Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13596 del 02/07/2020

Cassazione civile sez. I, 02/07/2020, (ud. 21/02/2020, dep. 02/07/2020), n.13596

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24120/2017 proposto da:

C.S., e Cr.Le., nella qualità di

titolari dello “Studio Dott.ssa S.C. e Dott.

Le.Cr.”, elettivamente domiciliati in Roma, Via Donatello n. 23,

presso lo studio dell’avvocato Villa Pizzi Francesco, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Principi Fiorenzo,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Fallimento (OMISSIS) S.r.l.;

– intimato –

e sul ricorso 24798/2017 proposto da:

Fallimento (OMISSIS) S.r.l., in persona del curatore Dott.ssa

R.P., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria

Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Pierdominici Fabio, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente incidentale –

e contro

C.S., Cr.Le., nella qualità di titolari

dello “Studio Dott.ssa S.C. e Dott.

Le.Cr.”, elettivamente domiciliati in Roma, Via Donatello n. 23,

presso lo studio dell’avvocato Villa Pizzi Francesco, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Principi Fiorenzo,

giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali al ricorso incidentale –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MACERATA, del 18/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/02/2020 dal consigliere Dott. Paola Vella;

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale Dott.

CARDINO Alberto, che si è richiamato alle conclusioni scritte già

depositate e ha concluso per l’accoglimento dei motivi secondo,

terzo e quarto del ricorso principale C.; rigetto del

ricorso del Fallimento; inammissibilità del ricorso incidentale

C.;

udito, per i ricorrenti principali, l’avvocato Flaminia Agostinelli,

con delega orale, che ha chiesto l’accoglimento del quinto motivo di

ricorso;

udito, per il fallimento ricorrente incidentale, l’avvocato Roberto

Argeri, con delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso principale

e l’accoglimento del proprio ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. I dottori C.S. e Cr.Le. hanno proposto opposizione allo stato passivo del Fallimento (OMISSIS) S.r.l. per il mancato riconoscimento della prededuzione sul credito professionale per le prestazioni rese – in riferimento alla domanda di concordato preventivo con riserva e alla successiva proposta di concordato preventivo in continuità della società in bonis ammesso solo in via privilegiata (e, quanto all’Iva, al chirografo).

1.1. Con il decreto impugnato, il Tribunale di Macerata ha: i) rigettato l’istanza di rimessione in termini della curatela fallimentare che aveva depositato telematicamente la comparsa di costituzione senza rispettare il termine di 10 giorni L. Fall., ex art. 99, comma 6 per “mancanza del presupposto fondamentale per la rimessione, ovvero la non imputabilità della causa della decadenza alla parte che vi sia incorsa, la quale nel caso in esame ha utilizzato un formato non ammesso”; ii) dichiarato inammissibile la domanda riconvenzionale volta ad “accertare e dichiarare l’inadempimento contrattuale degli opponenti in ordine ai fatti narrati e per l’effetto dichiarare insussistenti le ragioni di credito e i crediti da essi vantati”, nonchè a “riconoscere il rango chirografario e non privilegiato delle eventuali residue pretese degli opponenti”, sia perchè la L. Fall., art. 99 non contempla l’ipotesi di domande riconvenzionali, sia perchè il curatore non avrebbe potuto nemmeno proporre impugnazione incidentale (stante la perentorietà del termine di 30 giorni previsto dalla L. Fall., art. 99, comma 1 per la proposizione dell’impugnazione dei crediti ammessi, L. Fall., ex art. 98, comma 3), sia infine perchè sull’esistenza del credito e sulla sua natura privilegiata si era formato un giudicato endofallimentare; iii) nonostante la decadenza dalle eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio (verificatasi L. Fall., ex art. 99, comma 7 per la rilevata tardività della costituzione), ha comunque esaminato, “a prescindere dalla sua tardività”, l’eccezione di inadempimento, dichiaratamente spesa anche come “eccezione riconvenzionale al fine di paralizzare la pretesa” degli opponenti, osservando che essa, quand’anche tempestiva, esulerebbe dallo schema legale dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., in quanto non utilizzata dalla curatela per rifiutare la propria prestazione di pagamento del compenso, bensì solo per disconoscere la prededuzione, ferme restando in ogni caso le rilevate preclusioni; iv) quanto alla prededuzione, dopo aver richiamato la giurisprudenza di questa Corte che la svincola dalla utilità delle prestazioni rese, purchè esse siano strumentali alla procedura, ha osservato che nel caso di specie mancherebbe il presupposto della “funzionalità ex ante”, in quanto la circostanza che i professionisti fossero ben consapevoli della mancanza dei fondi necessari per il versamento della somma L. Fall., ex art. 163, comma 2, n. 4 emergerebbe chiaramente dalle loro “allegazioni contenute nella memoria autorizzata”, ove si afferma testualmente che, “sebbene informato sulle possibili conseguenze connesse al mancato versamento della cauzione e pur avendo garantito la reperibilità della cauzione che (non bisogna dimenticarlo) può essere reperita anche altrove, l’amministratore non si è attivato e/o non è stato in grado di versare quanto disposto dal Tribunale”; v) quanto al credito Iva ha infine rilevato che gli opponenti non avevano sollevato alcuna doglianza per l’ammissione al chirografo.

