scopo di realizzare un unico bene complesso. Pertanto, concorrono alla determinazione della rendita catastale, ai sensi del citato R.D.L., gli elementi costitutivi degli opifici e degli altri immobili costruiti per le speciali esigenze dell’attività industriale di cui al periodo precedente anche se fisicamente non incorporati al suolo”.

c) Tanto precisato, questa Corte ha affermato che, in virtù di quanto disposto dall’art. 1-quinquies, (norma di natura strettamente interpretativa v. Cass. n. 11319 del 2006), le centrali elettriche non possono escludere le “turbine” e tutti gli altri impianti mobili dal computo della rendita catastale ai fini ICI, laddove essi costituiscono una parte essenziale dell’impianto fisso, senza cui verrebbe meno la classificabilità dell’unità immobiliare come centrale elettrica, come le pompe, i generatori di vapore, gli alternatori, i condensatori, le caldaie ecc..

Questa Corte ha ritenuto, infatti, che le turbine, insieme ai serbatoi, alle ciminiere, alle pompe, ai ventilatori, alle caldaie ecc. sono elementi essenziali costitutivi del bene “centrale elettrica”, ovvero impianti necessari al ciclo di produzione dell’energia elettrica, in quanto è “impossibile separare l’uno dall’altro senza la sostanziale alterazione del bene complesso.. che non sarebbe più nel caso di specie una centrale elettrica” (Cass. n. 24060 del 2006; Cass. n. 4030 del 2012), “poichè anch’essi costituiscono una componente strutturale ed essenziale della centrale stessa, sicchè questa senza quelle non potrebbe più essere qualificata tale, restando diminuita nella sua funzione complessiva ed unitaria ed incompleta nella sua struttura” (Cass. n. 3354 del 2015).

Le opere indicate nell’avviso di accertamento (condotte forzate, gallerie, bacini, dighe), invece, presentano intrinseche caratteristiche funzionali autonome, pertanto, correttamente la Commissione Tributaria Regionale ha stabilito che tali impianti siano soggetti separatamente ad autonoma accertabilità. Si tratta, infatti, di opere edili o di manufatti aventi carattere della solidità, della stabilità, della consistenza volumetrica, nonchè della immobilizzazione al suolo, realizzata con qualunque mezzo di unione.

2. Con il secondo motivo, in relazione ai capi della sentenza afferenti tutti e tre gli avvisi di accertamento di cui è controversia, si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 2, e della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 336, e ss., (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Parte ricorrente, a scopo meramente illustrativo, formula il seguente quesito di diritto: “Dica codesta Ecc. ma Corte se, contrariamente da quanto assunto dai secondi giudici, il combinato disposto del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 2, e della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 336 e ss., si interpreta nel senso che, una volta pacificamente attivata dal Comune la procedura prevista dal richiamato della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 336, l’unico legittimo criterio di tassazione dei cespiti era quello catastale e non quello contabile previsto del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3, producendo la rendita attribuita dal contribuente a seguito della richiesta del Comune effetti retroattivi, ai sensi del medesimo art., comma 337, a far data dalla data contenuta nella richiesta del Comune, anche con riferimento agli immobili iscrivibili nel gruppo catastale D, non contenendo distinzioni tra immobili la norma richiamata”.

3. Con il terzo motivo, parte ricorrente, in via ulteriormente subordinata, ove dovessero essere respinti tutti i motivi di ricorso che precedono, denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), e formula il seguente quesito di diritto a scopo meramente illustrativo: “Dica codesta Ecc. ma Corte se del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3, si interpreta nel senso che il criterio di tassazione sulla base dei valori di bilancio costituisce un criterio unico ed inderogabile di tassazione degli immobili iscrivibili nel gruppo catastale D e sprovvisti di rendita catastale, non ammettendo equipollenti e non consentendo pertanto di fare riferimento a metodi diversi, e che pertanto nel caso di specie sono incorsi nella violazione di tale norma i giudici di seconde cure laddove hanno riconosciuto la legittimità della determinazione della base imponibile ICI da parte del Comune di Piateda sulla base dei dati presuntivi diversi dal valore di bilancio dei cespiti”.

4. Il secondo e il terzo motivo vanno esaminati congiuntamente per connessione logica. Le censure sono infondate per le considerazioni che seguono.

Non è circostanza contestata che gli immobili oggetto di controversia negli anni dal 2006 e 2008 erano privi di rendita catastale.

