Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13615 del 30/05/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 13615 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: PETITTI STEFANO

SENTENZA

domanda ex art.
2032 cod. civ.

sul ricorso proposto da:
OBERTO Pietro

(BRT PTR 43B21 G826D), RASTEL BOGIN Rosalisa

(RST RLS 48M60 G826H), DI BENEDETTO Salvatore
H221G), CAPPELLETTI Maria

(DBN SVT 56B21

Luisa (CPP MLS 46T48 E507N),

DEMARTINI Giuseppe Filippo (DMR GPP 48R30 E159G), VARESE Enrique Carlos (VRS NQC 49C23 Z600D), VARESE Raffaella (VRS RFL
55M46 B084Y), MONTANARI Luciano (MNT LCN 28PO4 H223Q), AZZALIN
Graziella (ZZL GZL 47E48 L727F), SACCONAGO Costanza (SCC CTN
51A67 B300R), GUALINI Claudio (GLN CLD 54M23 A794E), NESPOLO
Renato (NSP RNT 47D30 G197A), FERRERO Felice (FRR FLC 44P03
C701N), MOSCA Giorgio (MSC GRG 45H17 A859Z), CARAI Carmine (CRA
CI N 49L30 G0310),

PALUMBO Cosimo (PLM CSM 40B11 D644V),

REVERBERI Marco (RVR MRC 57R23 F914C), ARCARI BOCELLI Renata

P

8003

Data pubblicazione: 30/05/2013

(RCR RNT 61T62 D673R), GARDUCCI Luisa (GRD LSU 38T64 F205D),
CATTANEO Giovanni (CTT GNN 30M13 F205D), SPADINI Francesco (SPD
FNC 41L17 G164K), ANSALDI Gabriella (NSL GRL 43T42 E290R),
PREMOLI Flavio (PRM FLV 49D01 L682C), GUALCO Rossana (GLC RSN
57P44 L682C), SALVETTI Aldo (SLV LDA 41D25 H153H), MINGUCCI E-

presentante della IRISTAL (94023940011), CURTI Rosalba (CRT RLB
62L48 L219K), RIGOLLET Daniela (RGL DNL 54M67 A326E), DEL VAGO
Massimo (DLV MSM 67S30 L219K), NEGROTTO Maria Beatrice (NGR MBT
53M58 H501N), GARGIULO Tigellio (GRG TLL 36E09 H5010), rappresentati e difesi, per procura speciale in calce al ricorso,
dall’Avvocato Alcide Maria Nicoli, domiciliati in Roma, Piazza
Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte suprema di
cassazione;
– ricorrenti contro
PORTO LACONIA s.p.a, in liquidazione, in persona del legale
rappresentante pro-tempore;
COMMISSARIO GIUDIZIALE DEL CONCORDATO PREVENTIVO PORTO LACONIA
s.p.a., in liquidazione;
LIQUIDATORE GIUDIZIALE DEL CONCORDATO PREVENTIVO PORTO LACONIA
s.p.a., in liquidazione;
– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n.
1514/06, depositata il 9 ottobre 2006.
– 2 –

lio (MNG LEI 62H19 H150N), BRANDINO Franca, quale legale rap-

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udien-

za del 21 marzo 2013 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;
sentito l’Avvocato Alcide Maria Nicoli;
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Gene-

l’inammissibilità o il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 22 febbraio 1999, Zanotto Patrizia, Rovaris Stefano, Glionna Mario, Rolfo Laura Vittorina, Oberto Pietro, Rastel Bogin Rosalisa, Di Benedetto Salvatore, Cappelletti
Maria Luisa, Godizzi Domenico, Sasso Mariangela, De martini
Giuseppe, Varese Enrique Carlos, Varese Raffaella, Montanari
Luciano, Pintadu Pietro, Azzalin Graziella, Fischer Giovanna,
Casaro Gabriella, Corrias Roberto, Cui Anna Maria, Sacconago
Costanza, Gualini Claudio, Nespolo Renato, Ferrero Felice, Mosca Giorgio, Carai Carmnine, Palumbo Cosimo, Reverberi Marco,
Arcari Bocelli renata, Ravazzoni Luigi, lotti enrica, Garducci
Luisa, Cattaneo Giovanni, Spadini Francesco, Ansaldi Gabriella,
Molon Paolo, Dal Maso cristina, Premoli Flavio, Gualco rossana,
Salvetti Aldo, Mingucci Elio Pier Giorgio, la società IRISTAL,
Brandino Franca, Curti Rosalba, Rigollet Daniela, Pellegrini
Stefano, Del vago Massimo Attilio Antonio, Negrotto Maria Beatrice convenivano in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Verona,
la Porto Laconia s.p.a. in liquidazione chiedendo che venisse
emessa una sentenza che accertasse l’avvenuta vendita da parte
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rale Dott. Pierfelice Pratis, che ha concluso per

