Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13619 del 02/07/2020

Cassazione civile sez. lav., 02/07/2020, (ud. 14/01/2020, dep. 02/07/2020), n.13619

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7571-2014 proposto da:

M.P., F.A., elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 1, presso lo studio dell’avvocato

ANTONIO TROIANI, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

ROMA CAPITALE, C.F. (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE 21,

presso lo studio dell’avvocato FEDERICA GRAGLIA, che la rappresenta

e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5386/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 16/09/2013 R.G.N. 8861/2009.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza in data 16 settembre 2013 la Corte d’appello di Roma respinge l’appello proposto da M.P., F.A. e da altri litisconsorti indicati in atti avverso la sentenza del locale Tribunale in data 3 novembre 2008, di rigetto della domanda formulata dagli appellanti del ricorso introduttivo del giudizio, al fine di ottenere, principalmente, la condanna del Comune di Roma (ora Roma Capitale) a predisporre la selezione prevista dall’art. 29, comma 6 del CCNL 14 settembre 2000 per il loro passaggio dalla categoria C alla categoria D, posizione economica D1;

che la Corte territoriale, per quel che qui interessa, precisa che, come affermato dal primo giudice, ai fini della ricostruzione della posizione lavorativa dei dipendenti sarebbe stata necessaria la produzione della pianta organica del Comune anteriore al 13 maggio 1987 per verificare se i posti occupati dagli interessati prevedessero lo svolgimento di funzioni di coordinamento e controllo di altri operatori non essendo sufficiente l’allegato esercizio di funzioni di coordinamento;

che, del resto, gli stessi dipendenti non chiedono l’automatico inquadramento nella categoria D – loro spettante se avessero occupato la suddetta tipologia di posti – ma la condanna del Comune ad effettuare la verifica selettiva per il passaggio alla categoria D, nel profilo nuovo istituito dal CCNL cit. di “specialista di vigilanza della polizia municipale e locale”;

che peraltro il reinquadramento previsto dal CCNL presuppone l’istituzione di un corrispondente numero di posti di categoria D nella pianta organica, sicchè non è configurabile un “diritto” al reinquadramento, ma eventualmente gli interessati avrebbero potuto proporre una domanda di risarcimento del danno per il mancato ampliamento della pianta organica che avrebbe determinato la perdita di una loro legittima aspettativa, tuttavia tale domanda non è stata avanzata;

che avverso tale sentenza M.P. e F.A. propongono ricorso affidato ad un unico motivo, al quale oppone difese, con controricorso, Roma Capitale.

Diritto

CONSIDERATO

che con l’unico motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 29 CCNL 14 settembre 2000 del Comparto delle Regioni e delle Autonomie locali, si sottolinea che i ricorrenti – appartenenti al Corpo della Polizia Municipale, con profilo di istruttori di vigilanza urbana (già immessi nella “sesta qualifica funzionale-area vigilanza” sin dal 1984 a seguito di concorso) hanno sempre esercitato, nel corso della loro carriera, le funzioni di coordinamento e controllo di altri operatori, percependo la relativa indennità e sulla base del nuovo sistema di classificazione del personale, sono stati inquadrati in categoria C, posizione economica C2;

che, si aggiunge, che, essendo tassativamente vietato ex art. 97 Cost., l’accesso automatico al livello superiore rispetto a quello posseduto, i ricorrenti hanno il diritto soggettivo pieno ad ottenere la condanna dell’Amministrazione datoriale inadempiente alla predisposizione della procedura speciale prevista dal CCNL cit. (art. 29) per l’accesso privilegiato alla posizione D1 per la quale il Comune di Roma con Delib. 14 novembre 2000, n. 1215 aveva già definito il corrispondente ampliamento della pianta organica, sicchè l’Amministrazione non aveva alcun margine di discrezionalità;

che l’esame delle censure porta al rigetto del ricorso dandosi continuità ai condivisi indirizzi espressi da questa Corte in controversie analoghe (da ultimo: Cass. 8 gennaio 2019, n. 193);

che l’art. 29 CCNL 14 settembre 2000 (Contratto collettivo nazionale di lavoro per il personale del Comparto delle regioni e delle autonomie locali successivo a quello dell’1.4.1999), con disciplina cui è stata espressamente attribuito “carattere di specialità e di eccezionalità” (comma 9), prevede, in attuazione dell’art. 24, comma 2, lett. e) del CCNL dell’1.4.1999, in sede di prima applicazione dell’art. 4 del CCNL del 31.3.1999, l’assunzione delle “iniziative necessarie per realizzare il passaggio alla categoria D, posizione economica D1, del personale dell’area di vigilanza dell’ex VI qualifica funzionale, nelle seguenti ipotesi: a) personale al quale, con atti formali da parte dell’amministrazione d’appartenenza, siano state attribuite funzioni di responsabile del servizio complessivo dell’intera area di vigilanza; b) personale addetto all’esercizio di effettivi compiti di coordinamento e controllo di operatori di pari qualifica o di quella inferiore, già collocato, a seguito di procedure concorsuali, nella ex sesta qualifica funzionale su posti istituiti che prevedessero l’esercizio di tali funzioni anteriormente all’entrata in vigore del D.P.R. n. 268 del 1987; c) personale addetto all’esercizio di effettivi compiti di coordinamento e controllo di altri operatori di pari qualifica o di quella inferiore, già collocato nella ex sesta qualifica funzionale, a seguito di procedure concorsuali, su posti istituiti successivamente al D.P.R. n. 268 del 1987, che prevedessero formalmente l’esercizio delle predette funzioni, non in applicazione del D.P.R. n. 268 del 1987, art. 21, comma 6, stesso, i cui titolari sono esclusi dall’applicazione delle disposizioni del presente articolo” (comma 1);

