Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13609 del 30/05/2013


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 13609 Anno 2013
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: D’ASCOLA PASQUALE

ORDINANZA
sul ricorso 19596-2011 proposto da:
MARINO FRANCESCO MRNFNC43P27A128H,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DESSIE’2, presso lo studio
dell’avvocato MARONGIU MARIA ELENA, rappresentato e
difeso dall’avvocato CLEMENTE GIOVANNI;
– ricorrente contro

OPRAMOLLA GIUSEPPE PRLGPP5OL28A717F, domiciliato in

2013
458
91k

ROMA ex lege presso la CORTE di CASSAZIONE
rappresentato e difeso dall’avvocato DELLA VENTURA
FRANCESCO;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 11391/2011 della CORTE SUPREMA

Data pubblicazione: 30/05/2013

s

DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 24/05/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 19/02/2013 dal Consigliere Dott.
PASQUALE D’ASCOLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

conclusioni scritte e nulla oppone.

-,

-.

Generale DOTT. AURELIO GOLIA che si riporta alle

Fatto e diritto
1)I1 tribunale di Salerno con sentenza 20 luglio 2004 accoglieva
la domanda proposta ex art. 2932 c.c. da Francesco Marino nei
confronti di Giuseppe Opramolla, per la esecuzione di un
preliminare di compravendita immobiliare concluso 1’8 gennaio

La Corte di appello di Salerno, con sentenza 29/6/2007, dichiarava
la nullità del contratto per inottemperanza alle disposizioni
urbanistiche di cui alla legge 47 del 1985.
Marino proponeva ricorso per cassazione, che veniva respinto da
questa Corte con sentenza n. 11391 del 2011.
1.1) La Corte esaminava due motivi di ricorso.

Il primo relativo , a violazione artt. 112, 342 e 345 c.p.c., 2909
c.c. e 17-18- 40 legge 47 del 1985.
L’appellante si era lamentato di nullità della sentenza per
violazione della normativa urbanistica di cui all’art. 18 e la
Corte di appello aveva rilevato d’ufficio la nullità del
contratto. Detto rilievo ad avviso del Marino era viziato per
extrapetizione e perché sulla validità del contratto si era già
formato il giudicato.
La Corte di Cassazione rigettava la censura, osservando che la
“questione di nullità del contratto, comunque sollevata dal
convenuto,” consentiva in ogni caso al giudice di “rilevare ex
officio una nullità ravvisabile in aspetti distinti di patologia
negoziale”.
1.

n.19596 – 11 D’Ascola rel

3

1992.

1.2)

Il secondo motivo del ricorso per cassazione proposto dal

Marino denunciava violazione degli artt. 17 e 40 della legge n.47
del 1985 e 2932 c.c.
Si doleva del fatto che la normativa urbanistica fosse stata
ritenuta applicabile al preliminare di vendita.

Osservava che il contratto si riferiva ad immobile edificato prima
del 1985 e che ad esso era applicabile l’art. 15 della legge 10
del 1977, che prevedeva la nullità del contratto, anche
preliminare, se relativo ad immobile abusivo di cui l’acquirente
ignorava la mancanza di concessione edilizia, nullità esclusa solo
dalla conoscenza risultante dagli atti. Rilevava che la questione
della conoscenza della irregolarità edilizia del bene fosse stata
sollevata dal Marino solo con il ricorso per cassazione, poiché
non risultava in alcun modo trattato o menzionato dalla sentenza
impugnata; aggiungeva che se il Marino avesse svolto motivo di
appello, avrebbe dovuto censurare per omessa pronuncia la sentenza
d’appello.
Il Marino ha proposto ricorso per revocazione ex art. 391 bis cpc,
notificato il 26 luglio 2011 e resistito da controricorso.
Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito
previsto per il procedimento in camera di consiglio.
2)

Il ricorso in primo luogo lamenta che la Corte di Cassazione

non si sarebbe avveduta del fatto che si era formato il giudicato
interno sulla validità del contratto affermata in primo grado,
perché detta nullità era stata fatta valere per motivi diversi da
n.19596 – 11 D’Ascola rei

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La Corte di Cassazione respingeva la censura.

quelli indicati dalla Corte di appello, cioè per violazione degli
artt. 2744 e 1448 c.c
Sostiene che si tratterebbe di una svista che costituirebbe errore
di fatto.
Il rilievo è manifestamente infondato. L’errore di fatto cui si

non in un errore prettamente giuridico quale, nel caso di specie,
l’omessa individuazione delle conseguenze (giudicato implicito)
scaturenti dalla proposizione, anche in appello, di azione di
nullità per motivi diversi da quelli azionati dal ricorrente. La
Corte Suprema ha ritenuto che il rilievo di ufficio fosse comunque
possibile in relazione a questione di nullità “comunque” sollevata
dall’appellante e tale motivazione in diritto esclude che sia
configurabile un errore di fatto ex art. 395 n. 4 cpc.
La qualificazione o interpretazione errata da parte della Suprema
Corte della motivazione in forza della quale la Corte di appello
aveva dichiarato la nullità del contratto, tortuosamente esposta a
pagg. 14 e 15 del ricorso, non costituisce errore di fatto, ma
errore di valutazione e interpretazione giuridica di un atto
processuale e non materiale errore percettivo nella lettura di un
documento

o

altra

svista materiale,

ditalchè

anche

le

argomentazioni sopraindicate sono manifestamente infondate.
3)