della convenuta e il conseguente trasferimento di proprietà in
capo ad essi attori, delle

suites dai medesimi acquistate in

multiproprietà nel complesso alberghiero denominato “Sporting
Hotel Tanca Manna”, sito nel Comune di Arzachena, località Villaggio Tanca Manna, e, in subordine, per sentire pronunciare

delle dette

suites e delle parti comuni del complesso alber-

ghiero.
La convenuta rimaneva contumace.
Alla causa veniva riunita altra causa promossa da Gargiulo
Tigellio, avente identico oggetto.
L’adito Tribunale di Verona, con sentenza del 18 dicembre
2002, rigettava le domande, osservando che alcuni degli attori
non avevano prodotto alcun atto scritto ricollegabile alle fattispecie invocate e che, in ogni caso, le “promesse d’acquisto
di multiproprietà alberghiera” prodotte dagli altri attori, oltre a non avere l’invocata natura di opzione, erano state sottoscritte dall’agente della società, e non dal legale rappresentante, solo per quietanza dell’avvenuta corresponsione
dell’acconto e quindi non potevano valere né come contratto
d’opzione, né come contratto preliminare. Né si poteva ritenere
che la volontà fosse stata espressa per

facta concludentia o

con l’invio di lettere di conferma della promessa, atteso che
il perfezionamento del contratto, fosse esso definitivo o preliminare, doveva sempre rivestire la forma scritta, mentre le

sentenza costitutiva ex art. 2932 cod. civ. di trasferimento

missive prodotte da alcuni attori potevano al più avere valore
di conferma della prenotazione.
Avverso tale sentenza proponevano appello gli attori.
La convenuta rimaneva contumace.
La Corte d’appello di Venezia, con sentenza depositata il

La Corte riteneva che la promessa di acquisto sottoscritta
dagli appellanti, con la quale essi avevano promesso di acquistare dalla società Porto Laconia s.p.a. la quota di proprietà
indivisa del complesso residenziale alberghiero con la formula
della multiproprietà alberghiera relativamente ad un indicato
appartamento e con riferimento a uno specifico periodo, avevano
indicato il prezzo e le modalità di pagamento e avevano dichiarato espressamente che detta proposta era per loro irrevocabile
e si sarebbe trasformata in contratto al momento
dell’accettazione da parte della Porto Laconia s.p.a., non integrasse né un contratto di opzione né un contratto preliminare, nemmeno nella forma di un preliminare unilaterale, atteso
che non era riportata in quei documenti alcuna espressione di
volontà della società. L’accettazione di quest’ultima, comunque, non avrebbe comportato il trasferimento della proprietà,
ma solo il trasferimento del possesso, essendo precisato nella
promessa di acquisto che il trasferimento della proprietà si
sarebbe verificato solo con il contratto notarile di compravendita e con il saldo del prezzo.

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12 ottobre 2006, rigettava l’appello.

Individuata la natura della promessa sottoscritta dagli appellanti, la Corte rilevava quindi che non vi era in atti la
prova che le promesse fossero state accettate per iscritto dalla Porto Laconia s.p.a., come richiesto dagli artt. 1350 e 1351
cod. civ. In particolare, la Corte d’appello riteneva inidonei

dell’atto notarile di compravendita, sia le lettere di conferma
della prenotazione con allegato il modulo in bianco da compilare in previsione della stipula del rogito notarile, sia le fatture relative alle somme pagate in acconto a saldo per la quota
di multiproprietà, sia le fatture relative al pagamento dei
servizi alberghieri o i relativi solleciti, sia infine gli estratto conto delle spese di gestione. Non poteva poi riconnettersi efficacia rilevante in proposito né ai comportamenti, segnatamente alla immissione in possesso, posti in essere dalle
parti, e dalla Porto Laconia s.p.a. in particolare, né alle ammissioni contenute nel ricorso per l’ammissione della società
alla procedura di concordato preventivo, stante la genericità
delle circostanze riferite nel detto atto e comunque la non
certa riferibilità alla vicenda specifica degli appellanti, con
conseguente impossibilità di configurare anche una efficacia
riflessa del relativo giudicato.
Per la cassazione di questa sentenza i ricorrenti in epigrafe indicati hanno proposto ricorso sulla base di tre motivi; non hanno svolto attività difensiva gli intimati.