In assenza di rendita, secondo l’indirizzo espresso da questa Corte, l’unico criterio utilizzabile per la determinare la base imponibile dell’ICI con riferimento non solo agli edifici che accolgono la centrale ma anche a tutte le altre strutture serventi è quello adottato, nella specie, dall’Amministrazione comunale, che ha fatto riferimento al valore contabile stimato dei cespiti privi di rendita, alla stregua dei principi espressi dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, secondo il quale la base imponibile ICI di immobili ad uso industriale, appartenenti al gruppo D, deve essere determinata attraverso il criterio del valore contabile, ossia sull’ammontare al lordo delle quote di ammortamento che risulta dalle scritture contabili. Il contrasto emerso in seno alla giurisprudenza di legittimità è stato risolto dalle Sezioni Unite di questa Corte che hanno affermato il seguente principio di diritto: “In tema di ICI, il metodo di determinazione della base imponibile collegato alle iscrizioni contabili, previsto dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3, per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, non iscritti in catasto, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, fino all’anno nel quale i medesimi sono iscritti in catasto con attribuzione di rendita, vale sino a che la richiesta di attribuzione di rendita non viene formulata, mentre, dal momento in cui fa la richiesta, il proprietario pur applicando ormai in via precaria il metodo contabile, diventa titolare di una situazione giuridica nuova derivante dall’adesione al sistema generale della rendita catastale, sicchè può essere tenuto a pagare una somma maggiore (ove intervenga un accertamento in tal senso) o avere diritto di pagare una somma minore, potendo, quindi, chiedere il relativo rimborso nei termini di legge” (Cass. S.U. n. 3160 del 2011; Cass. S.U. n. 3666 del 2011, alla quale si è uniformata la successiva giurisprudenza, v. Cass. n. 3166 del 2015).

Non è contestato che solo nel 2009 vi è stato l’accatastamento con procedura DOCFA a seguito di invito dell’Amministrazione comunale formulato in data 24 novembre 2005. Ne consegue che fino alla richiesta di attribuzione di rendita (anno 2009), in ragione dei principi espressi, il metodo di accertamento contabile era l’unico possibile, potendo il contribuente avere diritto all’eventuale rimborso, nei termini di legge, delle somme pagate in eccesso dal momento della presentazione della richiesta di accatastamento.

4. Con il quarto motivo si denuncia omesso esame di un fatto decisivo che ha formato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62. Parte ricorrente deduce che sul medesimo capo, la sentenza dei giudici di seconde cure si rileverebbe viziata per omesso esame di un fatto decisivo e controverso per il giudizio costituto dalla ritenuta idoneità dell’intervenuta produzione da parte della società degli estratti della procedura cespiti dell’Edison S.p.A., recanti i valori contabili di tutti i beni che concorrevano a determinare la base imponibile ICI per le centrali di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), con relativa relazione accompagnatoria sottoscritta dal direttore amministrativo della società, e con l’estratto autentico notarile del libro del registro dei beni ammortizzabili di Edison s.p.a. annualità 2007, documentazione che è stata depositata in udienza. Nonostante ciò, radicalmente carente si rivelerebbe l’esame operato dei giudici di appello.

5. Con il quinto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 1, e dell’art. 115 c.p.c., comma 1, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4). Parte ricorrente, formulando il quesito di diritto a scopo meramente illustrativo precisa: “Dica codesta Ecc. ma Corte se il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 1, e l’art. 115 c.p.c., comma 1, si interpretano nel senso che – a fronte di uno specifico e circostanziato principio di prova fornito dal contribuente – l’utilizzo dei poteri istruttori da parte delle Commissioni Tributarie è doveroso laddove la situazione probatoria sia tale da impedire la pronuncia di una sentenza ragionevolmente motivata senza acquisire d’ufficio determinate prove e che pertanto hanno errato nel caso di specie i giudici di seconde cure nel non ordinare l’esibizione integrale del libro cespiti da parte dell’Edison S.p.a. cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3, ricollega la determinazione della base imponibile dell’ICI, laddove ritenuti insufficienti gli estratti prodotti dalla società, in quanto tale produzione era imprescindibile ai fini dell’applicabilità del criterio di tassazione invocato dal Comune”.

5.1. Il quarto e il quinto motivo di ricorso, da trattarsi congiuntamente per ragioni di connessione logica, non sono fondati.

