Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13614 del 04/06/2010

Cassazione civile sez. I, 04/06/2010, (ud. 15/04/2010, dep. 04/06/2010), n.13614

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI GALATINA (c.f. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F. CORRIDONI 25,

presso l’avvocato GRATTERI LUCA, rappresentato e difeso dall’avvocato

MESSA LUIGI, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PROVINCIA DI LECCE (c.f. (OMISSIS)), in persona del Presidente

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FULCIERI PAOLUCCI

DE CALBOLI 9, presso l’avvocato FRANCO RODOLFO, rappresentato e

difeso dagli avvocati BRUNI ALFREDO, CAPOCCIA MARIA GIOVANNA, giusta

procura in calce al ricorso notificato;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 743/2004 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 22/12/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/04/2010 dal Consigliere Dott. SALVAGO Salvatore;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Lecce con sentenza del 14 marzo 2003 condannava il comune di Galatina a corrispondere alla Provincia di Lecce la somma di Euro 261.956,33, oltre accessori a titolo di differenza tra l’indennita’ dovuta e quanto effettivamente corrisposto alla Casa di Riposo (OMISSIS) a seguito di precedenti sentenze del Tribunale e della Corte di appello di Lecce, ormai definitive, che avevano condannato in solido le due amministrazioni al risarcimento del danno per l’avvenuta occupazione espropriativa di un terreno di proprieta’ di detto ente onde realizzare il liceo scientifico,nella misura di L. 239.760.000, oltre interessi e svalutazione monetaria (L. 1.119.668.090).

In parziale accoglimento dell’impugnazione del comune, la Corte di appello di Lecce, con sentenza 22 dicembre 2004 ha determinato in Euro 289.130,15 oltre agli interessi legali la somma che la Provincia di Lecce aveva diritto di ripetere dal condebitore solidale, osservando:

a) che la solidarieta’ tra le due amministrazioni non era piu’ discutibile essendo stata affermata dalle menzionate decisioni, ormai passate in giudicato;

b)che per il combinato disposto degli artt. 1298 e 1299 c.c. le obbligazioni di ciascun condebitore si presumono eguali se non risulta diversamente; e che nel caso le statuizioni contenute nelle menzionate sentenze avallavano la presunzione suddetta.

Per la cassazione della sentenza, il comune di Galatina ha proposto ricorso per un motivo; cui resiste la Provincia di Lecce con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il ricorso, il comune di Galatina, deducendo violazione degli art. 2909, 2055, 1298 e 1299 c.c. censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che era passato in giudicato l’accertamento compiuto dalle precedenti decisioni sull’equivalenza delle responsabilita’ solidali dei due enti esproprianti nei confronti della Casa di riposo, senza considerare:

a) che nei giudizi suddetti l’Amministrazione provinciale aveva avanzato domanda di regresso nei confronti di esso comune: dichiarata inammissibile dal Tribunale in quanto non proposta con apposita riconvenzionale ne’ notificata all’amministrazione comunale, percio’ non accertando alcunche’ nel merito di detta domanda;

b) che la Corte di appello aveva confermato la decisione dichiarando di non potersi pronunciare sulla graduazione delle colpe per mancanza di gravame da parte del comune; sicche’ era passata in giudicato esclusivamente la solidarieta’ passiva tra gli esproprianti in ordine all’obbligazione risarcitoria nei confronti della proprietaria;

c) che conseguentemente cosi’ come la Provincia di Lecce aveva il diritto di promuovere l’azione di regresso, il comune quello di difendersi nonche’ di prospettare una responsabilita’ minore; ed i giudici di merito il diritto – dovere di accertare e graduare le responsabilita’ di ciascun ente nel verificarsi dell’illegittima espropriazione.

Il ricorso e’ fondato.

La sentenza impugnata e le parti hanno riferito che nel precedente giudizio, instaurato dalla espropriata casa di Riposo (OMISSIS):

a) il comune di Galatina e la Provincia di Lecce dichiarati corresponsabili dell’illegittima acquisizione dell’immobile di quest’ultima con sentenza 833/1993 della Corte di appello di Lecce furono condannati in solido al risarcimento dei danni in favore della proprietaria liquidato in L. 239.760.000, oltre interessi legali e danno da svalutazione monetaria;

b) la Provincia di Lecce aveva formulato nei confronti dell’amministrazione comunale richiesta di rivalsa di quanto sarebbe stata condannata a pagare alla proprietaria del terreno: dichiarata inammissibile dal Tribunale di Lecce perche’ non notificata al comune in quel grado del giudizio rimasto contumace.

