Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13599 del 21/06/2011

Cassazione civile sez. III, 21/06/2011, (ud. 06/05/2011, dep. 21/06/2011), n.13599

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA PINEROLO 22, presso lo studio dell’avvocato TODARO

ANTONIOFRANCO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

RIVA PAOLO giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FRABE DI BELLUSCHI PAOLO & C SNC (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA MARCO ATTILIO 14, presso lo studio

dell’avvocato MATTICOLI MARIO, che lo rappresenta e difende giusta

delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

IMMOBILIARE GINEPRI SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 971/2008 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

Sezione Seconda Civile, emessa il 30/01/2008, depositata il

10/04/2008; R.G.N. 4924/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/05/2011 dal Consigliere Dott. ROBERTA VIVALDI;

udito l’Avvocato TODARO ANTONIOFRANCO;

udito l’Avvocato MATTICOLI MARIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

R.A. conveniva, davanti al tribunale di Como, le società Immobiliare Ginepri srl e Fra.be snc chiedendone la condanna, in via solidale o disgiunta, al risarcimento del danno subito a seguito di un sinistro avvenuto il (OMISSIS).

Si costituivano le società convenute contestando la fondatezza della domanda.

Il Tribunale, con sentenza del 27.4.2004, ritenuta l’esclusiva responsabilità della società Fra.be snc, condannava la stessa al risarcimento del danno, respingendo ogni domanda proposta nei confronti della Immobiliare Ginepri srl.

Proponeva appello, principale, il R. chiedendo la riforma parziale della sentenza impugnata, in relazione al riconoscimento di una maggiorazione di alcune voci di danno.

Si costituivano entrambe le convenute originarie; in particolare, la Fra.be snc proponeva anche appello incidentale.

La Corte d’Appello, con sentenza del 10.4.2008, accoglieva parzialmente l’appello principale rigettando quello incidentale.

Ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi illustrati da memoria il R.. Resiste con controricorso la Fra.be snc. L’altra società intimata non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è stato proposto per impugnare una sentenza pubblicata una volta entrato in vigore il D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione; con l’applicazione, quindi, delle disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo 1^.

Secondo l’art. 366 – bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto ed, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360, n. 1), 2), 3) e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione. Segnatamente, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Sez. Un. 1 ottobre 2007, n. 20603; Cass. 18 luglio 2007, n. 16002).

Il quesito, al quale si chiede che la Corte di cassazione risponda con l’enunciazione di un corrispondente principio di diritto che risolva il caso in esame, poi, deve essere formulato in modo tale da collegare il vizio denunciato alla fattispecie concreta (v. Sez. Un. 11 marzo 2008, n. 6420 che ha statuito l’inammissibilità – a norma dell’art. 366 bis c.p.c. – del motivo di ricorso per cassazione il cui quesito di diritto si risolva in un’enunciazione di carattere generale ed astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo od integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo). La funzione propria del quesito di diritto – quindi – è quella di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare (da ultimo Cass. 7 aprile 2009, n. 8463; v, anche Sez.Un. ord. 27 marzo 2009, n. 7433).

Con il primo motivo il ricorrente denuncia ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione agli artt. 1226 e 2729 c.c. nonchè con riferimento al D.L. n. 857 del 1976, art. 4 convertito con modificazioni dalla L. n. 39 del 1977 – violazione e falsa applicazione di norme di diritto. Il motivo è inammissibile.

Il quesito posto al termine dell’illustrazione del motivo, relativo a violazione di norme di diritto, non rispetta le prescrizioni richieste dall’art. 366 bis c.p.c. (e non dall’art. 696 bis c.p.c. come erroneamente indicato), applicabile ratione temporis, per essere generico e senza alcun riferimento al caso concreto.

Il quesito di diritto, infatti, deve essere formulato, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una regula iuris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata.

Ne deriva che è inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la cui formulazione, ponendosi in violazione di quanto prescritto dal citato art. 366 bis, si risolve sostanzialmente in una omessa proposizione del quesito stesso, per la sua inidoneità a chiarire l’errore, o gli errori, di diritto imputati alla sentenza impugnata in riferimento alla fattispecie concreta (S.U. ord. 27.3.2009 n. 7433; cass. 25.3.2009 n. 7197; s.u. 30.10.2008 n. 26020).

Con il secondo motivo denuncia la contraddittorietà della motivazione.

Anche questo motivo è inammissibile.

Il ricorrente denuncia la violazione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (il cui oggetto riguarda il solo iter argomentativo della decisione impugnata).

In questo caso è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione, ricomprese nel “momento di sintesi” (v. da ultimo Cass. 25.2.2009 n. 4556).

Nella specie, anche a volere considerare quale momento di sintesi il quesito posto al termine del motivo a pag. 11 del ricorso, lo stesso è carente della indicazione delle ragioni che rendono la motivazione inidonea a sorreggere la decisione.

Conclusivamente, il ricorso è dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo in favore della società Fra-be snc, sono poste a carico del ricorrente.

PQM

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della Frabe snc, che liquida in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 7.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della terza sezione civile della Corte di cassazione, il 6 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2011

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