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ad integrare la detta prova sia la bozza non sottoscritta

I ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art.
378 cod. proc. civ.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti deducono
violazione o falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. cod.

mancanza di prova circa la conclusione dei contratti di compravendita in materia di multiproprietà immobiliare, e insufficiente e contraddittoria motivazione circa l’oggetto dei contratti.
I ricorrenti rilevano che, contrariamente a quanto sostenuto nella sentenza impugnata, i moduli contenenti le promesse di
acquisto erano riferibili allo schema dell’opzione di cui
all’art. 1331 cod. civ., mentre dal complesso della documentazione prodotta era desumibile l’intervenuta accettazione delle
promesse, non foss’altro che per il rilievo che era stata la
stessa Porto Laconia a collocare i propri beni sul mercato, a
predisporre i moduli contrattuali, a sollecitarne la sottoscrizione, a dare atto della ricezione delle promesse irrevocabili
di acquisto e dei relativi versamenti. La Corte d’appello avrebbe quindi violato le citate disposizioni perché ha proceduto ad una considerazione non complessiva della vicenda al fine
di individuare la effettiva volontà manifestata dalle parti. La
Corte d’appello avrebbe inoltre ignorato il criterio per cui
qualora residuino dubbi sulla interpretazione degli atti rilevanti, le clausole, contenute nel modulo predisposto da un con- 7 –

civ., nonché dell’art. 115 cod. proc. civ., per la dichiarata

traente, avrebbero dovuto essere interpretate a favore
dell’altro.
1.1. A conclusione del motivo i ricorrenti formulano i seguenti quesiti di diritto: «nell’interpretare il contratto deve
il giudice indagare quale sia stata la comune intenzione delle

tresì dal loro comportamento complessivo anche posteriore alla
conclusione del contratto e di fronte a qualche clausola dubbia
o contraddittoria predisposta in moduli o formulari da una delle parti, l’interpretazione delle essere fatta a favore
dell’altra?»; «può essere dichiarata la mancanza di prova della
conclusione di un contratto quando dalla corretta interpretazione dello stesso tale prova risulti sussistente?».
2. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano il vizio di
motivazione del tutto omessa su ulteriori fatti decisivi per il
giudizio, e cioè il riconoscimento dei contratti da parte della
stessa Porto Laconia s.p.a,da parte della sentenza di omologazione del concordato preventivo, che renderebbe destituita di
ogni fondamento la sentenza di primo grado, e l’efficacia riflessa della detta sentenza di omologazione nel presente giudizio.
I ricorrenti ricordano che era stata proprio la Porto Laconia s.p.a. nella sua domanda di ammissione alla procedura di
concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori a qualificare gli attori come promissari acquirenti, riconoscendo di
avere un obbligo di esecuzione dei contratti pendenti, e condi8

parti desunta, oltre che dal senso letterale delle parole, al-

zionando la stessa ammissione alla procedura al riconoscimento
di detti contratti, dei quali quindi si affermava la validità e
l’efficacia. E poiché il concordato era stato omologato, se ne
doveva far discendere la efficacia di giudicato sulla qualificazione dei contratti come preliminari di compravendita.