1.2. Nonostante le superiori motivazioni, nel dispositivo il tribunale aveva ammesso il credito in prededuzione, ma le parti hanno dato atto che, successivamente, lo stesso tribunale ha accolto l’istanza di correzione di errore materiale formulata dalla curatela, escludendo dal dispositivo la prededuzione.

1.3. Avverso il suddetto decreto la C. e il Cr. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. Anche il Fallimento (OMISSIS) S.r.l. ha proposto separato ricorso affidato a quattro motivi, cui i primi ricorrenti hanno resistito con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale affidato a cinque motivi. Il primo ricorso è stato rinviato in pubblica udienza dalla sezione Sesta-1 per la riunione con il secondo. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Con il primo motivo – formulato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – i ricorrenti C. e Cr. lamentano la contraddittorietà della motivazione sia per illogicità, avuto riguardo al suo contrasto rispetto al dispositivo (nella parte in cui il decreto impugnato dispone l’ammissione del credito in prededuzione), sia per contraddittorietà intrinseca della stessa motivazione, laddove, dopo aver escluso che il criterio della utilità della prestazione possa rilevare ai fini della prededucibilità dei crediti sorti in funzione della domanda concordataria, ha affermato che “la domanda degli opponenti non può in ogni caso trovare accoglimento”.

2.1. In termini analoghi, il primo motivo del ricorso del Fallimento (OMISSIS) S.r.l. – da considerarsi incidentale – denunzia(va) la nullità del decreto per insanabile contrasto tra dispositivo e motivazione.

2.2. Peraltro, nelle memorie ex art. 378 c.p.c. entrambe le parti hanno dato atto che, successivamente, lo stesso tribunale ha accolto l’istanza di correzione di errore materiale proposta dalla curatela, escludendo dal dispositivo la prededuzione. Tuttavia, mentre la curatela fallimentare ha dichiarato il sopravvenuto difetto di interesse all’accoglimento del motivo, viceversa i ricorrenti principali hanno dedotto l’erroneità dell’ordinanza del 30/10/2017 con cui il Tribunale di Macerata ha accolto l’istanza ex art. 288 c.p.c., trattandosi asseritamente di “nullità insanabile”, da far valere “solo attraverso i normali mezzi di impugnazione”.

2.3. Entrambi i motivi in esame sono inammissibili per sopravvenuta carenza di interesse, e quello (più articolato) dei ricorrenti principali anche perchè, per un verso, trascura che il contrasto tra motivazione e dispositivo ben può essere eliminato attraverso la procedura di correzione di errore materiale (cfr. Cass. 26236/2019, 21618/2019, 668/2019), per altro verso fraintende la ratio decidendi della decisione impugnata, ove si statuisce che “il presupposto della funzionalità ex ante” era venuto meno a causa della consapevolezza dei professionisti circa la “mancanza dei fondi necessari per il versamento della somma” di cui alla L. Fall., art. 163, comma 2, n. 4.

3. Il secondo, il terzo e il quarto motivo del ricorso principale – con i quali si lamentano, rispettivamente, la violazione della L. Fall., art. 111, la “omessa insufficiente e contraddittoria motivazione” e la “errata interpretazione di un punto decisivo della controversia” possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi, e meritano accoglimento nei termini che seguono.

