Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13603 del 19/05/2021

Cassazione civile sez. III, 19/05/2021, (ud. 10/12/2020, dep. 19/05/2021), n.13603

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SESTINI Danilo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4387/2019 proposto da:

B. SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dagli avvocati ROCCO PIETRO SICARI, e

GIUSEPPE GUASTAMACCHIA;

– ricorrente –

contro

V.P., in proprio e nella qualità di esercente la

potestà genitoriale sui figli minori M.G. e

M.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLA PIRAMIDE

CESTIA, 1/B, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARIA

GIOVANELLI, rappresentata e difesa dall’avvocato LUCIANO BROZZETTI;

– controricorrente –

contro

ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL

LAVORO, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore della Direzione

Centrale Rapporto Assicurativo, Dott. C.A., rappresentato

e difeso dagli avvocati ANDREA ROSSI, e LETIZIA CRIPPA, e con gli

stessi elettivamente domiciliato in ROMA VIA IV NOVEMBRE n. 144;

– controricorrente –

e contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, IN LIQUIDAZIONE;

– intimato –

avverso il provvedimento n. 463/2018 della CORTE D’APPELLO di

PERUGIA, depositata il 21/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/12/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

V.P., in proprio e nella qualità di esercente la potestà genitoriale sui figli minori M.G. e M.D., convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Terni, la B. Impianti S.p.a. per ottenere la condanna al risarcimento di tutti i danni subiti a seguito dell’infortunio mortale accorso al convivente more uxorio, M.A., in data (OMISSIS).

Rappresentò l’attrice che la società già menzionata era stata incaricata di eseguire lavori, iniziati nel febbraio 2006, presso gli impianti Enel Rete Gas e a tal fine si era avvalsa dei mezzi messi a sua disposizione dalla (OMISSIS) S.r.l.; in data (OMISSIS) M.A., dipendente della B. Impianti S.r.l., aveva eseguito, unitamente ad altri operai, per la B. Impianti S.p.a., operazioni di scavo e di carico e scarico dei mezzi meccanici prelevati da (OMISSIS) S.r.l. e da ricondurre a fine giornata, nello stabilimento della società appena indicata, con un autocarro; dopo aver caricato sul pianale del camion una minipala alla quale era stata poi agganciata una benna, il M. aveva effettuato una breve retromarcia alla guida della minipala per liberare lo spazio in cui allocare la benna da sistemare sul pianale dell’autocarro; la minipala aveva cominciato ad oscillare, sbilanciandosi in avanti, e il M. aveva abbandonato il posto di guida, alzando i semibracci di sicurezza, ma, nell’uscire dall’abitacolo e saltare a terra, era stato colpito in pieno mortalmente dalla minipala, che si era nel frattempo ribaltata.

Si costituì la convenuta e chiese di chiamare in causa, per quanto ancora rileva in questa sede, il Fallimento di (OMISSIS) S.r.l. (per l’accertamento della responsabilità esclusiva della (OMISSIS), o quanto meno, per l’individuazione delle relative quote di corresponsabilità); contestò ed evidenziò che il medesimo Tribunale di Terni, con sentenza n. 71/2011, passata in giudicato, aveva dichiarato improcedibile la domanda proposta dalla V. nei confronti del Fallimento (OMISSIS) S.r.l. e di B. Impianti S.p.a., previo rigetto di ogni diversa istanza e deduzione, sicchè ogni vali stazione del merito della vicenda era preclusa.

Il chiamato in causa non si costituì.

L’INAIL intervenne in giudizio per ottenere la condanna della società convenuta al rimborso dell’intero ammontare delle prestazioni erogate agli aventi diritto per l’infortunio mortale occorso ad M.A., quantificato in complessivi Euro 293.870,47, di cui Euro 1.663,34 per assegno funerario, Euro 181.884,82 per valore capitale della rendita, Euro 110.322,31 per acconti e ratei già pagati.

Il Tribunale di Terni, con sentenza n. 44/2016 del 17 gennaio 2016, ritenuto ammissibile l’intervento dell’INAIL, dichiarò inammissibili le domande attoree e improcedibile la domanda proposta dalla B. Impianti Spa nei confronti del Fallimento (OMISSIS)ice S.r.l. in liquidazione e compensò interamente le spese di lite tra le parti.