sa motivazione in ordine alla natura definitiva dei vincoli
contrattuali stipulati dalla Porto Laconia s.p.a. con i propri
clienti e segnatamente con essi ricorrenti, dolendosi del fatto
che la Corte d’appello non abbia tenuto conto del fatto che i
moduli di promessa di acquisto da essi sottoscritti contenevano
già inserita la accettazione da parte di Porto Laconia s.p.a.
della proposta irrevocabile d’acquisto. Ed ancora, la sentenza
impugnata avrebbe omesso di procedere alla definizione della
natura del contratto concluso con l’accettazione della proposta
di acquisto, se cioè preliminare o definitivo, anche se il tenore dell’atto contenente la promessa di acquisto e
l’accettazione della venditrice deporrebbe per la natura definitiva del contratto.
4. Il ricorso è inammissibile, per violazione del disposto
di cui all’art. 366-bis cod. proc. civ.
Invero, posto che la sentenza impugnata è stata depositata
il 9 ottobre 2006, trova piena applicazione il disposto di cui
all’art. 366 bis, cod. proc. civ., recante una specifica disciplina circa la formulazione dei motivi di ricorso per cassazione.
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3. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano ancora omes-

Nella giurisprudenza di questa Corte, si è chiarito che «il
quesito di diritto imposto dall’art. 366-bis cod. proc. civ.,
rispondendo all’esigenza di soddisfare l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata, ed al tempo stesso, con una più

lattica della S.C. di cassazione, il principio di diritto applicabile alla fattispecie, costituisce il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del
principio generale, e non può consistere in una mera richiesta
di accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte di legittimità in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata nello svolgimento dello stesso motivo, ma deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e porre la
Corte in condizione di rispondere ad esso con l’enunciazione di
una regola jurls che sia, in quanto tale, suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata» (Cass., n. 11535 del 2008; Cass., S.U., n. 2863 del
2009).
In particolare, il quesito di diritto di cui all’art. 366bis cod. proc. civ. deve compendiare: «a) la riassuntiva espo-

sizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad
avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di

ampia valenza, di enucleare, collaborando alla funzione nomofi-

specie» (Cass. n. 19769 del 2008) e «non può essere desunto dal
contenuto del motivo, poiché in un sistema processuale, che già
prevedeva la redazione del motivo con l’indicazione della violazione denunciata, la peculiarità del disposto di cui all’art.
366-bis cod. proc. civ., introdotto dall’art. 6 del d.lgs. 2

trocinante che redige il motivo, di una sintesi originale ed
autosufficiente della violazione stessa, funzionalizzata alla
formazione immediata e diretta del principio di diritto e,
quindi, al miglior esercizio della funzione nomofilattica della
Corte di legittimità» (Cass., ord. n. 20409 del 2008).
Ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ., il quesito inerente ad una censura in diritto – dovendo assolvere alla funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione
del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale – non può essere meramente generico e teorico, ma deve
essere calato nella fattispecie concreta, per mettere la Corte
in grado di poter comprendere dalla sua sola lettura, l’errore
asseritamene compito dal giudice di merito e la regola applicabile. Ne consegue che esso non può consistere in una semplice
richiesta di accoglimento del motivo ovvero nel mero interpello
della Corte in ordine alla fondatezza della propugnata petizione di principio o della censura così come illustrata nello
svolgimento del motivo (Cass. n. 3530 del 2012).
Si è altresì precisato, con riferimento, in particolare, ai
motivi di ricorso con i quali – come nella specie – si denuncia

febbraio 2006, n. 40, consiste proprio nell’imposizione, al pa-

vizio di motivazione, che l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione
del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si
assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali
la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a

tenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto)
che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di
valutazione della sua ammissibilità” (Cass., S.U., n. 20603 del
2007). Inoltre, il motivo di ricorso per cassazione con il quale si denunzino vizi di violazione di legge e di motivazione in
fatto, è poi bensì ammissibile, ma esso deve concludersi «con
una pluralità di quesiti, ciascuno dei quali contenga un rinvio
all’altro, al fine di individuare su quale fatto controverso vi
sia stato, oltre che un difetto di motivazione, anche un errore
di qualificazione giuridica del fatto». (Cass., S.U., n. 7770
del 2009).
4.1. Orbene, risulta evidente come i quesiti di diritto che
concludono il primo motivo di ricorso siano del tutto non rispondenti ai richiamati requisiti, risolvendosi in quesiti astratti e generici.
4.2. Quanto al secondo e al terzo motivo, con i quali i ricorrenti hanno denunciato esclusivamente vizio di motivazione,
se ne deve dichiarare l’inammissibilità per la mancanza del
prescritto momento di sintesi.
– 12 –

giustificare la decisione, e che la relativa censura deve con-

5. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità, non avendo gli intimati svolto attività difensiva.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 21 marzo 2013.

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