3.1. In sostanza, i ricorrenti si dolgono del mancato riconoscimento della prededuzione per il credito sorto dalla loro “attività di assistenza, consulenza e redazione della proposta di concordato preventivo per la (OMISSIS) S.r.l.” – poi dichiarata fallita – in quanto: per escludere la sussistenza del pacifico presupposto della funzionalità delle prestazioni rese dai ricorrenti, il tribunale “prende in considerazione un fatto successivo all’intervenuta ammissione alla procedura di concordato preventivo”, peraltro non riconducibile al loro operato, ossia l’avere essi “avvertito la società che il mancato versamento della cauzione, il cui reperimento era stato garantito dagli stessi clienti, avrebbe comportato la revoca dell’ammissione alla procedura di concordato” (secondo motivo); l’ammissione alla procedura di concordato era stata revocata non già per atti di frode dei quali i professionisti erano a conoscenza, bensì solo per il mancato deposito della cauzione (terzo motivo); non esiste alcun elemento oggettivo in base al quale il tribunale potesse “ipotizzare che i ricorrenti fossero a conoscenza di fatti che avrebbero giustificato la revoca” L. Fall., ex art. 173, comma 2, tale non potendo essere la doverosa informazione “circa la necessità di effettuare il versamento della cauzione e in ordine alle relative conseguenze per il mancato versamento” (quarto motivo).

3.2. In effetti il tribunale, dopo aver sostenuto che “il carattere fraudolento o meramente dilatorio e strumentale della richiesta di ammissione al concordato di cui il professionista consulente sia o comunque debba essere al corrente in ragione di indici manifesti ed inequivocabili esclude già ex ante ed in concreto quella funzionalizzazione alla procedura che costituisce il presupposto del beneficio della prededuzione”, ha affermato il venir meno del presupposto (pacifico) della funzionalità ex ante delle prestazioni rese dai professionisti ricorrenti in quanto essi sarebbero stati “ben consapevoli della mancanza dei fondi necessari per il versamento della somma di cui alla L. Fall., art. 163, comma 2, n. 4”, però traendo tale convincimento solo dalle “allegazioni contenute nella memoria autorizzata depositata il 3 aprile 2017, là dove, in particolare, si afferma che, “sebbene informato sulle possibili conseguenze connesse al mancato versamento della cauzione e pur avendo garantito la reperibilità della cauzione che (non bisogna dimenticarlo) può essere reperita anche altrove, (n.d.r. l’amministratore) non si è attivato e/o non è stato in grado di versare quanto disposto dal tribunale” (pag. 9)”.

3.3. Tale conclusione non è condivisibile, in quanto esorbitante rispetto al perimetro tracciato dalla giurisprudenza di questa Corte sulla nozione degli atti di frode L. Fall., ex art. 173, da intendersi: sul piano oggettivo, come condotte volte ad occultare circostanze idonee a influire sul giudizio dei creditori, con valenza potenzialmente decettiva in pregiudizio del loro “consenso informato”, in quanto inizialmente ignorate e successivamente accertate nella loro sussistenza (o anche solo nella loro completezza e integrale rilevanza) a fronte di una precedente rappresentazione del tutto inadeguata; sul piano soggettivo, come consapevolezza e volontarietà della condotta, senza che sia necessaria la dolosa preordinazione (ex multis, Cass. 25458/2019, 30537/2018, 16856/2018, 15695/2018, 15013/2018, 5273/2018, 17191/2014, 23387/2013, 13817/2011).

3.4. Con riguardo alla posizione che a tali fini può assumere il professionista incaricato dal debitore di predisporre gli atti necessari ai fini della presentazione della domanda di concordato preventivo, occorre muovere dalla premessa, invero condivisa dal giudice a quo, per cui i relativi crediti rientrano tra quelli sorti “in funzione” della procedura e, come tali, vanno soddisfatti in prededuzione ai sensi della L. Fall., art. 111, comma 2, nel successivo fallimento, senza che, ai fini di tale collocazione, debba essere accertato, con valutazione ex post, se la prestazione resa sia stata concretamente utile per la massa in ragione dei risultati raggiunti (ex plurimis, Cass. 33358/2018, 22467/2018, 12964/2018, 12017/2018, 1182/2018, 22450/2015, 19013/2014).

