Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13598 del 30/05/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 30/05/2017, (ud. 26/01/2017, dep.30/05/2017),  n. 13598

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23977-2014 proposto da:

A.N., C.G. (OMISSIS), + ALTRI OMESSI

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, C.F.

(OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e

difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici

domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI, 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 520/2014 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 08/05/2014 r.g.n. 202/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/01/2017 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;

udito l’Avvocato FULVIO FRANCUCCI per delega Avvocato ORESTR

MORCAVALLO;

udito l’Avvocato FEDERICO DI MATTEO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità o in

subordine rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Salerno, con la sentenza n. 520/14, depositata l’8 maggio 2014, pronunciando in sede di rinvio, su riassunzione dei lavoratori nei confronti del MIUR, a seguito della sentenza di questa Corte n. 20342 del 2012, che cassava la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro n. 894 del 2005 (che aveva accolto l’appello proposto dal MIUR nei confronti della sentenza di primo grado del Tribunale di Cosenza resa tra le parti, che, invece, aveva accolto la domanda dei lavoratori), ha accolto l’Appello del MIUR avverso la suddetta sentenza del Tribunale di Cosenza ed ha rigettato la domanda proposta da A.N., + ALTRI OMESSI

2. I lavoratori avevano agito in giudizio chiedendo l’accertamento del diritto al riconoscimento integrale dell’anzianità maturata presso l’ente locale di provenienza, da parte del MIUR.

3. Questa Corte, accogliendo il ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro che aveva negato detto diritto, con la sentenza n. 20342 del 2012, affermava, tra l’altro, che, in ragione delle statuizioni contenute nella sentenza della Corte di Giustizia resa nel procedimento C108/10 Scattolon, il giudice nazionale è chiamato ad accertare se, a causa del mancato riconoscimento integrale della anzianità maturata presso l’ente cedente, il lavoratore trasferito abbia subito un “peggioramento retributivo”.

In motivazione la Corte di Giustizia aveva rilevato che, una volta inquadrato nel concetto di trasferimento d’azienda e quindi assoggettato alla direttiva 77/187, al trasferimento degli ATA si applica non solo il n. 1 dell’art. 3 della direttiva, ma anche il n. 2, disposizione che riguarda segnatamente l’ipotesi in cui l’applicazione del contratto in vigore presso il cedente venga abbandonata a favore di quello in vigore presso il cessionario (come nel caso in esame).

Il cessionario ha diritto di applicare sin dalla data del trasferimento le condizioni di lavoro previste dal contratto collettivo per lui vigente, ivi comprese quelle concernenti la retribuzione (punto n. 74 della sentenza). Ciò premesso, la CGUE sottolineava che gli Stati dell’Unione, pur con un margine di elasticità, devono attenersi allo “scopo della direttiva”, consistente “nell’impedire che i lavoratori coinvolti in un trasferimento siano collocati in una posizione meno favorevole per il solo fatto del trasferimento” (n. 75, il concetto è ribadito al n. 77 in cui si precisa che la direttiva “ha il solo scopo di evitare che determinati lavoratori siano collocati, per il solo fatto del trasferimento verso un altro datore di lavoro, in una posizione sfavorevole rispetto a quella di cui godevano precedentemente”).

Quindi, ha affermato questa Corte, nella indicata sentenza n 20342 del 2012, nella definizione della controversia, è necessario stabilire se si è in presenza di condizioni meno favorevoli. Precisava, inoltre che il giudice del rinvio doveva osservare i seguenti criteri:

a. Quanto ai soggetti la cui posizione va comparata, il confronto è con le condizioni immediatamente antecedenti al trasferimento dello stesso lavoratore trasferito (così il n. 75 e, al n. 77, si precisa “posizione sfavorevole rispetto a quella di cui godevano prima del trasferimento”. Idem nn. 82 e 83). Al contrario, non ostano eventuali disparità con i lavoratori che all’atto del trasferimento erano già in servizio presso il cessionario (n. 77).

b. Quanto alle modalità, si deve trattare di “peggioramento retributivo sostanziale” (così il dispositivo) ed il confronto tra le condizioni deve essere “globale” (n. 76: “condizioni globalmente meno favorevoli”; n. 82: “posizione globalmente sfavorevole”), quindi non limitato allo specifico istituto.

c. Quanto al momento da prendere in considerazione, il confronto deve essere fatto “all’atto del trasferimento” (nn. 82 e 84, oltre che nel dispositivo: “all’atto della determinazione della loro posizione retributiva di partenza”).

Pertanto, questa Corte affermava che in consonanza con la sentenza della CGUE, il caso in esame doveva essere deciso con l’accoglimento del ricorso dei lavoratori.

La violazione del complesso normativo, costituito dalla L. n. 124 del 1999, art. 8 e L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 218, denunziata, doveva essere verificata in concreto sulla base dei principi enunciati dalla Corte di giustizia europea.

4. La decisione impugnata, pertanto, veniva cassata con rinvio alla Corte d’appello di Salerno, la quale, applicando i criteri di comparazione su specificati, doveva decidere la controversia nel merito, verificando la sussistenza, o meno, di un peggioramento retributivo sostanziale all’atto del trasferimento e doveva accogliere o respingere la domanda dei lavoratori in relazione al risultato di tale accertamento.

5. La Corte d’Appello, in sede di rinvio rigettava la domanda dei lavoratori, giacchè inizialmente formulata senza nemmeno una specifica deduzione di peggioramento retributivo sostanziale all’atto di trasferimento e senza comunque che tale peggioramento apparisse apprezzabilmente dimostrato sulla base dei principi enunciati dalla CGUE.

Proseguiva la Corte d’Appello di Salerno affermando che con il ricorso introduttivo del giudizio, al quale doveva farsi riferimento stante i principi che regolano il rito del lavoro, i lavoratori, pur dolendosi genericamente della perdita di talune voci accessorie, non avevano minimamente indicato quale fosse la posizione retributiva anteriore al trasferimento nè una entità della stessa globalmente inferiore a quella relativa al nuovo inquadramento, assumendo semmai di non aver ricevuto “un consistente incremento stipendiale”. Tale peggioramento non era evincibile dalla documentazione allegata al ricorso.

6. A.N., + ALTRI OMESSI

7. Resiste il MIUR con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il motivo di ricorso si deduce vizio di motivazione, nonchè omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in violazione e falsa applicazione della L. n. 124 del 1999, art. 8 e della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 218.

Assumono i ricorrenti che in riassunzione hanno dedotto e provato di avere subito un danno concreto in riferimento al momento del trasferimento mediante documentazione e relazione tecnica che non era stata valutata dalla Corte d’Appello.

Erroneamente la Corte d’Appello aveva affermato che le deduzioni in ordine alla dimostrazione del danno da risarcire sarebbero state in ammissibilmente nuove in quanto non dedotte in primo grado.

Le deduzioni ed i documenti relativi alla prova del danno in concreto verificatosi al momento del trasferimento sono ammissibili in quanto derivano dalla necessità di fornire al giudice elementi idonei a decidere la causa tenendo conto del nuovo principio di diritto fissato dalla Corte di legittimità a seguito della sentenza della CGUE.

2. Il motivo è fondato.

Come questa Corte ha affermato (Cass., n. 14145 del 2015), nel trattare questione avente ad oggetto analoga domanda dei lavoratori, la Corte d’Appello in sede di rinvio deve compiere ogni accertamento necessario per verificare la sussistenza, o meno, di un peggioramento retribuivo sostanziale all’atto del trasferimento, secondo i criteri di comparazione precisati sopra, punti a), b) e c) (cfr. Cass. n. 6627 e 7620 del 2015).

In particolare il giudice del merito designato dovrà tenere in debito conto che gli originari ricorsi degli istanti sono antecedenti alla L. n. 266 del 2005 ed alla sentenza della Corte di Giustizia che ne ha sostanzialmente orientato l’interpretazione nell’ordinamento interno sulla base della verifica di taluni elementi fattuali.

Detti elementi, dunque, dovranno essere necessariamente valutati in sede di rinvio onde consentire la decisione della causa alla stregua del diritto sopravvenuto, attenendo dette indagini di merito alla stessa possibilità di applicare alla fattispecie concreta la normativa sopraggiunta.

Questa Corte già aveva ribadito (Cass. n. 26730 del 2014) che, pur essendo quello di rinvio un giudizio a carattere “chiuso”, tendente a una nuova decisione (nell’ambito fissato dalla sentenza di legittimità) in sostituzione di quella cassata, nel quale le parti sono obbligate a riproporre la controversia nei medesimi termini e nel medesimo stato di istruzione, senza possibilità di svolgere nuove attività probatorie od assertive, tuttavia possono esservi deroghe a tale principio.

Esse possono essere rappresentate dal caso in cui fatti sopravvenuti o la sentenza di cassazione, che abbia prodotto una modificazione della materia del contendere, rendano necessaria un’ulteriore attività probatoria od assertiva,strettamente dipendente dalle statuizioni di questa Suprema Corte (cfr., ex aliis, Cass. n. 9859 del 2006).

Ciò avviene, ad esempio, in ipotesi di avvenuta applicazione di ius superveniens, o quando si debbano accertare fatti non ancora conosciuti la cui giuridica rilevanza derivi, appunto, dalla sentenza di cassazione (cfr., ad esempio, Cass. n. 21587 del 2009) o, ancora, quando in sede di rinvio siano da delibarsi questioni ritenute assorbite dalla sentenza cassata oppure quando la pronuncia rescindente abbia diversamente definito il rapporto dedotto in giudizio.

Il carattere cd. chiuso del giudizio di rinvio concerne poi l’attività delle parti e non i poteri officiosi del giudice, sicchè egli può – se del caso – anche disporre una consulenza tecnica o rinnovare quella già espletata nei precedenti gradi del giudizio di merito (cfr., ex aliis, Cass. n. 341 del 2009), nonchè esercitare i poteri istruttori ex art. 437 c.p.c. limitatamente ai fatti già allegati dalle parti, o comunque acquisiti al processo ritualmente nella fase processuale antecedente al giudizio di cassazione (cfr. Cass. n. 3047 del 2006 e n. 900 del 2014).

3. Pertanto nell’accertamento della sussistenza o meno di un peggioramento retributivo nei termini sopra detti, secondo i criteri di comparazione precisati sopra, punti a), b) e c), la Corte d’Appello, dovrà fare applicazione dei principi richiamati, affermati con riguardo al giudizio di rinvio, affermati con riguardo al giudizio di rinvio in analoga fattispecie.

4. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Napoli.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Napoli.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 maggio 2017

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