Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13595 del 02/07/2020

Cassazione civile sez. I, 02/07/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 02/07/2020), n.13595

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29945/2015 proposto da:

Arca Jonica, già IACP, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Piazza Di Villa Carpegna

58, presso lo studio dell’avvocato Petrini Marco, rappresentata e

difesa dall’avvocato Zeni Mariano, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

Comune di Crispiano, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Pietro Da Cortona 8,

presso lo studio dell’avvocato Mileto Salvatore, rappresentato e

difeso dall’avvocato Leone Domenica, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 261/2015 della CORTE D’APPELLO DI LECCE

SEZ.DIST. di TARANTO, depositata il 04/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/01/2020 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 261/2015 depositata il 4-6-2015, la Corte d’Appello di Lecce – sezione distaccata di Taranto – rigettava l’appello proposto da A.R.C.A. Jonica, già I.A.c.p., avverso la sentenza n. 1263/2010 del Tribunale di Taranto, con la quale era stata accolta la domanda del Comune di Crispiano nei confronti dello I.Ac.p. della provincia di Taranto e per l’effetto detta ultima parte era stata condannata al pagamento in favore del Comune della somma di Euro 215.217,20, oltre interessi legali di mora, a titolo di saldo del corrispettivo del diritto di superficie ceduto allo I.A.c.p., in virtù delle concessioni e delle relative convenzioni concluse ai sensi della L. n. 865 del 1971, art. 35 per l’esecuzione di interventi di edilizia residenziale pubblica nella zona “(OMISSIS)” del Comune di Crispiano. La Corte d’appello, nel confermare integralmente la sentenza impugnata, disattendeva l’eccezione di prescrizione sollevata dall’appellante, rilevando che il termine prescrizionale non poteva farsi decorrere dalla stipula delle convenzioni, concluse ai sensi della L. n. 865 del 1971, art. 35 nell’anno 1983, poichè il corrispettivo era stato stabilito solo provvisoriamente e salvo conguaglio, rinviando l’art. 15 delle citate convenzioni espressamente ad un momento successivo il pagamento dei corrispettivi. La Corte territoriale riteneva, altresì, corretta l’interpretazione delle due convenzioni effettuata dal Tribunale, che aveva commisurato il corrispettivo dovuto dallo I.A.c.p. a tutte le spese sostenute dal Comune di Crispiano per l’acquisizione delle aree, e non solo alle spese per il pagamento delle indennità di esproprio, mentre il costo degli oneri di urbanizzazione era stato sostenuto dall’I.A.c.p.. La Corte d’appello, in dettaglio, prendeva in esame le previsioni della L. n. 865 del 1971 e delle convenzioni e, in base all’interpretazione letterale e sistematica delle stesse, giungeva alla medesima conclusione esegetica espressa nella sentenza del Tribunale di Taranto impugnata.

2. Avverso questa sentenza, A.R.C.A. Jonica, già I.A.c.p. della Provincia di Taranto, propone ricorso affidato a due motivi. Il Comune di Crispiano si è costituito tardivamente, con controricorso notificato il 30-6-2017.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la parte ricorrente lamenta “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4”. Il ricorrente, nel censurare la sentenza impugnata in relazione al rigetto dell’eccezione di prescrizione della pretesa creditoria azionata dal Comune, deduce che il termine prescrizionale doveva farsi decorrere dalla stipula delle convenzioni, concluse ai sensi della L. n. 865 del 1971, art. 35 nell’anno 1983, sicchè non vi era necessità di individuare un diverso termine, nè detto termine doveva essere determinato d’ufficio. Rileva che, agli artt. 13 e 15 delle due convenzioni, era previsto che il prezzo di acquisizione del suolo riguardante le aree assegnate in diritto di superficie doveva essere “versato al Comune all’atto della stipula del contratto di cessione volontaria delle aree da parte dei proprietari espropriati o al momento dell’emissione dell’ordinanza di deposito della indennità di esproprio ai sensi della L. 22 ottobre 1971, n. 865 e successive modificazioni”, e che “all’infuori delle somme suddette nessun altra verrà richiesta al concessionario o ai suoi aventi causa a ragione per la concessione del diritto di superficie” (All. n. 12 e 13 fascicolo di primo grado). Ad avviso del ricorrente, pertanto, il dies a quo, per il tempestivo esercizio del diritto da parte del Comune, decorreva dalla data di stipula del contratto di cessione volontaria delle aree o, al più tardi, dalla data di emissione delle ordinanze di deposito delle indennità espropriative. Queste ultime erano antecedenti di oltre un decennio alla richiesta formulata dal Comune di Crispiano con la nota n. 5821 del 15/05/1998 e il termine prescrizionale era, pertanto, decorso.

2. Con il secondo motivo lamenta “Violazione dell’art. 1362 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 – Violazione e falsa applicazione della L. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 35 e art. 12 delle disp. gen. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”. Censura il ricorrente la sentenza impugnata per violazione degli artt. 1362 c.c. e segg., assumendo che, contrariamente alle conclusioni cui sono pervenuti i Giudici di merito, è proprio il tenore letterale delle convenzioni ad avvalorare la fondatezza della tesi difensiva del ricorrente Istituto, che si era impegnato a pagare al Comune solo il costo per l’acquisizione del suolo a mezzo di procedura espropriativa. Deduce che, infatti, proprio dal tenore delle convenzioni inter partes si desume che entrambi i contraenti intesero limitare il quantum dovuto a titolo di costo della concessione del diritto di superficie alla sola “indennità di esproprio ai sensi della L. 22 ottobre 1971, n. 805 e successive modificazioni”, facendo coincidere il pagamento al momento della determinazione di detta indennità, come si evince dagli allegati 13 e 15 prodotti nel precedente grado. Aggiunge che lo stesso Comune di Crispiano, con le citate convenzioni, diede espressamente atto che “all’infuori delle somme suddette nessun’altra verrà richiesta al concessionario o ai suoi aventi – causa a razione per la concessione del diritto di superficie” (pag. n. 9 e n. 10 dei citati allegati), così dovendosi escludere il diritto per il Comune di Crispiano di richiedere somme aggiuntive a quelle contrattualmente determinate, in conformità a quanto previsto dalla L. n. 865 del 1971, art. 35 come interpretato dalla giurisprudenza amministrativa che richiama.

