Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13591 del 30/05/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 13591 Anno 2013
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: NAPOLETANO GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso 6819-2008 proposto da:
F GNI>A133e1A

AGNELLO AIDArelettivamente domiciliata in ROMA, LARGO
ANTONELLI 4, presso lo studio dell’avvocato COSTANZO
ANDREA, rappresentata e difesa dall’avvocato GARILLI
ALESSANDRO, giusta delega in atti;
– ricorrente 2013
1080

contro

POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI e associati,
è

Data pubblicazione: 30/05/2013

rappresentata e difesa dall’avvocato GRANOZZI GAETANO,
giusta delega in atti;
– controricorrente
avverso la sentenza n.

205/2007

della CORTE D’APPELLO

di PALERMO, depositata il 05/03/2007 R.G.N. 903/2006;

udienza del

26/03/2013

dal Consigliere Dott. GIUSEPPE

NAPOLETANO;
udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega GRANOZZI
GAETANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. COSTANTINO FUCCI che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

RG 6819-08
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Palermo, confermando la sentenza di primo grado,
rigettava la domanda di Agnello Aida proposta nei confronti della
società Poste Italiane, di cui era stata dipendente, avente ad oggetto

dalla predetta società e tanto previa declaratoria della transazione
sottoscritta in data 20 novembre 2011.

La Corte del merito riteneva che l’impugnazione del licenziamento era
preclusa dall’intervenuta transazione con la quale era stata
accettata, secondo le previsioni di cui all’ accordo sindacale in data
17 ottobre 2001, la risoluzione incentivata del rapporto di lavoro.
Secondo i giudici di appello, infatti, andava esclusa l’impugnabilità
della transazione ai sensi dell’art. 2113 cc in quanto la stessa aveva
ad oggetto la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro e non
diritti indisponibili, non rilevando la previsione che la somma
pattuita quale incentivazione all’esodo fosse stata riferita anche ad
altri diritti della lavoratrice, stante l’autonomia della clausola
relativa all’estinzione del rapporto e la totale indeterminatezza del
contenuto degli altri diritti indicati.

Avverso questa sentenza Aida Agnello ricorre in cassazione sulla base
di cinque censure.
Resiste con controricorso la parte intimata che deposita, altresì,
memoria illustrativa.

l’impugnativa del licenziamento per riduzione di personale intimatole

MOTIVI DELLE DECISIONE

:

Innanzitutto va dichiarata l’inammissibilità delle censure di cui ai
motivi secondo, terzo, quarto e quinto del ricorso. Si tratta, infatti,
di questioni attinenti alla fondatezza nel merito dell’impugnazione del
decisum

della sentenza impugnata che ha

ritenuto il relativo esame precluso dal contratto di transazione.
Pertanto anche in caso di cassazione della sentenza di appello in
accoglimento del primo motivo di ricorso, tali questioni non possono
trovare ingresso nel giudizio di legittimità.

Con la prima censura la ricorrente, deducendo violazione degli artt.
2113 e 1362 cc nonché erronea e contraddittoria motivazione, pone, ex
art. 366 bis cpc i seguenti quesiti:l.”se nell’ipotesi di dimissioni o
risoluzione consensuale poste in essere nell’ambito di un complesso
atto negoziale che investa molteplici diritti del lavoratore,
riconosciuti da norme inderogabili e dall’autonomia collettiva, l’art.
2113 cc dispiega i propri effetti nei confronti dell’intero atto
soltanto se la clausola relativa alle dimissioni sia strettamente
connessa ad altre, e non già se risulti distinta ed autonoma”; 2.” Se
una rinunzia che abbia ad oggetto eventuali e non precisati diritti del
lavoratore sia radicalmente nulla si sensi dell’art. 1418 cc e non
semplicemente annullabile con conseguente applicazione del termine
perentorio per l’impugnazione previsto dall’art. 2113 cc, che opera in
relazione alla rinuncia di diritti maturati, concreti ed individuati
dal rinunciante”.
,

2

licenziamento estranee al

La censura, alla luce di specifici precedenti di questa Corte(Cass. 8
gennaio 2009 n. 1719 e Cass. 13 agosto 2009 n.18285), pienamente
condivisi dal Collegio, è infondata.

Al riguardo è opportuno rimarcare che la giurisprudenza della Corte ha
più volte ribadito che il diritto del lavoratore di impugnare le
proprie dimissioni ha carattere disponibile e si sottrae, pertanto,
all’ambito di applicazione dell’art. 2113 cc, a meno che lo
scioglimento del rapporto ad iniziativa del lavoratore non si inscriva
in un più ampio contesto negoziale, avente quale contenuto anche altri
diritti del prestatore derivanti da disposizioni inderogabili di legge
o dell’autonomia collettiva(Cass. 12 marzo 1998 n. 2716, cui adde tra
le altre Cass. 21 agosto 2003 n. 12301; Cass. 28 marzo 2003 n. 4780;
Cass. 20 novembre 1997 n. 11581).

Parallelamente si è ritenuto che nel caso in cui la risoluzione
consensuale del rapporto di lavoro, o le dimissioni, (riferibili ad un
diritto disponibile del lavoratore e quindi sottratte alla disciplina
dell’art. 2113 cc) siano poste in essere nell’ambito di un contesto
negoziale complesso, il cui contenuto investa anche altri diritti del
prestatore derivanti da disposizioni inderogabili di legge o
dall’autonomia collettiva, il precetto posto dall’art. 2113 cc cit.,
trova applicazione in relazione all’intero contenuto dell’atto (che è
quindi soggetto a impugnazione), sempre che la clausola relativa alle
dimissioni non sia autonoma ma strettamente interdipendente con le
altre e che i diritti inderogabili transatti siano noti e specificati,

:

non potendosi desumere da una formula generica contenuta in una
clausola di stile (Cass. 21 agosto 2003 n. 12301 cit.).

Nel caso di specie, i giudici di appello hanno escluso che si fosse in
presenza di un atto complesso di questo genere, sottolineando in

del rapporto lavorativo che trovava fondamento per l’attuale ricorrente
– come per altri numerosi dipendenti della società Poste – in un
corrispettivo incentivante la cessazione del rapporto lavorativo
nell’ambito di una ampia ristrutturazione produttiva della stessa
società, datrice di lavoro.

La Corte del merito nel pervenire a tale conclusione ha percorso, come
già sottolineato da questo giudice di legittimità – nei precedenti
richiamati in premessa – proprio con riferimento a decisioni della
Corte di Palermo recanti la stessa motivazione, un

iter argomentativo,

che per essere congruo, privo di salti logici e rispettoso dei principi
ermeneutici codicistici si sottrae ad ogni censura in questa sede di
legittimità.
Infatti, si è rilevato, l’interpretazione operata dalla sentenza
impugnata si è basata su di una attenta lettura del contenuto
dell’accordo transattivo, che ha portato – in ragione del contesto
generale che l’ha originato – a concludere che la rinunzia a diritti valutabili come indisponibili – era nel caso di specie una mera
clausola di stile e che, di contro, l’unico effettivo oggetto dell’atto

conciliativo fosse un diritto rinunziabile e disponibile, quale quello
di recedere dal rapporto lavorativo.

proposito come l’oggetto della transazione fosse solo la risoluzione

Il primo motivo va, quindi, rigettato dichiarandosi gli altri
inammissibili.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.

gli altri motivi. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di legittimità liquidate in C 50,00 per esborsi ed C 3000,00
per compensi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 26 marzo 2013
Il Presidente

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso e dichiara inammissibili

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