Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13618 del 21/05/2019

Cassazione civile sez. trib., 21/05/2019, (ud. 07/03/2019, dep. 21/05/2019), n.13618

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. D’OVIDIO Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13701-2014 proposto da:

C.S., elettivamente domiciliato in ROMA VIA ARNO 38,

presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA MONCADA, rappresentato e

difeso dall’avvocato SALVATORE LO GIUDICE giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

RISCOSSIONE SICILIA SPA AGENTE RISCOSSIONE PROVINCIA DI AGRIGENTO in

persona del Direttore Generale, elettivamente domiciliato in ROMA

VIA SILVIO PELLICO 10, presso lo studio dell’avvocato ENRICO

VALENTINI, rappresentato e difeso dall’avvocato SALVATORE BUGGEA con

studio in AGRIGENTO VIA REGIONE SICILIANA 3 (avviso postale ex art.

135) giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 221/2013 della COMM. TRIB. REG. di PALERMO,

depositata il 10/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/03/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE TOMMASO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

C.S. impugnava, innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Agrigento, una cartella di pagamento con cui veniva intimato il pagamento dell’imposta comunale sugli immobili con riferimento agli anni di imposta 2003, 2004. L’adita Commissione rigettava il ricorso, con sentenza n. 283/01/10. Il contribuente proponeva appello denunciando la mancata sottoscrizione dell’atto impugnato, il difetto di motivazione, l’inesistenza e/o la nullità della cartella per assenza della relazione di notifica e la nullità e/o insistenza della cartella per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, e dell’art. 140 c.p.c., eccependo il decorso del termine decadenziale del D.P.R. n. 602 del 1973, ex artt. 17 e 25. La Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, con sentenza n. 221/01/13, rigettata il gravame. Il contribuente ricorre per cassazione, svolgendo sette motivi. Riscossione Sicilia S.p.a., già Serit Sicilia S.p.A., si è costituita con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si censura la sentenza impugnata, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 112,115,148,156,160 c.p.c., art. 2697 c.c. e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, nonchè insufficiente, omessa e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Parte ricorrente deduce di avere denunciato con il ricorso introduttivo l’inesistenza giuridica della cartella per assenza degli elementi essenziali ex art. 148 c.p.c.. Riferisce, altresì, che con memoria illustrativa del 5.3.2010 aveva rilevato che dall’originale della cartella di pagamento, versata in atti, si evinceva che la stessa non conteneva alcuna scritturazione della sezione riportata nel frontespizio sotto la dicitura “notifica”, pertanto la relata di notifica non conteneva gli elementi essenziali per la sua legittimità. Ne consegue che il giudice di appello avrebbe dovuto dichiarare l’inesistenza della cartella, atteso che non riportava neppure l’indicazione della data di notifica, ciò anche al fine della decorrenza del termine per proporre impugnazione.

1.1. Il motivo è inammissibile, oltre che infondato.

Il motivo è inammissibile per carenza di autosufficienza, tenuto conto che: “In tema di ricorso per cassazione, ove sia denunciato il vizio di una relata di notifica, il principio di autosufficienza del ricorso esige la trascrizione integrale di quest’ultima che, se omessa, determina l’inammissibilità del motivo” (Cass. n. 5185 del 2017). Onere processuale a cui parte ricorrente non ha ottemperato.

Il motivo, in disparte l’inammissibilità sopra evidenziata, è, altresì, infondato atteso che è lo stesso contribuente che dichiara in ricorso di avere ricevuto la notifica della cartella di pagamento in data 12.9.2009, sicchè si deve dare rilievo all’indirizzo ampiamente condiviso da questa Corte, secondo cui in ipotesi di tempestivo ricorso avverso l’atto impositivo, in assenza di contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria, ogni eventuale vizio del procedimento notificatorio si deve intendere sanato per raggiungimento dello scopo (Cass. n. 41198 del 2017; Cass. n. 17251 del 2013).

Il giudice del merito, infatti, sulla base di tale indirizzo, ha respinto tutte le eccezioni di nullità relative al procedimento notificatorio, ritenendole sanate a seguito di tempestiva impugnazione della cartella di pagamento.

2. Con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del L. n. 112 del 1999, art. 39, dell’art. 112 c.p.c. e per omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, atteso che i giudici della Commissione Tributaria Regionale avrebbero omesso di motivare sulla intervenuta decadenza del potere di riscossione, eccepita nell’atto di appello, contestando quanto il giudice di prime cure aveva affermato, infondatamente, circa l’esistenza di un accertamento emesso dal Comune di (OMISSIS) e notificato il 23.5.2008.

2.1. Il motivo è infondato.

Il contribuente eccepisce la decadenza del potere di riscossione, assumendo di avere contestato in appello quanto affermato dal giudice di prime cure circa l’esistenza di un accertamento emesso dal Comune di (OMISSIS), notificato in data 23.5.2008, divenuto definitivo.

In ossequio all’obbligo di autosufficienza è stato riportato in ricorso il contenuto dell’atto di appello ove testualmente si deduce: “L’Affermazione del giudice di prima istanza è infondata e parziale. Gli anni per i quali il Comune di (OMISSIS) richiede l’imposta ICI sono il 2003 e il 2004. Con il ricorso introduttivo è stata contestata l’intempestività della iscrizione a ruolo e l’illegittima notificazione della cartella esattoriale per violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25”. La Commissione Tributaria Regionale, con riferimento a tale motivo di doglianza, ha rigettato l’eccezione di decadenza, assumendo che “risultando immune da vizi formali la cartella e non essendosi posti nel dubbio da parte del C. i prodromi di fatto e di diritto sui quali la cartella è stata eretta, ogni altra considerazione non può trovare accoglimento con conseguente rigetto del ricorso in appello”, pertanto, nella specie, non può ritenersi ravvisabile il vizio di omessa pronuncia, avendo il giudice di appello chiaramente indicato le ragioni del proprio convincimento, in relazione alle specifiche deduzioni difensive rese da parte contribuente.

Va precisato, inoltre, che, con accertamento in fatto, il giudice di prime cure aveva testualmente dedotto: “Orbene, nel caso di specie, risulta dalla cartella – e il ricorrente non l’ha contestato che l’iscrizione a ruolo è stata preceduta dalla notificazione dell’avviso di accertamento (OMISSIS), avvenuta in data 23.5.2008. Essendo stata la cartella notificata il 12.9.2009 è di tutta evidenza che la decadenza eccepita dal ricorrente non si è verificata”.

Ciò premesso, ai sensi della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 163 “nel caso di riscossione coattiva di tributi locali il relativo titolo esecutivo deve essere notificato al contribuente, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo”. Nella specie, trattasi di cartella di pagamento per ICI, riferita agli anni di imposta 2003 e 2004, notificata in data 12.9.2009.

Ne consegue che, non essendo stata proposta alcuna specifica censura con il ricorso introduttivo circa la notifica dell’avviso di accertamento presupposto, che sulla base della lettura della cartella impugnata (v. motivazione sentenza della CTP), risulta avvenuta in data 23.5.2008, (il giudice di prime cure riporta in motivazione anche il numero del predetto avviso), nessuna decadenza ai sensi della norma citata si è verificata.

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112,115 c.p.c e art. 2967 c.c. per omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Si illustra che, con memoria del 5.3.2010, nel giudizio di primo grado si era denunciata l’omessa costituzione dell’agente della riscossione. Si lamenta che secondo i giudici di appello, gli artt. 112 e 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., debbano essere interpretati nel senso che l’omessa costituzione nel giudizio produce il difetto dell’onus probandi incombente sull’agente della riscossione che, in siffatto modo, non ha provato l’esistenza delle condizioni di validità dell’atto esattivo impugnato, ivi inclusa la validità della notificazione sollevata nel ricorso introduttivo, mentre i giudici di appello avrebbero dovuto ritenere definitivamente non provata l’esserita rituale notificazione dell’atto impugnato.

3.1. Il motivo è inammissibile ed infondato.

Il motivo inammissibile perchè cumula in un’unica censura i vizi di cui agli artt. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, non evidenziando specificatamente la trattazione delle contestazioni relative all’interpretazione e all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed ai profili attinenti alla ricostruzione del fatto.

E’, altresì, infondato, per le considerazioni sopra ampiamente espresse con riferimento al primo motivo di ricorso, a cui si fa rinvio.

4. Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, degli artt. 112 e 115, c.p.c., dell’art. 2697 c.c., ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, atteso che il giudice di appello avrebbe omesso di motivare sul motivo relativo alla violazione del termine perentorio decadenziale D.P.R. n. 602 del 1973, ex artt. 17 e 25,rilevando l’intempestività della iscrizione a ruolo e l’illegittimità della notificazione della cartella esattoriale per violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25.

4.1. Dal rigetto del primo motivo di ricorso consegue il rigetto del quarto, il quale si rileva preliminarmente inammissibile per le motivazioni esposte al punto 3.1, a cui si fa espresso rinvio.

5. Con il quinto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, della L. n. 241 del 1990, art. 3, della L. n. 212 del 2000, art. 7, dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Parte ricorrente deduce che con il ricorso introduttivo aveva contestato il difetto di motivazione della cartella impugnata in ordine agli interessi pretesi. Il motivo è stato riproposto in appello, laddove la Commissione Tributaria Regionale avrebbe deciso, erroneamente, che l’impugnata cartella risulterebbe immune da vizi formali.

5.1. Il motivo è inammissibile per carenza di autosufficienza.

A tale riguardo, va tenuto conto dell’indirizzo espresso da questa Corte, secondo cui quando nel giudizio tributario qualora il ricorrente censuri la sentenza di una Commissione Tributaria Regionale sotto il profilo del vizio di motivazione nel giudizio di congruità della motivazione dell’atto impositivo è necessario che il ricorso riporti “testualmente” il contenuto dello stesso, che si assume mal interpretato, al fine di consentire alla Corte la verifica delle censure esclusivamente con l’esame del ricorso (Cass. n. 16147 del 2017; Cass. n. 9536 del 2013) senza fare ricorso a fonti esterne. Onere processuale a cui parte ricorrente non ha ottemperato.