3.5. Orbene, è vero che, in base al precedente specificamente invocato dal tribunale, la prededucibilità del credito del professionista che ha predisposto la documentazione necessaria per l’ammissione al concordato preventivo può essere esclusa ove detta ammissione sia stata successivamente revocata per atti di frode dei quali il professionista stesso sia stato a conoscenza (Cass. 3218/2017, in un caso in cui “dalla relazione del commissario giudiziale erano emersi gravi atti di frode posti in essere nel periodo immediatamente precedente al deposito della domanda di concordato preventivo” dei quali, appunto, erano a conoscenza i professionisti della società).

3.6. Tuttavia, ben diversa è l’ipotesi di inadempimento dell’onere di deposito della somma stabilita dal tribunale in relazione alle spese che si presumono necessarie per l’intera procedura, L. Fall.ex art. 163, comma 2, n. 4), che solo proceduralmente è accomunato alla “revoca dell’ammissione al concordato” L. Fall., ex art. 173 (al cui comma 1 rinvia infatti la L. Fall., art. 163, comma 3), della quale non condivide il presupposto sostanziale del compimento di atti di frode.

3.7. Pertanto, affinchè il mancato versamento della somma necessaria per le spese di procedura possa essere equiparato al compimento di atti di frode – nei termini sopra indicati – e la conseguente revoca dell’ammissione al concordato possa travolgere anche la prededucibilità del credito del professionista, occorre che sia inequivocabilmente accertata la “partecipatio fraudis” di quest’ultimo all’atto fraudolento del debitore, come del resto afferma lo stesso tribunale, laddove sostiene che solo “indici manifesti ed inequivocabili” della consapevolezza del consulente circa “il carattere fraudolento o meramente dilatorio e strumentale della richiesta di ammissione al concordato” sono idonei ad escludere “ex ante ed in concreto” la natura funzionale dei crediti maturati dal professionista.

3.8. Appare dunque evidente che, secondo la stessa logica del giudice a quo, i suddetti indici di manifesta ed inequivocabile partecipazione del professionista alla (supposta) frode del debitore non sono affatto integrati dalla labile ed equivoca affermazione riportata in una memoria processuale – che il debitore, dopo essere stato avvertito delle possibili conseguenze del mancato deposito della somma in questione, ed averne garantito la reperibilità, “non si è attivato e/o non è stato in grado di versare quanto disposto dal tribunale”. Invero, la funzionalità ex ante delle prestazioni rese dal professionista al debitore che presenti una domanda di concordato preventivo non può restare inficiata da successivi inadempimenti del debitore che conducano – come appunto in caso di mancato deposito delle somme “pro expensis” L. Fall., ex art. 163, comma 2, n. 4) – alla revoca dell’ammissione al concordato preventivo, a meno che la condotta del debitore integri atti di frode, e ad essi abbia partecipato (o almeno di essi sia stato pienamente consapevole) il professionista.

3.9. La pronuncia merita perciò di essere cassata affinchè il tribunale valuti la natura prededucibile del credito per cui è causa facendo applicazione dei principi sopra richiamati.

4. Inammissibile è invece il quinto motivo del ricorso principale, che prospetta testualmente la “errata interpretazione del punto della controversia relativa al mancato riconoscimento dell’IVA in prededuzione L. Fall., ex art. 111 (ex art. 360, comma 1, n. 5)”, sia perchè non formulato secondo i canoni del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), – che impongono al ricorrente l’onere di indicare, in ossequio all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), il “fatto storico” il cui esame sia stato omesso, il “dato” (testuale o extratestuale) da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e, soprattutto, la sua “decisività” (ex plurimis, Cass. Sez. U, 8053/2014, 8054/2014, 1241/2015; Cass. 19987/2017, 7472/2017, 27415/2018, 6735/2020, 6485/2020, 6383/2020) – sia perchè privo di specificità, anche con riguardo all’adombrato errore revocatorio del tribunale.

5. Passando all’esame dei restanti motivi del ricorso incidentale proposto dalla curatela fallimentare, va in primo luogo rilevata l’infondatezza del terzo, con cui si deduce la violazione della L. Fall., artt. 98 e 99, per avere il tribunale ritenuto l’impossibilità di proporre, nei giudizi di impugnazione dello stato passivo fallimentare, domande riconvenzionali o impugnazioni incidentali.