La definizione di questo giudizio ha quindi comportato il passaggio in giudicato dell’accertamento della responsabilita’ solidale del comune di Galatina e della Provincia di Lecce per l’illegittima espropriazione nei confronti della proprietaria dell’immobile ed il diritto di quest’ultima di richiedere all’uno o all’altro dei debitori solidali l’intero indennizzo risarcitorio dovuto in conseguenza dell’illecito:come e’ avvenuto nel caso concreto in cui siffatta richiesta e’ stata rivolta dall’ente espropriato alla Provincia di Lecce che gli ha corrisposto in data 25 maggio 1994 la somma di L. 1.119.668.090, come determinata in quel giudizio. Percio’ restando salvo il diritto di quest’ultima di ripetere dalla condebitrice amministrazione comunale per il combinato disposto degli artt. 1299 e 2055 c.c. la parte gravante su di essa nella misura determinata dalla c.c.’ della rispettiva colpa e dall’entita’ delle conseguenze che ne sono derivate”: sulla quale nessuna statuizione era stata adottata nel precedente giudizio in conseguenza della declaratoria di inammissibilita’ della richiesta di detta amministrazione non notificata al comune contumace; per cui su di essa non aveva potuto instaurarsi il contraddittorio (Cass. 14581/2007; 18497/2006; 15687/2001). Entrambe le parti convengono, infatti, sul principio del tutto pacifico,per cui l’irregolarita’ nell’introduzione d’una domanda, sanzionata dall’ordinamento d’invalidita’ ostativa alla pronunzia nel merito, non e’ vizio che attenga all’esistenza dei presupposti d’un diritto o d’un’azione; per cui, in caso d’omessa pronunzia nel merito sulla domanda stessa in quanto previamente dichiarata inammissibile – come e’ avvenuto nella specie, – per vizio della sua introduzione o notificazione senza alcun esame ne’ pronunzia sulla stessa nel merito, la parte interessata ha il diritto di denunziare l’omissione in sede di gravame, previa impugnazione della declaratoria d’inammissibilita’ o del rigetto in rito, ma anche di coltivare la domanda in separato giudizio, posto che la rinunzia implicita alla pretesa, correlabile al mancato esperimento del gravame, ha valore meramente processuale e non sostanziale. Onde, nel separato giudizio successivamente introdotto, non possono essere fondatamente opposte ne’ una preclusione derivante dalla mancata impugnazione della precedente sentenza per la dichiarata inammissibilita’ o per il rigetto in rito e per la consequenziale omessa pronunzia nel merito, ne’, tanto meno, appunto per non essere stato esaminato il merito della domanda, una preclusione da giudicato sulla domanda stessa.

E cio’ ha comportato che la Provincia di Lecce abbia riproposto la domanda suddetta in questo giudizio chiedendo la condanna del comune al pagamento della quota di debito a suo carico derivante dall’obbligazione solidale posta a carico degli enti esproprianti in quel procedimento; che l’ente pubblico ha determinato nella misura del 50% dell’intera somma corrisposta alla Casa (OMISSIS). Ma che anche il comune, pur esso destinatario del disposto dell’art. 2055 c.c. potesse opporre le eccezioni ed i fatti che tenendo conto “della c.c.’ della rispettiva colpa e dell’entita’ delle conseguenze che ne sono derivate” erano idonei nella sua ottica a ridurre la propria responsabilita’ rispetto alla pretesa della controparte: fatti che avrebbero potuto essere opposti nel giudizio pregresso ove si fosse instaurato il contraddittorio anche sulla domanda di regresso della Provincia e che non potevano ritenersi preclusi, come erroneamente ritenuto dalla sentenza impugnata, in conseguenza delle statuizioni ivi adottate sulla solidarieta’ di entrambi gli enti, riguardando queste esclusivamente il rapporto esproprianti – espropriata derivato dall’occupazione appropriativa. E dette eccezioni sono state riportate dalla stessa sentenza impugnata, la quale ha riferito che il comune costituitosi nel giudizio di primo grado aveva dedotto che l’indennita’ di espropriazione corrispondeva esattamente alla somma liquidata a titolo di risarcimento del danno in quel giudizio; che l’indennita’ di occupazione sino al 4 giugno 1987 era stata determinata in misura corrispondente agli interessi legali; e che esso ente aveva determinato il valore dell’area occupata fin dal 10 ottobre 1987, ma che la Provincia non aveva inteso provvedere al pagamento, e che comunque trattenendo le relative somme si era arricchita, per cui quanto meno non le competevano gli interessi.

E poiche’ il Tribunale ha egualmente condannato il comune al pagamento della somma di Euro 261.956,33 a titolo di differenza tra l’indennita’ dovuta e quanto corrisposto a titolo di risarcimento del danno alla Casa (OMISSIS), oltre all’importo di Euro 174.959,21 per interessi e svalutazione monetaria, detta amministrazione ha impugnato la decisione riproponendo, come si legge nella sentenza impugnata (pag. 4 – 5) tutte le eccezioni suddette, la Corte di appello era tenuta a riesaminarne il fondamento: a nulla rilevando le statuizioni adottate nel giudizio definito dalla sentenza 833/1993 della Corte di appello di Lecce e la sua mancata impugnazione, riguardando le stesse per quanto detto le sole obbligazioni (e la loro natura) insorte a carico degli esproprianti nei confronti della proprietaria del bene; ed essendo rimasti impregiudicati i rapporti interni tra di essi, in quella sede perche’ non esaminati (Cass. 11277/1990; 4594/1990; 5748/1988).

Pertanto la sentenza impugnata che da dette statuizioni ha tratto erroneamente la conseguenza che si era formato un giudicato anche nel rapporto tra i due enti, invece neppure esaminato in quel giudizio per la declaratoria di inammissibilita’ della richiesta della Provincia, e che detto giudicato comportava che la loro responsabilita’ doveva presumersi eguale, va cassata; con rinvio alla stessa Corte di appello di Lecce, che dovra’ riesaminare la richiesta della Provincia al lume del disposto dell’art. 2055 c.c. e delle eccezioni di cui si e’ detto, al riguardo avanzate dal comune. Il giudice di rinvio provvedera’ altresi’ alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’ alla stessa Corte di appello di Lecce in diversa composizione.

Cosi’ deciso in Roma, il 15 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2010

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