6. Con il sesto motivo si censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 148 c.p.c e dell’art. 112 c.p.c., ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Parte ricorrente deduce che, con il ricorso introduttivo ed in appello, aveva sollevato la nullità della cartella di pagamento impugnata per essere stata apposta la relata di notifica sul frontespizio, anzichè in calce come stabilito dall’art. 148 c.p.c. Il giudice di appello avrebbe erroneamente ritenuto sanato il gravame per l’avvenuta produzione dell’impugnata cartella per mano della stessa parte.

6.1. Dal rigetto del primo motivo di ricorso, consegue il rigetto del sesto per le stesse motivazioni, alle quali si fa espresso rinvio.

7. Con il settimo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 5, artt. 2697 e 2719 c.c., nonchè insufficiente, omessa e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Il contribuente lamenta che con memoria illustrativa aveva contestato la difformità delle copie agli originali e formulato la contemporanea richiesta di esibizione in originale della documentazione prevista dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 5, ossia la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione, laddove il giudice di appello avrebbe dichiarato eseguita correttamente la notificazione sul fondamento della produzione documentale di Serit Sicilia S.p.A., che risulta invece non essere stata provata. Secondo il ricorrente le disposizioni di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 5, all’art. 2697 c.c. e all’art. 2719 c.c., devono essere interpretate nel senso che in presenza di specifica e rituale contestazione della conformità agli originali della produzione documentale di Serit, ovvero l’estratto di ruolo e la copia della relata di notifica, l’Agente della riscossione è tenuto a produrre la documentazione prevista dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26comma 5.

7. Il motivo è inammissibile, oltre che infondato.

7.1. Il motivo è inammissibile perchè cumula in un’unica censura i vizi di cui all’artt. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, non evidenziando specificatamente la trattazione delle contestazioni relative all’interpretazione e all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed ai profili attinenti alla ricostruzione del fatto.

7.2. Il motivo è infondato.

Va premesso che l’estratto di ruolo, esibito in copia nel giudizio dall’Agente della riscossione, è la fedele riproduzione della parte del ruolo relativa alla o alle pretese creditore azionate verso il debitore con la cartella esattoriale, contenente tutti gli elementi essenziali per identificare la persona del debitore, la causa e l’ammontare della pretesa creditoria (Cass. n. 11141 del 2015 e n. 11142 del 2015). Precisamente il ruolo è il titolo esecutivo in forza del quale l’agente della riscossione esercita il diritto di procedere in via esecutiva (arg. D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ex art. 49) ed il ruolo, in quanto posto a base della riscossione coattiva, fornisce il riscontro dei dati indicati nella cartella esattoriale; questa, infatti, in conformità al relativo modello ministeriale, contiene l’indicazione del credito così come risultante dal ruolo, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, comma 2 (Cass. n. 24235 del 2015). Ne consegue che l’estratto di ruolo “costituisce idonea prova della entità e della natura del credito portato in cartella esattoriale ivi indicata, anche al fine della verifica della natura tributaria o meno del credito azionato” (Cass. n. 11141 e n. 11142 del 2015).

La cartella esattoriale non è altro che la stampa del ruolo in unico originale, notificata alla parte. (Cass. n. 12888 del 2015, Cass. n. 24235 del 2015).

Per indirizzo costante di questa Corte: “In tema di notifica della cartella esattoriale, D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 26,comma 1, seconda parte, la prova del perfezionamento del procedimento di notificazione e della relativa data è assolta mediante la produzione dell’avviso di ricevimento, non essendo necessario che l’Agente della riscossione produca copia della cartella di pagamento, la quale, una volta pervenuta all’indirizzo del destinatario, deve ritenersi ritualmente consegnata a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., superabile solo se il medesimo provi di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di prenderne cognizione (Cass. n. 9246 del 2015; Cass. n. 24235 del 2015). Ciò premesso, risulta dallo sviluppo assertivo delle censure che la contestazione della difformità dei documenti sopra indicati è stata proposta in modo generico, così contravvenendo al principio espresso da questa Corte secondo cui: ” La contestazione della conformità all’originale di un documento prodotto in copia, non può avvenire con clausole di stile, generiche o omnicomprensive, ma va operata, a pena di inefficacia, in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestato sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale ” Cass. n. 27633 del 2018 e Cass. n. 29993 del 2017). Ne consegue che nessuna censura può essere espressa nei confronti della sentenza impugnata, tenuto conto della genericità della contestazione delle copie agli originali, e non essendo stato evidenziato in alcun modo l’aspetto che si ritiene differire dall’originali, dovendosi tenere conto che il giudice di appello precisa in sentenza: “dal carteggio processuale è stata acquisita dalla stessa parte appellante la cartella a mezzo della quale gli si impone il versamento ICI per le due annualità di riferimento”.

8. In definitiva il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte soccombente al rimborso delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 1.400,00 per compensi, oltre spese forfetarie ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 7 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2019

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