Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13616 del 30/05/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 30/05/2017, (ud. 09/03/2017, dep.30/05/2017),  n. 13616

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14959-2015 proposto da:

M.E., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA VITTORIO MONTIGLIO 67, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO

FEMIA, rappresentato e difeso dall’avvocato RAFFAELE RIGITANO,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR 19, presso

lo studio TOFFOLETTO – RAFFAELE DE LUCA TAMAJO, rappresentata e

difesa dall’avvocato DE LUCA TAMAJO RAFFAELE, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8421/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 18/12/2014 r.g.n. 7051/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/03/2017 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per improcedibilità del ricorso;

udito l’Avvocato RAFFAELE RIGITANO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di Appello di Napoli, con sentenza del 18 dicembre 2014, in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto l’impugnativa del licenziamento disciplinare proposta da M.E. nei confronti di Poste Italiane Spa.

La Corte territoriale ha ritenuto sussistente e connotato dal carattere di grave negazione del rapporto fiduciario l’addebito contestato all’operatore di sportello, consistente nella violazione delle disposizioni aziendali che limitavano le operazioni in contanti ad una certa somma, salva l’autorizzazione del Direttore, mediante un comportamento fraudolento teso a far transitare consistenti importi sul proprio conto corrente, al fine di facilitare persone sconosciute.

2. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso M.E. con sei motivi. Ha resistito la società con controricorso, illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c..

3. Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denuncia insufficienza di motivazione e violazione e falsa applicazione dell’art. 57, comma 4, CCNL Poste, per inosservanza del termine di 30 giorni entro cui avrebbe dovuto essere notificato al lavoratore il licenziamento.

Il motivo è inammissibile perchè non riporta nel corpo di esso il contenuto della clausola contrattuale invocata (ex multis: Cass. n. 25728 del 2013; Cass. n. 13587 del 2010) nè specifica se il contratto collettivo nazionale sia stato prodotto integralmente (cfr. Cass. SS.UU. n. 20075 del 2010) e l’avvenuta sua produzione e la sede in cui quel documento sia rinvenibile (Cass. SS.UU. n. 25038 del 2013; Cass., SS. UU. n. 7161 del 2010; conformi: Cass. nn. 17602 del 2011 e n. 124 del 2013).

2. Con il secondo motivo si denuncia insufficienza di motivazione per la mancanza di tempestività della contestazione dell’illecito disciplinare.

Il motivo è inammissibile in quanto non individua la parte della sentenza impugnata che affronta la questione ed il ricorrente non specifica come e quando essa sia stata introdotta nel giudizio di primo grado ed eventualmente coltivata in appello.

Secondo giurisprudenza consolidata di questa Suprema Corte qualora una determinata questione giuridica non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. SS. UU. n. 2399 del 2014; Cass. n. 2730 del 2012; Cass. n. 20518 del 2008; Cass. n. 25546 del 2006; Cass. n. 3664 del 2006; Cass. n. 6542 del 2004).

3. Con il terzo motivo si denuncia falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 7 e dell’art. 55, comma 4, CCNL Poste, anche in relazione agli artt. 1175 e 1375 c.c. e artt. 4 e 41 Cost., reputando “insoddisfacente la motivazione fornita dalla Corte di Appello in merito alla questione della proporzionalità della sanzione inflitta, non essendo stato valutato l’elemento psicologico dell’addebito disciplinare”.

Con il quarto motivo si denuncia “omessa ed insufficiente motivazione” circa la “mancata indicazione del fatto specifico contestato al ricorrente” Si eccepisce altresì che il lavoratore non sarebbe stato ascoltato nonostante avesse “sollecitato un incontro a chiarimento”.

Con il quinto motivo si denuncia ancora “omessa ed insufficiente motivazione” e violazione dell’art. 115 c.p.c., per non avere la Corte territoriale “ritenuto di ascoltare i testi nonostante parte appellata ne avesse fatto esplicito riferimento”.

Con il sesto motivo si denuncia ancora “omessa ed insufficiente motivazione” circa l’obbligo di affissione del codice disciplinare.

I motivi, congiuntamente esaminabili in quanto affetti dal medesimo vizio, sono inammissibili perchè censurano, per di più richiamando una formulazione legislativa previgente, difetti di motivazione non più sindacabili nel vigore del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e perchè, anche laddove formalmente denunciano violazioni di legge o di contratto collettivo, investono nella sostanza questioni di fatto, senza rispettare gli enunciati prescritti da Cass. SS.UU. n. 8053 e 8054 del 2014 (principi costantemente ribaditi dalle stesse Sezioni unite v. n. 19881 del 2014, n. 25008 del 2014, n. 417 del 2015, oltre che dalle Sezioni semplici).

Sulla novellata norma processuale il Supremo Collegio ha espresso i seguenti principi di diritto: a) la disposizione deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di “sufficienza”, nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”; b) il nuovo testo introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia); c) l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze istruttorie; d) La parte ricorrente dovrà indicare – nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui ne risulti l’esistenza, il “come” e il “quando” (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, e la “decisività” del fatto stesso. Poichè alcuno dei motivi in esame, nonostante il ricorso sia stato proposto ben oltre l’enunciazione di detti principi, risulta formulato nella loro compiuta osservanza, traducendosi nella sostanza in un diverso convincimento rispetto a quello espresso dai giudici del merito nella valutazione e nell’apprezzamento del materiale probatorio, gli stessi non meritano accoglimento.

3. Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo.

Occorre dare atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 maggio 2017

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