Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1362 del 22/01/2020

Cassazione civile sez. I, 22/01/2020, (ud. 17/09/2019, dep. 22/01/2020), n.1362

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18598/2018 proposto da:

E.J., elettivamente domiciliato in Roma Via C. Mirabello N.

23, presso lo studio dell’avvocato Crisci Simonetta che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Commissione Territoriale Per il Riconoscimento Della Protezione

Internazionale Di Roma, Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

e contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma

Via Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 6709/2018 del TRIBUNALE di ROMA, depositato il

11/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/09/2019 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA.

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Roma ha respinto il ricorso proposto da E.J. cittadino nigeriano, di religione cristiana pentecostale, avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Il richiedente asilo aveva narrato la sua vicenda relativa a una setta segreta di cui il padre faceva parte, e che alla sua morte lo voleva con qualunque mezzo, anche con minacce e persecuzioni, inserire al suo posto, da qui il motivo della fuga e il suo arrivo in Italia.

Contro il decreto del Tribunale è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.

Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente censura la decisione del Tribunale: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,6 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, oltre al vizio di motivazione, in quanto, il Tribunale non aveva correttamente approfondito il ruolo delle sette segrete in Nigeria (in particolare gli (OMISSIS)) e non aveva adeguatamente valutato la credibilità del ricorrente sulla base dei riscontro oggettivi relativi alla situazione generale in Nigeria; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 10, lett. c), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto erroneamente, il Collegio, non aveva attivato i propri poteri officiosi, sulla base della documentazione prodotta e non aveva superato la contraddittorietà delle dichiarazioni con l’approfondito esame della situazione generale del paese, come richiesto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3; (iii) sotto un terzo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, perchè erroneamente, il Tribunale, aveva ritenuto di non accordare la protezione umanitaria, ritenendo non configurata ed allegata alcuna circostanza nè in relazione alla vulnerabilità del ricorrente nè alla sua integrazione sul territorio nazionale.

Il primo motivo è, in via preliminare, inammissibile, perchè propone censure relativamente alla ricostruzione dei fatti narrati dal richiedente asilo, che sono oggetto della valutazione esclusiva del giudice del merito ed incensurabili in sede di legittimità.

Inoltre, secondo la giurisprudenza di questa Corte, “In materia di protezione internazionale, l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona. Qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori” (Cass. nn. 16925/18, 27503/18).

Nel caso di specie, il giudice del merito ha ritenuto il ricorrente non credibile, perchè la narrazione non era plausibile, inoltre, sulla base di fonti informative aggiornate ha, comunque, ritenuto il paventato rischio di un rimpatrio forzato inesistente, in quanto, il reclutamento nelle sette segrete in Nigeria avviene su base volontaria, in particolare, per la setta degli (OMISSIS) che è tutt’ora molto potente nella società nigeriana.

Il secondo motivo è infondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte “Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, va rappresentata dal ricorrente come minaccia grave e individuale alla sua vita, sia pure in rapporto alla situazione generale del paese di origine, ed il relativo accertamento costituisce apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità” (Cass. n. 32064/18, 14006/18; in particolare, secondo Cass. n. 13858/18, il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria. Il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia; in riferimento alle differenze con gli altri casi di protezione sussidiaria, v. Cass. n. 525/19).

Nel caso di specie, il Tribunale rileva come il richiedente non abbia allegato alcuna ragione di una possibile esposizione al rischio personale di un trattamento carcerario o di pene inumane o degradanti, traendo il proprio convincimento sulla base delle fonti informative citate.

Il terzo motivo è inammissibile, in quanto, in riferimento alla protezione umanitaria, la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine, per verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti fondamentali (Cass. n. 4455/18, 17072/18), è stata effettuata dal Tribunale che ha accertato, con giudizio di fatto, l’insussistenza di situazioni di vulnerabilità meritevoli di tale protezione (anche perchè il paventato rischio di essere perseguitato dalla setta degli (OMISSIS), è stato accertato come inesistente).

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente a pagare all’Amministrazione statale le spese di lite del presente giudizio, che liquida in Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2020

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