Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13591 del 21/06/2011

Cassazione civile sez. III, 21/06/2011, (ud. 05/05/2011, dep. 21/06/2011), n.13591

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – rel. Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.L. (OMISSIS), ME.LU.

(OMISSIS), G.E. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TARQUINIO PRISCO 12, presso lo

studio dell’avvocato ROCCO TAVERNA, rappresentati e difesi

dall’avvocato ARRICALE VINCENZO giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

CASSA RISPARMIO PROVINCIA VITERBO S.P.A. (OMISSIS), in persona

del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale

rappresentante pro tempore Avv. P.A., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA ELEONORA DUSE 35, presso lo studio

dell’avvocato VASSALLI FRANCESCO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato PAPPALARDO FRANCESCO giusta delega a margine

del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1405/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

SEZIONE QUARTA CIVILE, emessa il 27/02/2008, depositata il 02/04/2008

R.G.N. 9953/2004 e 10792/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/05/2011 dal Consigliere Dott. FULVIO UCCELLA;

udito l’Avvocato ARRICALE VINCENZO;

udito l’Avvocato PANTALANI STEFANO (per delega dell’Avv. VASSALLI

FRANCESCO);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che concluso con il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 12 novembre 2003 il Tribunale di Viterbo condannava la CARIVIT al risarcimento dei danni subiti da G.E., M.L. e Me.Lu., liquidandoli in Euro 46.503, oltre interessi legali dalla domanda al saldo, somma pari alla differenza tra il valore commerciale che un capannone industriale, ipotecato in forza di decreto ingiuntivo del 1986 dalla CARIVIT, di proprietà dei coniugi M. – G., quali fideiussori dell’obbligata principale Cartaria Cartotecnica Centrosud s.p.a., in seguito semplicemente C.C.C, s.p.a., aveva nel 1990 e quello che aveva nel 1995, quando l’immobile, dato il persistere del vincolo ipotecario, con rogito notarile del 29 dicembre 1995 venne alienato.

Le attrici in primo grado impugnavano la decisione con atto del 12 novembre 2004 e successivamente notificavano alla CARIVIT il 10 dicembre 2004 “atto di riassunzione di citazione in appello”.

La CARIVIT dispiegava appello incidentale, chiedendo la riforma della sentenza.

I due procedimenti venivano riuniti e il 2 agosto 2008 la Corte di appello di Roma rigettava l’appello principale, accoglieva l’appello incidentale e compensava per metà le spese di entrambi i gradi.

Avverso siffatta decisione propongono ricorso per cassazione G.E., Lu. e M.L. nella qualità di eredi di M.R. ed in proprio, affidandosi a due motivi.

Resiste con controricorso la CARIVIT. Le parti hanno depositato rispettive memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Prima di esaminare i motivi del ricorso ritiene il Collegio precisare quanto segue.

1. – Con sentenza del 10 marzo 1993 il Tribunale di Viterbo, adito da G.E., Me.Lu. e M.L., queste ultime due intervenute quali eredi del proprio padre, deceduto, M.R., accertava la illegittimità del rifiuto opposto dalla Cassa di risparmio di Viterbo (la CARIVIT) alla cancellazione della ipoteca iscritta sui beni personali dei coniugi G. – M., costituitisi fideiussori personali della C.C.C, s.p.a, benchè tra le parti fosse intervenuta una transazione pienamente onorata, per cui il Tribunale condannava la CARIVIT al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede.

La sentenza veniva confermata dalla Corte di appello di Roma il 3 luglio 1996 e passava in giudicato in mancanza di ricorso per cassazione.

Con citazione del 28 dicembre 1998 G.E., vedova M., L. e Me.Lu. nella qualità di eredi del M.R. adivano di nuovo il Tribunale di Viterbo per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito di quel rifiuto, accertato in via definitiva, della CARIVIT. Il Tribunale, come detto, accoglieva la domanda, mentre la Corte di appello la rigettava, sostanzialmente per difetto di prova sugli asseriti danni subiti.

2. – Ed ancora, prima di passare all’esame del ricorso, va detto che va respinta la eccezione di inammissibilità dello stesso formulata dalla resistente.

E ciò sul rilievo che nel primo atto di appello le attuali ricorrenti agirono nella qualità di eredi ed il c.d. atto di citazione in riassunzione è stato dichiarato inammissibile proprio nella parte in cui le appellanti avevano dichiarato di agire in proprio.

3. – Ciò posto, con il primo motivo ( violazione art. 360 c.p.c., n. 5; omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa fatto controverso e decisivo per il giudizio; violazione del principio nemo plus juris in alium transferre potest quam ipse habet), di natura processuale e, peraltro, già sottoposto all’esame del giudice dell’appello, le ricorrenti lamentano che erroneamente il giudice del merito avrebbe ritenuto validamente esercitato dalla CARIVIT lo jus postulandi, essendo, a loro avviso, invalide le procure speciali in forza delle quali la CARIVIT ha agito in giudizio.

In estrema sintesi, le ricorrenti assumono che, in ragione del contenuto della procura rilasciata al rag. P., questi non poteva incaricare la società Intesa Gestione crediti s.p.a. quale mandataria e conseguentemente quest’ultima, per la invalidità della predetta procura, non poteva, a sua volta, nominare un procuratore speciale che avrebbe poi investito dello jus postulandi i difensori.