che il comma 3 medesimo articolo contrattuale prevede che, “In applicazione del disposto del comma 1, lett. a) e b), nell’ambito della programmazione triennale dei fabbisogni di personale, gli enti istituiscono in dotazione organica i corrispondenti posti di categoria D, provvedendo alla copertura finanziaria, anche ai sensi dell’art. 15, comma 5, del CCNL dell’1.4.1999”; è altresì previsto che “il passaggio alla categoria D del personale individuato ai sensi del comma 1, lett. a) e b) avviene, previa verifica selettiva dei requisiti richiesti, di cui ai punti a) e b) entro il termine di due mesi dalla data di sottoscrizione del presente CCNL” (comma 5);

che questa Corte ha già avuto modo di precisare che la disciplina legale del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni (desunta principalmente dall’art. 97 Cost., secondo la lettura che ne ha dato ripetutamente la Corte costituzionale, del quale sono attuazione il D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 35 e 52), non consente inquadramenti automatici del personale, neppure in base al profilo professionale posseduto o alle mansioni svolte e che, nel caso di passaggio da un’area di inquadramento ad altra superiore (nella specie, da C a D), è richiesta, di norma, una procedura concorsuale pubblica con garanzia di adeguato accesso dall’esterno;

che la disposizione contrattuale rilevante in causa non si pone in contrasto con i suddetti principi, limitandosi a disporre che le amministrazioni devono assumere le iniziative necessarie per realizzare il passaggio alla categoria D, posizione economica D1, del personale dell’area di vigilanza dell’ex sesta qualifica funzionale, nel caso in cui, per il suddetto personale, ricorrano le condizioni descritte nelle comma 1, lett. a), b) e c);

che tali iniziative, poi, sono specificate nel senso che, nella ricorrenza degli altri presupposti previsti, devono consistere in una verifica selettiva per il personale di cui alle lett. a) e b) e in procedure selettive per il personale di cui alla lett. c), previa concertazione con le organizzazioni sindacali (Cass. SSUU 6467/2015, 28328/2011; Cass. 852/2017, 19484/2015, 15710/2015, 10628/2006);

che, in particolare, sia con riferimento alla “verifica selettiva” di cui all’art. 29 CCNL, comma 5, citato, prevista per il personale di cui ai punti a) e b) del comma 1, sia con riguardo alle “selezioni” previste per il personale di cui al medesimo comma 1, lett. c) non è ipotizzabile la deduzione da parte dei dipendenti di un inadempimento contrattuale dell’Amministrazione con riguardo alla loro rispettiva attivazione;

che, infatti, come sottolineato dai richiamati precedenti di questa Corte, l’assunzione delle “iniziative necessarie” per realizzare i suddetti passaggi di categoria – e quindi anche quello in oggetto – che la normativa contrattuale sopra richiamata demanda all’Amministrazione presuppone l’istituzione nella dotazione organica dei corrispondenti posti della categoria superiore;

che, le suddette attività, benchè previste per dare attuazione ad un accordo sindacale, sono rimesse a scelte discrezionali dell’Amministrazione, sicchè rispetto al loro compimento non è configurabile alcun diritto soggettivo degli interessati;

che, in particolare, per quel che concerne la qui contestata assunzione delle iniziative dirette ad attuare la “verifica selettiva” del personale interessato va rilevato che la stessa previsione di tale verifica non avrebbe ragion d’essere laddove il possesso del requisito previsto dall’accordo sindacale comportasse il diritto soggettivo al transito nella categoria superiore;

che ne discende che – come correttamente affermato dalla Corte d’appello – i ricorrenti, diversamente da quanto sostengono, non vantano una posizione di diritto soggettivo ad ottenere la condanna del Comune ad effettuare la verifica selettiva per il loro passaggio alla categoria D, nel profilo nuovo istituito dal CCNL cit. di “specialista di vigilanza della polizia municipale e locale”;

che in ragione della funzione di nomofilachia affidata dall’ordinamento a questa Corte di cassazione, si ritiene opportuno, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c. puntualizzate che – diversamente da quanto si sostiene ad abundantiam nella parte finale della sentenza impugnata – anche contro il mancato ampliamento da parte dell’Amministrazione della pianta organica non è, in linea generale, configurabile alcun diritto al risarcimento del danno – per perdita di una legittima aspettativa – dei dipendenti interessati in quanto anche l’ampliamento della pianta organica è un atto discrezionale derivante dalla valutazione di molteplici elementi, a partire da quelli riguardanti il contenimento della spesa pubblica; pertanto, rispetto a tale atto non è configurabile, in linea generale, la ipotizzata ingiusta lesione di una legittima aspettativa;

che, in sintesi, il ricorso deve essere respinto;

che le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza;

che si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, ove il versamento ivi previsto risulti dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 5500,00 (cinquemilacinquecento/00) per compensi professionali, oltre spese forfetarie nella misura del 15% e accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 14 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2020

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