5.1. Al riguardo, il Collegio condivide il consolidato orientamento di questa Corte – cui intende dare, de iure condito, continuità – in base al quale “l’opposizione allo stato passivo del fallimento (come disciplinata a seguito del D.Lgs. n. 169 del 2007), ancorchè abbia natura impugnatoria, costituendo il rimedio avverso la decisione sommaria del giudice delegato, non è un giudizio di appello, per cui il relativo procedimento è integralmente disciplinato dalla legge fallimentare, la quale prevede che avverso il decreto di esecutività dello stato passivo possano essere proposte solo l’opposizione (da parte dei creditori o dei titolari di diritti su beni), l’impugnazione (da parte del curatore o di creditori avverso un credito ammesso) o la revocazione. Ciascuno di tali rimedi, peraltro, può essere utilizzato, dal soggetto legittimato, esclusivamente entro il termine di cui alla L. Fall., art. 99, restando concettualmente inconfigurabile un’impugnazione incidentale, tardiva o tempestiva, atteso che, ove il termine sia ancora pendente, non può che essere proposta l’impugnazione a sè spettante, mentre, se sia ormai decorso, si è decaduti dalla possibilità di contestare autonomamente lo stato passivo” (Cass. 9617/2016; conf. Cass. 24489/2016, 21581/2018).

5.2. Altrettanto consolidato e meritevole di continuità è l’indirizzo di questa Corte per cui il giudizio di opposizione allo stato passivo, come ridisegnato dalla riforma del 2007, integra un riesame a cognizione piena del risultato della cognizione sommaria effettuata in sede di verifica, che esclude l’immutazione del thema disputandum e non ammette l’introduzione di domande riconvenzionali della curatela, senza tuttavia comprimerne il diritto di difesa, restando comunque possibile la formulazione di eccezioni non sottoposte all’esame del giudice delegato, anche di natura riconvenzionale, non operando (nonostante la sua natura impugnatoria) la preclusione di cui all’art. 345 c.p.c. in materia di ius novorum (Cass. 19003/2017; conf. Cass. 8929/2012; cfr. Cass. 22386/2019, 10528/2019).

6. Il secondo motivo denunzia la violazione o falsa applicazione dell’art. 1460 c.c., nella parte in cui il tribunale ha rigettato l’eccezione di inadempimento in quanto proposta dalla curatela non già per rifiutare l’adempimento della propria obbligazione, bensì solo per disconoscere strumentalmente il beneficio della prededuzione.

6.1. La censura è inammissibile poichè, nella sua vaghezza, non tiene debito conto della corretta ratio decidendi della decisione impugnata per cui, alla luce di quanto detto con riguardo al terzo motivo, la questione relativa al corretto adempimento della prestazione ai fini della sussistenza del credito doveva essere oggetto di autonoma impugnazione e non poteva essere trattata all’interno del giudizio di opposizione con cui il creditore aveva contestato la collocazione del credito, che era stato ammesso al rango privilegiato e chirografario, senza riconoscimento della prededuzione, essendosi ormai formato il giudicato endo-fallimentare sulla spettanza del diritto al compenso (negli stessi termini v. Cass. 21581/2018 cit.).

7. Alla luce delle superiori argomentazioni resta assorbito il quarto motivo – che censura il rigetto dell’istanza di rimessione in termini formulata dalla curatela per un asserito malfunzionamento del deposito telematico – avendo il tribunale comunque esaminato, “a prescindere dalla sua tardività”, l’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. di cui al secondo motivo.

8. Restano altresì assorbiti tutti i “motivi di ricorso incidentale” formulati dai ricorrenti C. e Cr. nel controricorso al ricorso incidentale della curatela fallimentare, trattandosi degli stessi motivi già proposti con il ricorso principale, sopra esaminati.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili il primo e il quinto motivo del ricorso principale. Dichiara inammissibili i primi due motivi del ricorso incidentale della curatela fallimentare, rigetta il terzo, assorbito il quarto. Accoglie i motivi secondo, terzo e quarto del ricorso principale, con assorbimento dei motivi del ricorso incidentale degli stessi ricorrenti. Cassa il decreto impugnato nei sensi di cui in motivazione e rinvia la causa al Tribunale di Macerata, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di versamento, a carico della curatela ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2020

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA