Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13602 del 04/07/2016

Cassazione civile sez. VI, 04/07/2016, (ud. 04/02/2016, dep. 04/07/2016), n.13602

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25372/2014 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende,

ope legis;

– ricorrente –

contro

P.C., PA.CA., PI.RO., p.c.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BALDO DEGLI UBALDI 71,

presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO MORRAI, rappresentati e

difesi dagli avvocati GIUSEPPE MARIA FRUNZI, ANTONIO FRUNZI, giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA dell’11/11/2013,

depositato il 19/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/02/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA FALASCHI;

uditi gli Avvocati ANTONIO FRUNZI e GIUSEPPE NIARIA FRUNZI,

difensori dei controricorrenti, che si riportano al controricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto del 19 marzo 2014 la Corte d’appello di Roma ha accolto la domanda proposta da P.R., P.C., c. e Ca. intesa ad ottenere l’equa riparazione del danno non patrimoniale conseguente alla durata non ragionevole del giudizio di scioglimento di comunione ereditaria al quale gli stessi avevano partecipato, introdotto dinanzi al Tribunale di Napoli, con atto di citazione notificato il 3 marzo 1983, definito con sentenza depositata il 25 novembre 2008, liquidato l’indennizzo in Euro 21,250,00 per ciascun ricorrente, per il periodo di durata irragionevole del giudizio presupposto di ventidue anni ed otto mesi, computata in tre anni la ragionevole durata ordinaria per il primo ed unico grado, utilizzati i parametri di Euro 750,00 per i primi tre anni di ritardo e di Euro 1.000,00 per quello successivo.

Per la cassazione di tale decreto il Ministero della giustizia ha proposto ricorso, affidato a due motivi; gli intimati hanno resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata.

Con il primo motivo l’Amministrazione denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, nonchè dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la corte di merito totalmente omesso di evidenziare che i ricorrenti avevano richiesto la liquidazione dell’indennizzo non già uti singuli, bensì in via cumulativa, riferibile ad entrambi gli eredi.

La censura è del tutto priva di pregio.

Il diritto all’equa riparazione per la durata irragionevole di un processo spetta al singolo soggetto che vi ha partecipato, indipendentemente dal fatto che questi ne abbia condiviso gli esiti con altre parti in posizione litisconsortile, perchè la sofferenza morale indennizzabile è per sua natura personale e come tale è trattata nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo.

Ed infatti, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, l’indennizzo del danno non patrimoniale per la durata non ragionevole del processo va determinato nel rispetto della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, per come essa vive nelle decisioni della Corte Europea adottate in casi simili a quello portato all’esame del giudice nazionale, sicchè la liquidazione dell’indennizzo deve essere effettuata in favore di ogni singolo ricorrente e non può essere determinata in un solo importo globale e complessivo per più ricorrenti (Cass. n. 8034 del 2006; nello stesso senso, cfr. Cass. n. 18683 del 2005 e Cass. n. 3519 del 2015).

Inoltre, nulla agli atti autorizza a supporre che i ricorrenti avessero inteso limitare l’indennizzo ad una somma unica per entrambi, disponendo dei loro rispettivi diritti in guisa da ridurli ad una sola pretesa di minor ammontare.

Con il secondo motivo l’Amministrazione denuncia violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per essere stati liquidati gli interessi sull’indennizzo riconosciuto dalla domanda pur in mancanza di una specifica domanda sul punto.

Il mezzo è inammissibilmente formulato, prima che fondato, giacchè dalla lettura dello stesso decreto impugnato – a prescindere dal contenuto della domanda emerge evidente che nessun importo è stato riconosciuto dalla corte di merito a titolo di interessi, avendo liquidato esclusivamente l’importo a titolo di indennizzo, senza alcun accessorio.

Quanto, infine, alla domanda di risarcimento dei danni formulata dai controricorrenti ai sensi dell’art. 96 c.p.c., ai danni dell’Amministrazione, premesso che non si verte nell’ipotesi di cui al comma 2-quinguies, aggiunto della L. n. 89 del 2001, all’art. 2, del citato D.L. n. 83 del 2012, art. 55, comma 1, lett. a), n. 3), ritiene questo Collegio che la medesima vada rigettata, per l’assorbente ragione che i P. – Pi. non hanno prospettato alcun concreto e specifico elemento di danno economico sulla base del quale procedere alla sua liquidazione in via equitativa.

Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato, al pari della richiesta di responsabilità aggravata, con conseguente condanna dell’Amministrazione ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso;

condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida in complessivi Euro 564,00.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, il 4 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2016

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