Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13594 del 02/07/2020

Cassazione civile sez. I, 02/07/2020, (ud. 19/12/2019, dep. 02/07/2020), n.13594

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35511/2018 proposto da:

O.I.M., elettivamente domiciliato in Roma, piazza

Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione,

rappresentato e difeso dall’avv. Guido Ernesto Maria Savio;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, domiciliato ex lege in Roma Via dei

Portoghesi 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di TORINO, depositato il 27/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/12/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

O.I.M., cittadino (OMISSIS) ((OMISSIS)), di fede (OMISSIS), ha proposto ricorso per cassazione, basato su quattro motivi, avverso il decreto del Tribunale di Torino n. 4801/2018, depositato il 27 settembre 2018 e comunicato in data 7 novembre 2018 a mezzo pec, di rigetto del ricorso dallo stesso proposto in primo grado e volto ad ottenere il riconoscimento della protezione sussidiaria o, in subordine, il riconoscimento della protezione umanitaria.

A fondamento della domanda il ricorrente ha sostenuto che: aveva avuto una relazione con una donna (OMISSIS), la quale era rimasta incinta; la coppia, desiderando sposarsi, aveva rappresentato la situazione alla famiglia della ragazza affinchè acconsentisse alla loro unione; tale famiglia aveva negato il proprio consenso alle nozze, essendo stata la giovane già promessa in matrimonio ad un altro uomo; il padre della ragazza aveva convocato il ricorrente a casa sua e lo aveva fatto picchiare da un gruppo di ragazzi; al ricorrente era stato intimato di non vedere più la ragazza e lo stesso era stato poi arrestato dalla polizia e detenuto per alcune settimane e poi rilasciato, dopo aver sottoscritto forzatamente un verbale in cui si impegnava a non vedere poi la sua compagna; nel frattempo la ragazza era stata costretta ad abortire e lo aveva poi raggiunto a casa sua in gravi condizioni di salute; il ricorrente aveva condotto la giovane in ospedale dove la stessa era poi deceduta; il padre della ragazza aveva quindi denunciato per rapimento e omicidio il ricorrente che, venuto a sapere di essere ricercato dalla polizia, aveva lasciato il suo Paese, temendo per la sua incolumità.

In particolare il primo Giudice ha ritenuto che non era credibile il racconto del ricorrente e che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto riguardo anche alla situazione del Paese di provenienza del ricorrente, descritta nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza.

Il Ministero dell’Interno ha depositato atto di costituzione al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, denunciando “omessa valutazione di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 Violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3 del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3”, il ricorrente lamenta che il Tribunale abbia omesso di valutare sia un fatto storico controverso e deciso (l’essere stato il ricorrente accusato di rapimento e omicidio da parte delle autorità) che, se tenuto in debita considerazione, avrebbe portato ad una diversa conclusione in ordine alla credibilità e verosimiglianza della vicenda narrata, sia una prova documentale a supporto delle dichiarazioni rese (copia del mandato di arresto, contenente le accuse nei confronti del ricorrente da parte della polizia) prodotta sia in sede di audizione dinanzi alla Commissione di Novara sia in sede di ricorso in primo grado. Il ricorrente denuncia, altresì, che non è stata neppure esaminata la documentazione fotografica prodotta in copia in allegato prodotta memoria del 5 giugno 2018 inviata in via telematica a supporto delle dichiarazioni rese, a dimostrazione, cioè, dei danni cagionati alla sua abitazione a seguito degli atti di violenza e di intimidazione subiti.

1.1. La censura è fondata.

Ed invero effettivamente dal decreto impugnato non risulta in alcun modo che il Tribunale abbia preso in considerazione e valutato il fatto secondario e decisivo allegato dal ricorrente, l’essere stato cioè accusato di rapimento e di omicidio da parte delle autorità, nè emerge in alcun modo che quel Giudice abbia esaminato la suddetta documentazione prodotta a supporto dei fatti secondari allegati (con particolare riferimento al mandato di arresto), nonostante la decisività di tale fatto e della documentazione depositata, al fine di inquadrare la complessiva vicenda e di ritenere o meno credibile e verosimile il racconto del ricorrente.

Quanto appena evidenziato integra il denunciato vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (arg. ex Cass., ord., 6/07/2018, n. 17720) e comporta l’accoglimento del motivo all’esame.

2. All’accoglimento del primo motivo consegue l’assorbimento dei rimanenti mezzi proposti.

3. Conclusivamente, va accolto il primo motivo; assorbiti gli altri; il decreto impugnato va cassato e la causa va rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Torino, in diversa composizione.

4. Stante l’accoglimento del ricorso, va dato atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Torino, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 19 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2020

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