Le ricorrenti si soffermano molto sul fatto che nell’esaminare la formulazione letterale della procura il giudice dell’appello abbia ritenuta “esemplificativa” la dizione circa la “gestione dell’attività di recupero dei crediti insofferenza”e ritengono che detta procura non fosse esemplificativa, ma contenesse il limite ben preciso dei poteri del P. e, poichè non vi era alcun contratto di mutuo e la ipoteca venne iscritta in base ad un decreto ingiuntivo, non si poteva negare, nella specie, la inconsistenza di alcun potere in capo al P..

Ne conseguirebbe la dichiarazione di contumacia della CARIVIT in fase di appello e, quindi, non si sarebbe potuto esaminare l’appello incidentale della CARIVIT, essendo la stessa rimasta assoggettata alle decadenze e preclusioni di cui all’art. 167 c.p.c. (p. 10 ricorso).

4. – La articolata censura va disattesa nel suo duplice profilo.

Sotto il profilo del vizio di motivazione essa manca del necessario momento di sintesi e non se ne rinviene l’autosufficienza perchè si riportano estremi di documenti, ma non ne viene trascritto il contenuto.

Sotto il secondo profilo si affronta, invece, il punto centrale del problema, ovvero quello della interpretazione della procura conferita al P., nominato procuratore speciale dal Presidente della CARIVIT e sulla decadenza ex art. 167 c.p.c. in cui sarebbe incorsa la CARIVIT. In punto di fatto, e per migliore comprensione della censura, va detto quanto segue.

Il procuratore speciale della CARIVIT, il P., era munito di rappresentanza per la gestione dei crediti in sofferenza e incaricò la Intesa Gestione Crediti; questa conferì procura speciale ad un certo Marco Tomassini il 14 novembre 2001 e questi, a sua volta, conferì la procura ad litem agli avv. Vassalli e Pappalardo.

Ad avviso delle ricorrenti la procura del 14 novembre 2001 non sarebbe stata depositata e, dovendosi partire dalla procura conferita al P., la mandataria società non aveva alcun valido potere di conferire lo jus postulandi. Sul punto, il giudice dell’appello ha preso atto della procura rilasciata al P. e, ha preso atto che, anche se in memoria di replica, risultava allegata nuova delega in favore dei difensori rilasciata dal Presidente della CARIVIT, che ratificava le precedenti procure a detti difensori p.9 sentenza impugnata), per cui vi sarebbe stata una sanatoria ex tunc della eventuale irregolarità della stessa, tenuto conto del fatto che trattandosi di persona giuridica deve consentirsi la tardiva produzione dell’atto, che è giustificata dal fatto che l’effettiva contestazione dei poteri è avvenuta solo con la comparsa conclusionale e la replica costituiva, quindi, la prima risposta utile (p. 10 sentenza impugnata).

Questo argomentare ha ricevuto l’autorevole avallo di S.U. n. 9217/10, seguita, di recente, da Cass. n. 17683/10, secondo le quali il giudice “deve” promuovere la sanatoria, indipendentemente dalle cause del prodotto difetto, senza il limite derivante dalle decadenze processuali, per cui non si può parlare di decadenza.

Peraltro, il giudice dell’appello, esaminando la formulazione letterale della procura rilasciata al P. non l’ha ritenuta invalida perchè ha applicato il principio in virtù del quale il potere di rappresentanza processuale, con la relativa facoltà di nomina dei difensori ex art. 77 c.p.c., non può essere disgiunto dal potere di rappresentanza sostanziale (con richiamo di giurisprudenza di questa Corte: Cass. n. 15026/05; cui da aggiungere Cass. N. 8435/06; Cass. n. 4485/09).

Ora, se corrisponde al vero che l’ipoteca fu iscritta a seguito del decreto ingiuntivo, è, altresì, vero che la somma indicata in quel decreto riguardava un finanziamento alla società C.C.C., per lo svolgimento della sua attività e di cui i coniugi G. – M. erano fideiussori personali.

Quindi, allorchè la CARIVIT si accorse che il finanziamento costituiva un suo credito in sofferenza, è divenuto operativo il contenuto della procura conferita al P., non trascurandosi di osservare che la procura per la gestione dei crediti in sofferenza, è un fatto di comune esperienza, importa di per sè la possibilità di compiere ogni atto utile al recupero degli stessi, per cui quel che vale ad ogni conto è la rappresentanza sostanziale, che certamente era in capo al P., senza la quale non vi è potere di nominare difensori per la rappresentanza processuale, anche perchè per tali fini non è necessaria la specificità, aprioristica, dei singoli rapporti in relazione ai quali è per l’appunto prevista la rappresentanza sostanziale.

Del resto, va ulteriormente sottolineato che le ricorrenti non contestano in alcun modo la esistenza della procura conferita ai difensori nella comparsa conclusionale di replica del 4 febbraio 2008 a firma del legale rappresentante p.t. della CARIVIT, che ratificava le precedenti procure a detti difensori conferite, come pure la condotta difensiva precedente da essi tenuta e segnatamente quanto da essi dedotto.

3. – Il secondo motivo sulla compensazione per la metà delle spese di primo grado è assolutamente infondato, stante la più che ragionevole e congrua motivazione sulla sussistenza dei giusti motivi, senza che il giudice dell’appello sia incorso in qualche violazione delle norme al riguardo. Conclusivamente, il ricorso va respinto e le spese, che seguono la soccombenza, vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 4.700,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori, come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2011

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