Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1360 del 22/01/2020

Cassazione civile sez. I, 22/01/2020, (ud. 17/09/2019, dep. 22/01/2020), n.1360

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18218/2018 proposto da:

A.M., elettivamente domiciliato in Roma Via Cunfida, 16,

presso lo studio dell’avvocato Visentin Maria, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, (OMISSIS), Ministero Dell’interno Comm.

Territoriale XII Riconoscimento Prot. Internaz. Roma;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositato il 08/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/09/2019 da parte del Cons. Dott. SOLAINI LUCA.

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Roma ha respinto il ricorso proposto da A.M. cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Il ricorrente davanti alla Commissione territoriale aveva dichiarato di aver lasciato il proprio paese per motivi di natura economica, perchè la famiglia aveva dovuto vendere le proprietà per finanziare il trasferimento in Iran del fratello che però, non avrebbe più aiutato la famiglia, la quale si trovò in crescenti difficoltà economiche anche perchè la casa sarebbe rimasta distrutta da un’alluvione e, quindi, il ricorrente sarebbe a sua volta partito per l’Europa e giunto in Italia nel 2015, in cerca di lavoro.

Contro il decreto del medesimo Tribunale è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente censura la decisione del Tribunale: (i) sotto un primo profilo, per omesso esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla C.T. e delle allegazioni portate in giudizio per la valutazione della condizione personale del richiedente, mentre, il Tribunale si sarebbe limitato a fare proprie, in modo del tutto acritico, le conclusioni della Commissione; in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè erroneamente, il Tribunale non aveva riconosciuto i presupposti, per la concessione della protezione sussidiaria, cui il ricorrente aveva diritto, in ragione delle attuali condizioni socio-politiche del paese d’origine, (iii) sotto un terzo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè non erano stati esaminati dal Tribunale, al fine di tutelarli, i diritti che più interessano la sfera personale ed umana del ricorrente e che sono quelli che più rischiano di essere compromessi nel Paese di provenienza, quali il diritto alla salute e il diritto all’alimentazione o quelli che porterebbero il ricorrente sotto il “nucleo minimo” di dignità della persona; (iv) sotto un quarto profilo, per violazione del principio di non refoulement, e di ogni forma di respingimento forzato verso paesi in cui la vita o la libertà del richiedente asilo sarebbero minacciate, a motivo della sua razza, religione, cittadinanza, opinioni politiche ovvero appartenenza ad un gruppo sociale.

Il primo motivo è inammissibile, per difetto di autosufficienza, in quanto, non è stato riportato in ricorso la parte delle dichiarazioni del ricorrente il cui esame sarebbe stato omesso dal Tribunale, ex art. 366 c.p.c., comma 1, cosicchè questa Corte non è in grado di vagliare la censura.

Il secondo motivo è infondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte “Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, va rappresentata dal ricorrente come minaccia grave e individuale alla sua vita, sia pure in rapporto alla situazione generale del paese di origine, ed il relativo accertamento costituisce apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità” (Cass. n. 32064/18, 14006/18; in particolare, secondo Cass. n. 13858/18, il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria. Il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia; in riferimento alle differenze con gli altri casi di protezione sussidiaria, v. Cass. n. 525/19).

Nel caso di specie, il Tribunale rileva come non risulta allegato nemmeno il rischio, in caso di rientro, di un danno grave e individuale alla vita del ricorrente, con conseguente esclusione dei presupposti per la protezione sussidiaria, trattandosi, come espressamente riferito, di ragioni di natura economica.

Il terzo motivo è, inammissibile, in quanto, in riferimento alla protezione umanitaria, la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine, per verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti fondamentali (Cass. n. 4455/18), è stata effettuata dal Tribunale che ha accertato, con giudizio di fatto, l’insussistenza di situazioni di vulnerabilità meritevoli di tale protezione, mentre, il ricorrente ha dichiarato di essere un migrante economico, e quindi, la sua domanda potrebbe ricevere accoglimento, nell’ambito del distinto ambito della gestione dei flussi migratori.

Il quarto motivo è infondato, in quanto, il principio di non refoulement non è richiamato a proposito essendo un divieto di espulsione, che nella specie, non viene direttamente in rilievo, perchè riferito a casi di persecuzione di determinate categorie di soggetti, indicati dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e dall’art. 33 della Convenzione di Ginevra, ovvero è riferito alla presenza della pena di morte, di torture o trattamenti inumani e degradanti (art. 19 Carta dei diritti fondamentali UE) e ciò non risulta nella specie, in quanto, il Tribunale ha escluso che la situazione d’instabilità possa costituire un rischio, per fasce indiscriminate della popolazione (v. p. 3 della sentenza impugnata).

La mancata predisposizione di difese scritte da parte dell’Amministrazione statale, esonera il Collegio dal provvedere sulle spese.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso.1

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2020

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