Il ricorso si duole del rigetto del secondo motivo, assumendo

che la Corte Suprema avrebbe errato perché avrebbe ritenuto
“erroneamente vigente l’art. 15 della legge 10/77 al momento della
,

stipula della scrittura privata 18 gennaio 1992”.
n.19596 – 11 D’Ascola rei

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riferisce l’art. 395 n. 4 c.p.c consiste in un errore percettivo e

Falsamente il ricorso deduce (pag. 17) che presupposto della
decisione sia stata una svista in ordine alla data di redazione
del contratto.
La Corte ha invece avuto ben presente la vicenda; ha escluso la
applicabilità dell’art. 17 L. 47/85, perché trattavasi di

ha fondato la tesi dell’applicabilità della legge 10/77 in
relazione alla data di costruzione dell’immobile, prescindendo
dunque dalla supposizione che le è stata attribuita.
Non è ravvisabile quindi la svista posta a fondamento della
censura.
Le ulteriori censure, che si concludono:
a) con il rimprovero (pag 22) alla sentenza di legittimità di
avere erroneamente ritenuto vigente l’art. 15 della legge 10;
b) con il rimprovero alla sentenza di legittimità di non aver
compreso che il rilievo relativo alla mancanza di documentazione
ex lege 47 era finalizzabile soltanto alla declaratoria di
inammissibilità della domanda ex art. 2932 e non al rilievo della
nullità del contratto integrano infine palesemente la richiesta di
rivisitazione

della

sentenza

stessa,

non

consentita

dall’ordinamento.
4)11 Collegio condivide queste osservazioni svolte dal relatore
nella relazione preliminare comunicata alle parti.
La lunga memoria depositata dal ricorrente conferma la correttezza
delle osservazioni soprasvolte, poiché evidenzia come l’ipotizzato
errore

della Corte di Cassazione

costituirebbe (ove vi fosse
6

n.19596- 11 D’Ascola rei
(

contratto preliminare e non di contratto definitivo di vendita, ma

stato) errore di giudizio e giammai di percezione materiale, che
viene rimproverato – secondo le tesi del ricorrente – al giudice
di appello.
Basta qui riportare i passaggi finali della memoria:

“L’errore di

fatto consiste nel ritenere il contratto preliminare in questione

intese impugnare solo la sentenza ed il preliminare per motivi
diversi come in precedenza precisato.
La conseguenza di questo errore di fatto ha comportato che la
Corte di appello si sia ritenuta abilitata a decidere su un fatto
non devoluto alla sua cognizione con i motivi di appello.
La sentenza, quindi, sul punto – per mancanza di censura – era
passata in cosa giudicata.
La mancata percezione di tale circostanza ha comportato la
decisione impugnata censurabile non perché non corrispondente al
desiderio del Marino, come vorrebbe sostenere controparte, ma
fondata su presupposti errati od inesistenti”.
Questa tesi (già esposta a pag. 11 della memoria) evidenzia come
si intenda far considerare revocabile per errore di fatto una
sentenza che, in teoria, sarebbe viziata da un errore di giudizio,
quale è – tipicamente – la mancata individuazione di un giudicato
interno formatosi per omessa impugnazione in appello di un capo
della sentenza di primo grado.
4.1)

Ancora più infondata è l’affermazione, contenuta a pag. 12

della memoria, secondo cui la Corte Suprema sarebbe incora in
errore di fatto soggetto a revocazione nel “ritenere scontata
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impugnato per violazione di norma urbanistica mentre l’Opramolla

l’assenza di concessione edilizia del locale, nonostante di tale
aspetto non faccia menzione nessuna delle parti e che il Marino
fosse a conoscenza della mancata concessione”.
La questione allude all’ipotesi di nullità ravvisata dalla Corte
di cassazione sulla base dell’art. 15 della legge 10, nullità che

all’acquirente dell’assenza di concessione.
Su questo punto – la conoscenza della concessione – che la Corte
ha negato, esaminando lungamente le censure poste dal Marino
avverso la sentenza d’appello, l’ammissibilità della revocazione è
dalla circostanza che secondo l’art. 395 n. 4

esclusa anche

l’errore sul fatto non è denunciabile se il fatto costituì un
“punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare”.
Nella specie il requisito della conoscenza dell’assenza di
concessione,

insieme al rilievo di nullità del contratto

preliminare di cui è uno dei fondamenti, fu oggetto di trattazione
a pag. 9 e 10 della sentenza 11391/11, che oggi, inammissibilmente
si è chiesto alla Corte Suprema di riesaminare e riscrivere.
Discende da quanto esposto la declaratoria di inammissibilità del
ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite,
liquidate in dispositivo,

in relazione al valore della

controversia.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

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/11

8

poteva essere esclusa dalla prova della conoscenza in capo

Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese
di lite liquidate in euro 3.000 per compenso, 200 per esborsi,
oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio della seconda
sezione civile tenuta il 19 febbraio 2013

Il P e idente

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