Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13601 del 19/05/2021

Cassazione civile sez. III, 19/05/2021, (ud. 02/12/2020, dep. 19/05/2021), n.13601

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4477/2018 proposto da:

D.C.G.C., FINPA DI D.C.G.C. & C.

SAS, difesa dall’avv. MASSIMILIANO MARIA JELO DI LENTINI;

– ricorrenti –

contro

ITALFONDIARIO SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, C.SO ITALIA 29,

presso lo studio dell’avvocato MARCO BENUCCI, rappresentato e difeso

dall’avvocato SIMONA PAVONE;

– controricorrenti –

e contro

SICILCASSA SPA, IN LCA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1702/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 26/09/2017.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con decreto ingiuntivo del 13 aprile 2007, Sicilcassa S.p.A., in liquidazione coatta amministrativa, richiedeva il pagamento della somma di Euro 410.000, oltre interessi e accessori, quale corrispettivo della transazione del 25 luglio 2005-13 febbraio 2006;

con atto di opposizione a decreto ingiuntivo del 20 giugno 2007 Fin. Pa. s.a.s. di D.C.G.C. & C., nonchè D.C.G. e L.M.G. evocavano in giudizio Sicilcassa davanti al Tribunale di Catania, Sezione distaccata di Mascalucia, deducendo di avere acquistato dalla S.r.l. Sofig, in data 27 dicembre 1999 un compendio immobiliare che precedentemente era stato acquistato, in data 3 gennaio 1995, da Omicron Costruzioni S.r.l. Tale immobile era gravato da ipoteca a favore di Sicilcassa a garanzia di un mutuo fondiario del 27 marzo 1992, erogato in favore di Omicron. Aggiungeva che, fallite le trattative per liberare detto immobile dall’ipoteca versando un importo in favore della banca, la opponente era stata costretta a intraprendere un giudizio per ottenere la divisione del mutuo fondiario e il frazionamento dell’ipoteca. Nell’ambito di tale procedimento, in data 25 luglio 2005, le parti avrebbero raggiunto un accordo per la cessazione delle controversie dietro il versamento della somma di Euro 420.000 da Fin. Pa. s.a.s. di D.C.G.C. & C., D.C.G. e L.M.G. in favore di Sicilcassa in liquidazione. Lamentava che, nonostante tale accordo, Sicilcassa aveva intrapreso una serie di nuove azioni giudiziarie tra le quali la richiesta di decreto ingiuntivo. Conseguentemente chiedeva dichiararsi la nullità di tale decreto, affermare che la transazione si era risolta per fatto addebitabile all’opposta e che, in conseguenza della malafede processuale e delle predette condotte illecite, l’opposta aveva causato un danno rilevante, determinato in Euro 3 milioni, oltre a ulteriori pregiudizi da liquidare anche in via equitativa;

si costituiva Sicilcassa S.p.A. in liquidazione coatta amministrativa contestando l’opposizione e le richieste formulate in via riconvenzionale;

in corso di causa si costituiva Italfondiario S.p.A., in sostituzione di Sicilcassa S.p.A., quale società cessionaria del credito vantato nei confronti di Fin. Pa. s.a.s. di D.C.G.C. & C., di D.C.G. e di L.M.G.;

il Tribunale di Catania, Sezione distaccata di Mascalucia, con sentenza del 3 ottobre 2012 rigettava l’opposizione e dichiarava l’estromissione dal giudizio di Sicilcassa S.p.A.;

avverso tale decisione proponevano appello Fin. Pa. s.a.s. di D.C.G.C. & C., D.C.G. e L.M.G., con atto di citazione notificato il 1 marzo 2013 e si costituiva Italfondiario S.p.A. chiedendo la conferma della decisione impugnata;

la Corte d’appello di Catania, con sentenza del 26 settembre 2017 rigettava l’impugnazione condannando gli appellanti in solido al pagamento delle spese di lite in favore di Italfondiario S.p.A., che – nelle more – agiva in qualità di procuratore di Tower Finance S.r.l.;

avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione Fin. Pa. s.a.s. di D.C.G.C. & C. e D.C.G., articolato in cinque motivi. Italfondiario resiste con controricorso che illustra con memoria. Sicilcassa S.p.A., già contumace in appello, non svolge difese in questa sede. Questa Corte, con ordinanza interlocutoria del 10 giugno 2020 rilevava che L.M.G., socia accomandataria di Fin. Pa. S.a.s., era litisconsorte processuale per avere partecipato e precedenti gradi di merito, ma non era stata evocata in giudizio nel procedimento di legittimità. Pertanto, assegnava termine per l’integrazione del contraddittorio e la causa viene alla odierna udienza per la trattazione. Si costituisce con memoria pervenuta a mezzo posta il 6 ottobre 2020 L.M.G. aderendo alle difese dei ricorrenti. Italfondiario deposita memoria ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 1326 c.c. e degli artt. 1362 c.c. e segg., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 n. 5. Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale la transazione non poteva ritenersi conclusa in quanto la presunta accettazione sarebbe stata, di fatto, modificativa della proposta, in quanto rendeva non osservabile il termine di adempimento del 31 ottobre 2005, essendo intervenuta quattro mesi dopo la scadenza di tale termine. Inoltre la Corte non avrebbe considerato che nei sette mesi successivi alla proposta, Sicilcassa S.p.A. aveva comunque tenuto una condotta finalizzata alla prosecuzione delle azioni di recupero e quindi, per fatti concludenti della resistente, doveva escludersi la volontà di raggiungere un accordo sulla transazione. Sotto altro profilo il termine di adempimento avrebbe dovuto essere considerato essenziale, perchè indicato con la dizione “entro e non oltre” il 31 ottobre, con la conseguenza che l’accettazione e, quindi la conclusione del contratto in data successiva avrebbe violato quel termine;

secondo i ricorrenti il termine del 31 ottobre ha una doppia funzione: impone di esprimere la accettazione entro quel termine e, nello stesso modo, fissa una data per l’adempimento da parte della proponente. Ragionando diversamente il meccanismo contrattuale non avrebbe consentito neppure di rispettare il brevissimo termine di tre giorni previsto all’art. 1457 c.c., attribuito alla parte adempiente per pretendere dalla controparte l’adempimento;

con il secondo motivo si deduce la violazione di artt. 1337,1366 e 1374 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. La decisione della Corte territoriale violerebbe il principio di buona fede nelle trattative contrattuali, l’interpretazione del contratto e l’integrazione giudiziale. Sicilcassa S.p.A. avrebbe abusato del diritto agendo sulla base di una transazione inesistente, nonostante la conoscenza dell’integrale soddisfacimento del medesimo credito ipotecario in esito alla vendita dei beni del dante causa degli odierni ricorrenti;

con il terzo motivo si lamenta la violazione degli artt. 1325 e 1965 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. La Corte territoriale avrebbe adottato una errata nozione della causa del contratto, non riferendosi alla consolidata teoria della causa in concreto, nella quale assumono rilievo lo scopo pratico del contratto e i motivi che abbiano avuto un valore determinante. Nel caso di specie la proponente non era debitrice di Sicilcassa S.p.A. per cui una volta soddisfatto il credito ipotecario all’esito della procedura esecutiva intentata contro il dante causa degli odierni ricorrenti, sarebbe venuta meno la causa negoziale. Infatti l’interesse di Sicilcassa S.p.A. perseguito con l’accettazione della proposta transattiva, era quello della soddisfazione del proprio credito nei confronti dell’unico soggetto debitore, Omicron Costruzioni e non nei confronti dei ricorrenti. Esaminando tale aspetto la Corte non avrebbe considerato anche l’interesse primario di Fin. Pa. che, al contrario, era proprio quello di liberare il bene dall’ipoteca;

con il quarto motivo si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo ai sensi art. 360 c.p.c., n. 5. La Corte non avrebbe valutato la circostanza che Sicilcassa S.p.A. non era più titolare di un credito tutelabile, essendo stato ampiamente soddisfatto quello ipotecario;

con il quinto motivo si lamenta la violazione di artt. 1272 e 1273, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, in tema di accollo ed estromissione, che consentirebbero di sollevare ed eccepire le ragioni impeditive, estintive o modificative dell’obbligazione principale, soprattutto nel caso di terzo acquirente di un bene ipotecato;

il ricorso è inammissibile perchè non rispetta il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, che, essendo considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso, deve consistere in una esposizione che deve garantire alla Corte di cassazione, di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass. sez. un. 11653 del 2006);

la prescrizione del requisito risponde) non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass. sez. un. 2602 del 2003). Stante tale funzione, per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed in fine del tenore della sentenza impugnata;

in effetti dal tenore dell’esposizione del fatto non emerge sulla base di quale titolo sarebbe stato richiesto ed emesso il decreto ingiuntivo, per quale importo e per quali ragioni e ciò risulta indispensabile, trattandosi di una vicenda complessa nella quale si intersecano più giudizi, procedure esecutive e presunte transazioni;