5.2. Non è contestato, per essere stato precisato anche dal giudice di appello nella sentenza impugnata, che Edison S.p.A. non ha mai consentito l’accesso al proprio sistema contabile ed, in particolare, al libro dei cespiti ammortizzabili, negando ogni forma di collaborazione in sede pre-accertativa con gli organi del fisco municipale. Successivamente, nel corso del giudizio, la società, nel contestare le risultanze di tale accertamento, ha prodotto gli estratti della procedura cespiti di Edison S.p.A., recanti i valori contabili di tutti i beni che concorrevano a determinare la base imponibile ICI, con correlativa relazione accompagnatoria sottoscritta dal Direttore Amministrativo della società e dell’estratto autentico notarile del libro del registro dei beni ammortizzabili, anno 2007, lamentando, con le esposte censure, l’omessa valutazione da parte dei giudici di appello.

Nella specie, l’ufficio, tenuto conto della scarsa collaborazione della società contribuente, ha correttamente proceduto ad eseguire l’accertamento induttivo, il quale risulta legittimo anche se la società ha esibito successivamente, in giudizio, la contabilità di cui ha omesso la esibizione nella fase pre-accertativa (v. Cass. n. 13735 del 2016).

Costituisce un indirizzo consolidato di questa Corte quello secondo il quale l’omessa produzione di scritture contabili ed il rifiuto di esibizione fa operare l’accertamento induttivo. Da ciò consegue, anche, il divieto di utilizzabilità della predetta documentazione nella successiva fase contenziosa (Cass. n. 7011 del 2018). Ne consegue che nessuna censura può essere espressa nei confronti della sentenza impugnata, nè i giudici del merito, in ragione della correttezza dell’accertamento eseguito dall’Ufficio, erano tenuti ad azionare autonomi poteri istruttori.

6. Con il sesto motivo, con specifico riferimento alla dedotta illegittimità della pretesa sanzionatoria, si denuncia violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62,atteso che la sentenza impugnata risulterebbe corredata da una motivazione meramente apparente in ordine alla questione, controversa e decisiva, della necessaria disapplicazione delle sanzioni.

7. Con il settimo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, e del D.Lgs. n. 472 del 1992, art. 6, comma 2, nonchè della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Parte ricorrente, formulando il quesito di diritto a scopo meramente illustrativo, precisa: “Dica codesta S.C. se ai sensi del combinato disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, e del D.Lgs. n. 472 del 1992, art. 6, comma 2, nonchè della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, il dubbio interpretativo sulla corretta delimitazione della latitudine ascrivibile alla nozione di “fabbricato” assoggettabili ad ICI, ai sensi e per gli effetti del decreto ICI, art. 2, comma 1, lett. a), e sulla legittima inclusione in tale nozione dei macchinari per la produzione dell’energia elettrica e delle opere idrauliche costituiva circostanza sintomatica della configurabilità di una situazione di incertezza interpretativa sulla legittima assoggettabilità ad imposta delle opere idrauliche per cui è causa, unitamente al più ampio opificio già tassato cui sono funzionalmente asservite, idonea a legittimare la disapplicazione delle sanzioni”.

8. Il sesto e il settimo motivo di ricorso, da trattarsi congiuntamente in quanto inerenti alla medesima questione, sono infondati. Questa Corte ha recentemente chiarito che: “In tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, sussiste incertezza normativa oggettiva, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrative tributaria ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 10, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, quanto è ravvisabile una condizione di inevitabile incertezza su contenuto, oggetto e destinatari delle norme tributarie, riferita non già ad un generico contribuente, nè a quei contribuenti che, per loro perizia professionale, siano capaci di interpretazione normativa qualificata e neppure all’Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento a cui è attribuito il potere dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione” (Cass. n. 3108 del 2019).

Il Collegio nella fattispecie non rileva la sussistenza di una incertezza normativa nella corretta delimitazione della nozione di “fabbricato” assoggettabile ad ICI, tenuto conto anche del fatto che l’adozione della norma interpretativa di cui al D.L. n. 44 del 2005, art. 1 quinquies), è antecedente alla emanazione degli avvisi di accertamento, nella specie riferiti agli anni 2006 e 2007, oltre al fatto che la società contribuente non ha tenuto, nella fase pre-accertativa, un comportamento collaborativo con l’Amministrazione fiscale, non consentendo neppure l’accesso al proprio sistema contabile.

9. In definitiva il ricorso va rigettato. Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte soccombente al rimborso delle spese di lite che liquida in complessivi Euro 7200,00, oltre spese forfetarie ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 7 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2019

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