Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13614 del 19/05/2021

Cassazione civile sez. III, 19/05/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 19/05/2021), n.13614

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33480/2019 proposto da:

E.O., domiciliato ex lege in Roma, presso la

cancelleria della Corte di Cassazione rappresentato e difeso

dall’avvocato MARCO DATI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE RICONOSCIMENTO

PROTEZIONE INTERNAZIONALE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– resistenti –

avverso la sentenza n. 1076/2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 07/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/01/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. E.O., cittadino della Nigeria, chiese alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e segg.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

2. Il richiedente dedusse a fondamento della sua istanza di esser fuggito dalla Nigeria perchè aveva una relazione omosessuale.

La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento E.O. propose ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, dinanzi il Tribunale di Lucca che rigettò il reclamo.

Il Tribunale ha ritenuto:

a) non credibile il richiedente, avendo dato una versione del racconto privo di riscontri e non credibile, essendo precluso così il riconoscimento dello status di rifugiato;

b) infondata la domanda di protezione sussidiaria, in quanto non era stata fornita alcuna prova circa la violenza generalizzata presente nel paese d’origine;

d) infondata la domanda di protezione umanitaria, non sussistendo i presupposti per riconoscerla;

3. Tale decisione è stata confermata dalla Corte di Appello di Firenze con sentenza n. 1076 pubblicata il 7 maggio 2019.

4. La sentenza è stata impugnata per cassazione da E.O. con ricorso fondato su tre motivi.

Il Ministero dell’Interno si costituisce per resistere al ricorso senza spiegare alcuna difesa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. Con il primo e secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione ed errata applicazione delle seguenti norme di diritto D.Lgs. n. 251 del 2017, artt. 7, 14 e segg.. Omessa e, in ogni caso, contraddittorietà e insufficienza della motivazione, illogicità e palese erroneità con cui la Corte d’appello ha ritenuto di non concedere la protezione con riconoscimento dello status di rifugiato, fatto questo, certamente controverso e decisivo del giudizio. La Corte territoriale ha ritenuto non credibile il racconto del ricorrente e per questo non gli avrebbe concesso il riconoscimento dello status di rifugiato.

Avrebbe errato il giudice dell’appello perchè non ha considerato che se E.O. dovesse rientrare in Nigeria sarebbe soggetto ad atti di persecuzione assai gravi per la loro natura da rappresentare una violazione grave dei diritti umani fondamentali.

I motivi, congiuntamente esaminati per la loro stretta connessione, sono fondati.

Nella sentenza impugnata il giudice del merito non ha attivato alcuna forma di cooperazione istruttoria, così come richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte, sullo stato del paese di provenienza di E.O..

Il dovere c.d. “di cooperazione istruttoria”, infatti, nelle due forme di protezione cd. “maggiori”, non sorge ipso facto sol perchè il giudice di merito sia stato investito da una domanda di protezione internazionale, ma si colloca in stretta connessione logica rispetto alla circostanza che il richiedente sia stato in grado di fornire una versione dei fatti quanto meno coerente e plausibile.

Certamente la valutazione della credibilità soggettiva del richiedente asilo non può essere legata alla mera presenza di riscontri obiettivi di quanto da lui narrato, poichè incombe al giudice, nell’esercizio del detto potere-dovere di cooperazione istruttoria, l’obbligo di attivare i propri poteri officiosi al fine di acquisire una completa ed attuale conoscenza della complessiva situazione dello Stato di provenienza, onde accertare la fondatezza e l’attualità del timore di danno grave dedotto (Sez. 6, 25/07/2018, n. 19716).

Il giudice deve, pertanto, prendere le mosse da una versione precisa e credibile, se pur sfornita di prova, perchè non reperibile o non esigibile, della personale esposizione a rischio grave alla persona o alla vita: tale premessa è funzionale, in astratto, all’attivazione officiosa del dovere di cooperazione volta all’accertamento della situazione del Paese di origine del richiedente asilo; ma non appare conforme a diritto l’affermazione secondo cui le dichiarazioni del richiedente che siano intrinsecamente inattendibili, alla stregua degli indicatori di credibilità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non richiedono poi, in alcun caso, un approfondimento istruttorio officioso (in tal senso, invece, ma non condivisibilmente, tra le altre, Cass. Sez. 6, 27/06/2018, n. 16925; Sez. 6, 10/4/2015 n. 7333; Sez. 6, 1/3/2013 n. 5224).

Il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, stabilisce che anche in difetto di prova, la veridicità delle dichiarazioni del richiedente deve essere valutata alla stregua dei seguenti indicatori: a) il compimento di ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda; b) la sottoposizione di tutti gli elementi pertinenti in suo possesso e di una idonea motivazione dell’eventuale mancanza di altri elementi significativi; c) le dichiarazioni del richiedente debbono essere coerenti e plausibili e non essere in contraddizione con le informazioni generali e specifiche pertinenti al suo caso, di cui si dispone; d) la domanda di protezione internazionale deve essere presentata il prima possibile, a meno che il richiedente non dimostri un giustificato motivo per averla ritardata; e) la generale attendibilità del richiedente, alla luce dei riscontri effettuati.

Il contenuto dei parametri sub c) ed e), sopra indicati, evidenzia che il giudizio di veridicità delle dichiarazioni del richiedente deve essere integrato dall’assunzione delle informazioni relative alla condizione generale del paese, quando il complessivo quadro assertivo e probatorio fornito non sia esauriente, ma la relativa subordinazione, tout court, al giudizio di veridicità della narrazione alla stregua degli altri indici (di genuinità intrinseca: Sez. 6, 24/9/2012, n. 16202 del 2012; Sez. 6, 10/05/2011, n. 10202) non appare legittimamente predicabile.

Il principio secondo il quale le dichiarazioni del richiedente giudicate inattendibili non richiedano, comunque, un approfondimento istruttorio officioso va, difatti, opportunamente precisato e circoscritto, nel senso che ciò vale per il racconto che concerne la vicenda personale del richiedente ai fini dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, ovvero dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), qualora la mancanza di tali presupposti emerga ex actis. Quindi, il dovere del giudice di cooperazione istruttoria, una volta assolto da parte del richiedente la protezione il proprio onere di allegazione, sussiste sempre, anche in presenza di una narrazione dei fatti attinenti alla vicenda personale inattendibile e comunque non credibile, in relazione alla fattispecie contemplata dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), (in tal senso, di recente Cass. 2954/2020; Cass. 3016/2019).

5.1. Risulta assorbito invece il terzo motivo con cui il ricorrente ha censurato la negazione della concessione della protezione umanitaria.

6. Pertanto la Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata come in motivazione e rinvia anche per le spese di questo giudizio alla Corte di appello di Firenze in diversa composizione.

P.Q.M.

la Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata come in motivazione e rinvia anche per le spese di questo giudizio alla Corte di appello di Firenze in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2021

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA