Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13613 del 19/05/2021

Cassazione civile sez. III, 19/05/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 19/05/2021), n.13613

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32182/2019 proposto da:

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.M.H.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 980/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 03/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/01/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. S.M.H., cittadino del Pakistan, chiese alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e segg.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento della sua istanza il richiedente dedusse di esser fuggito dal proprio paese per la paura di essere ucciso dopo che l’imam del villaggio aveva scoperto che intratteneva una relazione con un uomo. Essendo l’omosessualità non tollerata in Pakistan, il richiedente decise di fuggire con il compagno.

1,a Commissione Territoriale rigettò l’istanza. Avverso tale provvedimento S.M.H. propose ricorso D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, ex art. 35, dinanzi il Tribunale di Catania, che con ordinanza del 20 febbraio 2017 rigettò il reclamo.

Il Tribunale ritenne non credibile il racconto del richiedente e inoltre che mancanti i presupposti per il riconoscimento di qualsiasi forma di protezione.

3. La Corte d’appello, con sentenza n. 980/2019, pubblicata il 03/05/2019, ha accolto l’appello proposto da S.M.H. avverso la sentenza di prime cure.

La Corte ha ritenuto credibile il richiedente rispetto alla sua condizione di omosessuale, contrariamente a quanto sostenuto nella ordinanza impugnata, avendo esposto un racconto privo di contraddizioni e circostanziato nei fatti. Alla stregua di ciò e del fatto che l’omosessualità è penalmente perseguita in Pakistan, i giudici di merito hanno ritenuto sussistenti i presupposti per riconoscere lo status di rifugiato al richiedente.

4. La sentenza è stata impugnata per cassazione dal Ministero dell’Interno, con ricorso fondato su un motivo.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la “violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 271 del 2007, art. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Si duole della erronea valutazione di credibilità delle dichiarazioni rese dal richiedente nonchè dell’erroneo riconoscimento dello status di rifugiato, in quanto secondo il ricorrente ne mancherebbero i presupposti.

Il motivo è inammissibile.

Lo è in primo luogo perchè del tutto apodittico, in quanto lamenta in maniera generica il riconoscimento dello status di rifugiato e in secondo luogo perchè sindaca nel merito del giudizio compiuto dalla Corte d’appello.

Il giudizio di merito che riguarda sia la valutazione delle prove, che quella dei fatti, rientra nell’esclusiva competenza del giudice di merito. In questo caso la Corte d’appello ha ritenuto credibili le dichiarazioni del richiedente in merito alla sua omosessualità, con una motivazione scevra da qualsiasi vizio giuridico o formale. In merito è bene fare una precisazione. Il ricorrente si duole del fatto che il richiedente non sia stato in grado di “fornire alcuna prova circa il proprio vissuto interiore” utile al fine di dimostrare la sua effettiva condizione di omosessuale. Si ritiene del tutto inammissibile una doglianza simile in quanto si richiede una prova su uno stato che fa parte della persona nella sua sfera più intima, e che non richiede di essere dimostrata se non tramite la vicenda che viene raccontata. Dunque alla luce di tali considerazioni, si ritiene che il giudizio dei giudici di merito sia privo vizi logico giuridici.

6. Pertanto la Corte dichiara inammissibile il ricorso. Non è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio, attesa la indefensio della parte pubblica.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2021

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