Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13615 del 30/05/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 30/05/2017, (ud. 09/03/2017, dep.30/05/2017),  n. 13615

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23099-2014 proposto da:

C.L., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA VALNERINA 40, presso lo studio dell’avvocato GINO SCARTOZZI, che

la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

CONFORAMA ITALIA S.P.A., P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

DEGLI AMMIRAGLI 46, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA CAPUTO,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GABRIELE FAVA,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7708/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 26/09/2013 r.g.n. 8595/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/03/2017 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per improcedibilità del ricorso;

udito l’Avvocato GINA SCARTOZZI;

udito l’Avvocato GIANLUCA CAPUTO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di Appello di Roma, con sentenza del 26 settembre 2013, ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva respinto il ricorso proposto da C.L. nei confronti di Conforama Italia Spa volto a far dichiarare il diritto all’inquadramento nel 3^ livello del CCNL settore commercio per espletamento delle mansioni superiori di capo reparto abbigliamento uomo.

La Corte territoriale, esaminate le declaratorie contrattuali, condividendo l’assunto del Tribunale, ha ritenuto che dall’istruttoria non fosse emerso l’espletamento delle mansioni superiori rivendicate in quanto l’attività svolta dalla C. poteva agevolmente inquadrarsi nei compiti operativi anche di vendita e nelle relative operazioni complementari riconducibili all’inferiore livello 4^ attribuito alla dipendente.

2. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso C.L. con due motivi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c.. Ha resistito la società con controricorso.

3. Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con entrambi i motivi si denuncia “nullità della sentenza per violazione degli artt. 115, 116, 132 c.p.c. e art. 156 c.p.c., comma 2”, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Con il primo motivo si reputa “carente” la pronuncia d’appello avuto riguardo a talune deposizioni testimoniali ed alla documentazione acquisita al processo.

Con il secondo motivo si critica la motivazione della sentenza impugnata perchè “non risulta congrua a sostenere la scelta effettuata di ritenere che le mansioni svolte dalla ricorrente nel periodo 1993 – 1994 rientrassero tra quelle proprie del 4^ livello in luogo di quelle del richiesto 3^ livello di cui al suddetto CCNL”.

Si tratta di censure palesemente inammissibili perchè, sotto l’involucro solo formale della denuncia di un error in procedendo, in realtà pretendono la cassazione della sentenza per nullità attraverso una critica della valutazione del materiale probatorio effettuata dai giudici del merito, al cui sovrano apprezzamento appartiene la ricostruzione della vicenda storica, tanto più nel vigore del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che rende estraneo al giudizio di legittimità ogni scrutinio del materiale probatorio (cfr. Cass. SS.UU. nn. 8053 ed 8054).

2. Pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo.

Occorre dare atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 maggio 2017

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