In particolare, il Tribunale rigettò la domanda attorea, in accoglimento dell’eccezione pregiudiziale sollevata dalla convenuta B. Impianti S.p.a., poichè ritenuta contrastante con il giudicato esterno formatosi in ordine alla precedente sentenza n. 715/2011, con cui il medesimo Tribunale di Terni aveva dichiarato: “Trattandosi di richiesta risarcitoria solidale proposta (dalla V.) sia nei confronti della (OMISSIS) S.r.l. sia nei confronti della B. Impianti S.p.a., l’improcedibilità nella sede ordinaria della domanda in considerazione della vis attrattiva della L. Fall., art. 24, impedisce che il giudizio possa proseguire autonomamente nei confronti dell’altro obbligato solidale ( B. Impianti S.p.a.)”.

L’INAIL propose appello, chiedendo, in riforma della sentenza impugnata, di accertare e dichiarare la responsabilità della B. Impianti S.p.a. e, per l’effetto, condannare la stessa a pagare all’INAIL la somma di Euro 293.870,47, quale rimborso dell’intero ammontare delle prestazioni erogate agli aventi diritto per l’infortunio mortale di M.A., oltre agli interessi dalle singole prestazioni al saldo e rivalutazione monetaria, salva comunque la richiesta del maggior costo dell’infortunio D.P.R. n. 1124 del 1965, ex art. 116.

Propose appello anche V.P. domandando, in riforma dell’impugnata sentenza, di dichiarare la responsabilità della B. Impianti S.p.a., per aver causato la morte di M.A. e, per l’effetto, di condannare la stessa al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, quantificati in Euro 1.480.000,00, ovvero in quella somma ritenuta equa all’esito delle risultanze istruttorie.

Riuniti i procedimenti relativi ai due appelli proposti, la Corte di appello di Perugia, con sentenza n. 463/2018, depositata il 21 giugno 2018, non definitivamente pronunciando sull’appello avverso la sentenza di primo grado, in accoglimento dei gravami proposti e in riforma dell’appellata sentenza, accolse le eccezioni pregiudiziali sollevate dagli appellanti; dichiarò la responsabilità della B. Impianti S.p.a. per aver causalo la morte di Alfredo M.; spese al definitivo.

Avverso la sentenza della Corte di merito B. S.p.a. (già B. Impianti S.p.a.) ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.

Hanno resistito con distinti controricorsi INAIL e V.P., in proprio e nella dedotta qualità.

L’intimato Fallimento non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Il P.M. ha depositato le sue conclusioni scritte.

Sia il ricorrente che i controricorrenti hanno depositato distinte memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia “violazione delle norme sull’intangibilità del giudicato (art. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c.) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte d’Appello affermato l’inidoneità della sentenza Trib. Terni 715/2011 a spiegare effetti preclusivi vincolanti nel presente giudizio obliterando l’effettivo contenuto della decisione”.

La società ricorrente rappresenta che la Corte di appello ha censurato l’impostazione seguita dal Tribunale sul duplice rilievo che “in presenza di richiesta risarcitoria solidale, l’intervenuto fallimento di uno dei coobbligati non impedisc(e) l’autonoma prosecuzione del giudizio nella sede ordinaria nei confronti dell’altro coobbligato in solido” e che “nell’ipotesi in cui una sentenza passata in giudicato abbia definito il giudizio su di un presupposto processuale e non sia entrata nel merito della causa, la statuizione sulla questione di rito, dando luogo soltanto al giudicato formale, ha effetto limitato al rapporto processuale nel quale è emanata e non è idonea a produrre gli effetti del giudicato in senso sostanziale, non precludendo la riproposizione della domanda in altro giudicato. La forza del giudicato sostanziale assiste soltanto le pronunzie giurisdizionali a contenuto decisorio di merito e non anche le statuizioni di carattere processuale”.

Ad avviso della ricorrente tali argomentazioni non si misurerebbero però con il rilievo che un giudicato di tipo formale preclude comunque la riproposizione della stessa domanda tra le stesse parti dinanzi al medesimo giudice e che, in ogni caso, se le sentenze c.d. di rito contengono – come nella specie – anche l’accertamento di questioni sostanziali, sarebbero senz’altro idonee a far stato ad ogni effetto tra le parti ai sensi dell’art. 2909 c.c..