è appena il caso di aggiungere che il primo motivo è inammissibile perchè dedotto in assoluta violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, poichè parte ricorrente non trascrive il contenuto della proposta e quello dell’accettazione, non allega il documento e non lo localizza all’interno del fascicolo di legittimità;

il motivo è, altresì inammissibile, perchè, pone esclusivamente una questione di interpretazione del contenuto di atti negoziali (proposta e accettazione). Rispetto a tale assunto, nella rubrica del motivo, individua solo formalmente, tra le norme violate, gli artt. 1362 c.c. e segg.; in realtà omette ogni riferimento al riguardo. Sul punto va richiamato il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui per far valere siffatta violazione occorre non solo fare puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti, ma occorre, altresì, precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato, con l’ulteriore conseguenza dell’inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa;

il secondo motivo è inammissibile perchè del tutto generico. Si assume la violazione dei canoni di correttezza e buona fede e si assume l’esistenza di una condotta di abuso del diritto facendo riferimento a vicende fattuali delle quali non viene fornito alcun riscontro. In particolare, le deduzioni sono svolte in violazione l’art. 366 c.p.c., n. 6, atteso il generico riferimento alla inesistenza del credito vantato da Sicilcassa S.p.A., senza confrontarsi con la decisione della Corte territoriale che sul punto ha specificato che la causa della transazione è autonoma rispetto alla natura delle questioni oggetto di lite, aggiungendo che, con quell’accordo, le parti avevano inteso definire le vicende esecutive che non riguardavano direttamente gli odierni ricorrenti e altre controversie anche diverse rispetto al credito vantato da Sicilcassa S.p.A.;

il terzo motivo è inammissibile per quanto già espresso con riferimento alla precedente censura poichè non si confronta con la decisione impugnata, che ha correttamente evidenziato il contratto di transazione ha una causa autonoma, rispetto al rapporto giuridico oggetto della controversia, che rimane distinto rispetto all’accordo transattivo volto a dirimere la lite incentrata sul rapporto presupposto. Secondo la ragionevole ricostruzione della Corte territoriale, tale accordo riguardava i procedimenti pendenti e, in particolare, quelli nei confronti di soggetti diversi dalla proponente e cioè la procedura esecutiva promossa sul bene ipotecato nei confronti del venditore dell’immobile, società Omicron Costruzioni, nonchè il giudizio sulla suddivisione del mutuo e sul frazionamento dell’ipoteca e il procedimento di liberazione dalle ipoteche. Si tratta di vicende autonome rispetto al credito azionato dalla banca;

il quarto motivo è inammissibile perchè dedotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nonostante il divieto previsto all’art. 348 ter c.p.c., comma 5, ricorrendo l’ipotesi di doppia conforme fondata sul medesimo materiale probatorio;

in ogni caso la censura sarebbe infondata perchè la Corte ha preso in esame il fatto decisivo rappresentato dalla presunta estinzione del credito a seguito della definizione della procedura esecutiva instaurata nei confronti della società che aveva venduto l’immobile agli odierni ricorrenti, superando tali considerazioni sulla base della già citata autonomia della causa della transazione rispetto alle vicende sottostanti;

l’ultima censura è inammissibile in quanto nuova. Di essa la Corte territoriale non si occupa e i ricorrenti non dimostrano, attraverso la trascrizione del corrispondente motivo di appello, l’allegazione o la individuazione all’interno del fascicolo di legittimità, di avere sottoposto la questione al giudice di secondo grado;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315), evidenziandosi che il presupposto dell’insorgenza di tale obbligo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (v. Cass. 13 maggio 2014, n. 10306).

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 10.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza della Corte Suprema di Cassazione, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2021

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