3. I due motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono in parte inammissibili e in parte infondati.

3.1. Secondo il costante orientamento di questa Corte (tra le tante Cass. n. 20294/2014) nell’interpretazione del contratto, che è attività riservata al giudice di merito, censurabile in sede di legittimità solo per violazione dei canoni ermeneutici o vizio di motivazione, il carattere prioritario dell’elemento letterale non va inteso in senso assoluto, atteso che il richiamo nell’art. 1362 c.c. alla comune intenzione delle parti impone di estendere l’indagine ai criteri logici, teleologici e sistematici anche laddove il testo dell’accordo sia chiaro ma incoerente con indici esterni rivelatori di una diversa volontà dei contraenti;

pertanto, sebbene la ricostruzione della comune intenzione delle parti debba essere operata innanzitutto sulla base del criterio dell’interpretazione letterale delle clausole, assume valore rilevante anche il criterio logico-sistematico di cui all’art. 1363 c.c., che impone di desumere la volontà manifestata dai contraenti da un esame complessivo delle diverse clausole aventi attinenza alla materia in contesa, tenendosi, altresì, conto del comportamento, anche successivo, delle parti.

3.2. Nella fattispecie, la Corte d’appello, interpretando le clausole delle convenzioni stipulate mediante il criterio letterale, ha ritenuto, motivatamente, che il corrispettivo della concessione fosse stato determinato, negli atti negoziali, solo provvisoriamente e salvo conguaglio, e, quindi, non fosse affatto liquido ed esigibile alla data di stipula delle convenzioni, sì da far insorgere, da quel momento, l’azionabilità del diritto al corrispettivo e, di conseguenza, la decorrenza del termine prescrizionale. In particolare la Corte territoriale ha richiamato il chiaro tenore letterale degli artt. 13, 15 e 16 delle due convenzioni, nel senso sopra precisato. Parte ricorrente non si confronta con il suindicato percorso argomentativo, non confuta la chiara affermazione dei Giudici di merito circa il carattere solo provvisorio della determinazione del corrispettivo come indicato nelle convenzioni e si limita, inammissibilmente, solo a riproporre le deduzioni difensive svolte nel precedente grado di giudizio.

3.3. Con riferimento alla commisurazione del corrispettivo, ritenuto dai Giudici di merito comprensivo non solo dell’indennità di esproprio, ma anche delle somme versate per le transazioni concluse con alcuni tra i proprietari e di tutti gli esborsi sostenuti per l’acquisizione delle aree, la Corte territoriale ha fatto ricorso anche al criterio sistematico, oltre che a quello dell’interpretazione letterale, come chiaramente esplicitato nella sentenza (pag.12), con ampia e dettagliata motivazione. La Corte d’appello ha rimarcato, tra l’altro, che la liquidazione iniziale provvisoria salvo conguaglio stava proprio ad indicare la volontà delle parti di estendere il corrispettivo a tutti gli esborsi sostenuti per acquisizione delle aree, non essendo, invece, giustificabile detta previsione ove il riferimento fosse stato solo alle indennità di esproprio, che sono determinabili ex lege. Inoltre ha giustificato il ricorso anche al criterio logico-sistematico in ragione della equivocità di taluni termini ed espressioni rinvenuta nelle convenzioni, ha, perciò, effettuato l’indagine sulla volontà delle parti, quale desumibile dal coordinamento complessivo delle clausole delle due convenzioni e anche dalla condotta processuale, ravvisando così sussistente la scelta negoziale dello I.A.c.p. di assumere a suo carico tutte le spese comunque sostenute per l’acquisizione delle aree di seguito concesse in superficie.

Non ricorrono, pertanto, le violazioni di legge denunciate, avendo la Corte territoriale adeguatamente giustificato il ricorso al criterio ermeneutico sistematico nel senso precisato, una volta accertata l’inidoneità, ai fini della corretta ricostruzione della volontà delle parti, di quello letterale.

Neppure osta all’opzione interpretativa accolta dai Giudici di merito il disposto della L. n. 865 del 1971, art. 35 ponendosi, anzi, la norma ad ulteriore supporto di detta opzione, considerato che, come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, in tema di edilizia popolare ed economica, il corrispettivo della concessione del diritto di superficie, che dev’essere previsto nella convenzione di cui alla L. n. 865 del 1971, art. 35, comma 8, deve assicurare al Comune – in applicazione del principio del perfetto pareggio economico, disposizione inderogabile idonea ad integrare automaticamente il contenuto della convenzione – la copertura dei costi di acquisizione delle aree destinate alla realizzazione dei piani e delle sole opere di urbanizzazione funzionali alla loro edificabilità, sicchè l’ente è legittimato a pretendere l’eventuale differenza ove nella suddetta convenzione quel corrispettivo sia stato erroneamente determinato in misura inferiore ai costi effettivi (Cass. n. 6928/2016 e Cass. n. 20691/2016).

4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, nulla dovendo disporsi circa le spese di lite del giudizio di cassazione, stante la tardiva costituzione del Comune.

5. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2020

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