Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13620 del 30/05/2017


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Cassazione civile, sez. II, 30/05/2017, (ud. 13/10/2016, dep.30/05/2017),  n. 13620

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26457-2012 proposto da:

P.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in NAPOLI, VICO

MONTERODUNI 12, presso lo studio dell’avvocato MICHELE SANDULLI,

rappresentato e difeso dagli avvocati FERDINANDO PINTO, GIULIO

RENDITISO;

– ricorrente –

contro

P.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

SILVESTRO II 21, presso lo studio dell’avvocato PAOLA TORTORA,

rappresentato e difeso dall’avvocato SUSANNA MARIA GRAZIA DENARO;

C.L. (OMISSIS), C.D. (OMISSIS), C.M.

(OMISSIS), C.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA LUDOVISI 35, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO LAURO,

rappresentati e difesi dall’avvocato MASSIMO ESPOSITO;

– controricorrenti –

nonchè contro

P.G., P.R., P.N., P.D.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1701/2012 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 18/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/10/2016 dal Consigliere Dott. D’ASCOLA PASQUALE;

udito l’Avvocato GIULIO RENDITISO, difensore del ricorrente, che si

riporta agli atti depositati;

udito l’Avvocato MASSIMO ESPOSITO, difensore dei Sig.ri C., che

ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato PAOLA TORTORA, con delega dell’Avvocato SUSANNA

MARIA GRAZIA DENARO difensore del controricorrente P., che si

riporta agli atti depositati;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS PIERFELICE che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1) P.L. ha agito nel 2000 per lo scioglimento della comunione ereditaria sorta alla morte del padre An..

All’epoca il coerede P.G. aveva già ceduto la quota ereditaria di 2/72 alla sorella E..

Convenuti erano la madre dell’attore e vedova del de cuius Po.Ro., il fratello germano P.A. e i nipoti C., eredi della sorella E., deceduta.

L’asse era costituito da metà di un terreno in (OMISSIS).

Contumace Po.Ro., gli altri eredi resistevano eccependo l’improcedibilità della domanda per mancata produzione di documentazione ipocatastale e trascrizione domanda giudiziale.

A. e i C. in via riconvenzionale chiedevano sentenza ex art. 2932 c.c., per trasferimento da Ro. a loro dell’immobile, in forza di preliminare stipulato nel 1994.

Chiedevano rendimento del conto all’attore e rilascio del fondo previa attribuzione dell’intero bene a loro in quanto quotisti di maggioranza.

IL Tribunale Torre Annunziata con sentenza non definitiva del 2005 rigettava le eccezioni preliminari.

Con altra sentenza nel 2007 dichiarava il trasferimento della quota di Ro. in favore di A. e dei nipoti C. ai patti di cui al preliminare.

Rimetteva al prosieguo lo scioglimento della comunione tra L. titolare dei 2/24) del bene, A. ed eredi P.E..

L. proponeva appello per nullità della sentenza D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 30, e violazione degli artt. 30 e 46, comma 2 TU edilizia.

La Corte appello di Napoli il 18 maggio 2012 ha rigettato il gravame.

L’attore ha proposto ricorso per cassazione con 4 motivi.

P.A. e gli eredi C. hanno resistito con due separati controricorsi.

Gli altri soggetti intimati, indicati quali eredi Po.Ro. deceduta nel (OMISSIS), non hanno svolto attività difensiva.

Sono state depositate memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2) Preliminarmente va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza e per mancata specificazione indicazione e trascrizione delle norme violate, delle parti della sentenza sottoposte a critica.

I motivi di ricorso consentono di comprendere senza difficoltà quali siano le questioni poste e la nozione di autosufficienza del ricorso per cassazione proposta dai controricorrenti è formalistica e superata, come ormai divulgato anche dai protocolli varati e diffusi dalla Corte.

3) Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30.

Parte ricorrente sostiene che in occasione di vendite di terreni il certificato di destinazione urbanistica, superfluo al momento di stipula del contratto preliminare, “deve essere presente in atti del giudizio di primo grado al momento in cui venga pronunciata la sentenza, ditalchè avrebbe errato la Corte di appello nel ritenere sufficiente la produzione in sede di conclusioni di appello. Sarebbe insanabile la mancanza delle dichiarazioni previste dall’art. 30 al momento di formulazione della domanda.

Il secondo motivo pone la medesima questione sia sotto il profilo del vizio di motivazione, sia sotto il profilo del la violazione dell’art. 345 c.p.c., trattandosi di documento richiesto solo a fini pubblicistici e non a fini probatori e comunque perchè non valutato quale documento indispensabile.

P.A. in controricorso ha replicato che il certificato di destinazione urbanistica era stato depositato il 15 settembre 2010 e che all’udienza di conclusioni era stato nuovamente depositato, il 23.12.2011 solo perchè era decorso “l’anno di validità del suddetto certificato”.

Le censure, da esaminare congiuntamente, sono infondate.

Va premesso che il ricorrente può avere interesse a sollevare le questioni attinenti il contratto intercorso tra gli altri contendenti sia perchè dal consolidarsi degli effetti di esso può derivare una posizione maggioritaria dei condividenti suoi avversari, sia perchè è divenuto erede della madre Ro. contro cui fu svolta la domanda ex art. 2932 c.c..

La necessità della produzione del certificato di destinazione urbanistica, che non costituisce un presupposto della pretesa azionata, bensì una condizione dell’azione, giustifica la sua acquisizione, anche officiosa, in forza dei poteri del giudice di cui all’art. 213 c.p.c., sottraendosi al principio dispositivo proprio del processo civile (Cass. 22077/11) ed è consentita per conseguenza anche in sede di appello (cfr utilmente Cass SU 23825/09).

La decisione impugnata è quindi conforme alla giurisprudenza dominante.

4) Il terzo motivo denuncia vizi di motivazione in ordine alla “valutazione di documenti dimostrativi della sussistenza di immobili abusivi insistenti sul terreno oggetto di trasferimento”.

Parte ricorrente afferma che aveva dedotto la presenza di immobili abusivi sul terreno e quindi la non trasferibilità del bene già facendo riferimento al verbale di sequestro redatto nel febbraio 1991 dai vigili urbani di Piano di Sorrento. Di qui il vizio di insufficiente motivazione per omessa considerazione dei documenti invocati sin dall’atto di citazione.

Anche questo motivo non può essere accolto.

La Corte di appello ha rilevato che nella produzione di parte appellante non era stato rinvenuto il decreto di sequestro, nè quello di dissequestro del 1997 cui aveva fatto riferimento l’atto di appello. Ha aggiunto che in ogni caso la stessa allegazione del successivo dissequestro valeva a far presumere la legittimità del manufatto asseritamente esistente.

Il motivo di ricorso non coglie la ratio decidendi fondamentale contenuta in questi passaggi della motivazione di appello: la prova, ritenuta sussistente, della regolarità del manufatto asseritamente abusivo esistente sul terreno e che ne inficerebbe la vendita.

Dunque il motivo di ricorso non può essere accolto, perchè la sentenza regge alla critica, la quale è ferma ad una fase precedente, quella della iniziale esistenza (peraltro non riscontrata con documento presente in sede di esame di appello) di un manufatto abusivo sul terreno.

5) Resta così superato anche il quarto motivo, che verte sempre sulla esistenza di immobile abusivo sul terreno e in particolare sulla non contestazione della sua esistenza, desunta dalle difese di parte resistente.

Mette conto in ogni caso evidenziare che la Corte di appello aveva invece accertato che contestazione v’era stata.

Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo, in relazione al valore della controversia in favore di ciascuno dei gruppi di controricorrenti.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite liquidate per P.A. in Euro 4000 per compenso, 200 per esborsi, oltre accessori di legge, rimborso delle spese generali (15%); altrettanto in favore dei resistenti C..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 2^ sezione civile, il 13 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 maggio 2017

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