1.1. Il motivo è infondato.

Ed invero questa Corte ha già avuto modo di affermare che “La pronuncia “in rito” dà luogo soltanto al giudicato formale, con la conseguenza che essa produce effetto limitato al solo rapporto processuale nel cui ambito è emanata e, pertanto, non è idonea a produrre gli effetti del giudicato in senso sostanziale” (Cass., 16/12/2014, n. 26377).

E nella specie la sentenza del Tribunale di Terni n. 715/2011 non risulta avere alcun contenuto decisorio di merito e tanto ha rilievo assorbente.

2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce “nullità della sentenza per violazione o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4) e art. 156 c.p.c., comma 2, art. 118 disp. att. c.p.c., art. 111 Cost., comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; ovvero in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perchè l’affermata responsabilità della B. s.p.a. risulta sopportata da motivazione meramente apparente”.

2.1. Il motivo va disatteso.

Rileva il Collegio che la motivazione della sentenza impugnata in questa sede non è merament, apparente, ben consentendo la stessa la identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione, e che la sentenza penale richiamata nel mezzo non risulta essere passata in giudicato, avendo questa Corte, in sede penale, cassato e rinviato, come risulta da quanto indicato a p. 19 del ricorso e, anzi, neppure risulta se la sentenza emessa dalla Corte di appello penale in sede di rinvio, cui fa riferimento la controricorrente a p. 18 del controricorso, sia o meno divenuta irrevocabile.

Comunque, la decisione penale non fa stato tra le parti di questo processo e il Giudice civile ben può accertare autonomamente i fatti, come in effetti ha fatto la Corte di merito, sulla base delle risultanze in atti.

Inoltre, il motivo tende ad una rivalutazione del merito non consentita in questa sede.

3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta “violazione o falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con conseguente nullità della sentenza, per avere la Corte d’Appello ritenuto ammissibile la produzione in sede di comparsa conclusionale del testo integrale della sentenza resa dalla Corte d’Appello penale di Firenze”.

3.1. il motivo va disatteso, stante l’irrilevanza della denunciata produzione, in quanto la Corte di merito non si è basata nella ricostruzione dei fatti sulla sola sentenza penale della Corte di appello di Firenze depositata il 3 giugno 2016, che la ricorrente denuncia essere stata tardivamente prodotta, in violazione dell’art. 345 c.p.c., ma ha espressamente fatto riferimento, per la ricostruzione dei fatti, agli accertamenti disposti dall’Autorità preposta a seguito dell’infortunio, ai verbali e alle relazioni prodotte, agli atti di causa nonchè alle altre sentenze penali del Tribunale di Terni e della Corte di appello di Perugia (v. sentenza impugnata p. 6-7), sicchè la sentenza che sia assume tardivamente prodotta non risulta essere stata decisiva.

4. Con il quarto motivo di ricorso si denuncia “nullità della sentenza per violazione o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4) e art. 156 c.p.c., comma 2, art. 118 disp. att. c.p.c., art. 111 Cost., comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la Corte d’Appello di Perugia escluso qualsivoglia apporto causale della vittima motivando sul punto per relationem”.

4.1. Anche il quarto motivo va disatteso, in quanto la Corte di merito, nell’escludere qualsiasi apporto causale della vittima, non ha aderito acriticamente alla motivazione delle decisioni della Corte di appello penale di Perugia e di questa Corte in sede penale ma ha comunque illustrato le ragioni per le quali ha ritenuto che la responsabilità dell’infortunio dovesse essere ascritta alla società ricorrente, evidenziando, tra l’altro, che le “manovre” del M., nel contesto della sua operatività quotidiana e delle mansioni dallo stesso svolte, non potessero ritenersi “giammai” abnormi e/o imprevedibili (v. sentenza impugnata p. 9-11).

Peraltro, anche con il motivo ora in scrutinio, si tende inammissibilmente ad una rivalutazione del merito.

5. Alla luce di quanto precede, il ricorso deve essere rigettato.

6. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza tra le parti costituite, mentre non vi è luogo a provvedere per dette spese nei confronti dell’intimato, non avendo lo stesso svolto attività difensiva in questa sede.

7. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315).

PQM

La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida, in favore di ciascuna parte controricorrente, in Euro 8.800,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 10 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2021

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