Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13589 del 30/05/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 13589 Anno 2013
Presidente: BANDINI GIANFRANCO
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

SENTENZA

sul ricorso 14640-2008 proposto da:
ATP – AZIENDA TRASPORTI PROVINCIALI S.P.A., in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DI RIPETTA 22, presso lo
studio dell’avvocato VESCI GERARDO, che la rappresenta
e difende unitamente agli avvocati PUGLIESE ANTONIO,
2013

PUGLIESE PAOLO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

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contro

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE

80078750587,

in

persona

del

legale

Data pubblicazione: 30/05/2013

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
avvocati CORETTI ANTONIETTA, MARITATO LELIO, LUIGI
CALIULO, giusta delega in atti;
controrícorrente

avverso la sentenza n. 1345/2008 della CORTE D’APPELLO
di GENOVA, depositata il 23/01/2008 R.G.N. 664/2006;
avverso la sentenza n. 122/2006 della CORTE D’APPELLO
di GENOVA, depositata il 16/02/2006 R.G.N. 930/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/03/2013 dal Consigliere Dott. FEDERICO
BALESTRIERI;
udito l’Avvocato PANICI PIERLUIGI per delega VESCI
GERARDO;
udito l’Avvocato D’ALOISIO CARLA per delega MARITATO
LELIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
Con ricorso al Tribunale di Chiavari la Tigullio Pubblici Trasporti
s.p.a., chiedeva all’INPS la restituzione della somma di lire
349.953.045, quale credito per contributi versati ma non dovuti per
effetto di compensazione, così come accertata in precedente

Esponeva che l’Istituto aveva accettato, seppure con ritardo, la
compensazione ma riteneva di essere ancora in credito nei
confronti dell’azienda; al fine di ottenere la certificazione di
regolarità contributiva (utile per accedere a vari benefici) la TPT
provvedeva al pagamento con riserva della somma di lire
349.953.045, costituente la pretesa creditoria dell’INPS, e
procedeva, quindi, ad agire in sede giudiziaria per ottenerne la
restituzione della predetta somma, oltre alla ulteriore somma di lire
11.091.543 derivante da un analogo pagamento in eccesso relativo
ad un diverso periodo contributivo.
SI costituiva in giudizio l’INPS contestando la domanda ed
esponendo, a sua volta, di essere ancora creditore nei confronti
della socie, cò in quanto quest’ultima, nell’operare la
compensazione con i contributi correnti, aveva ecceduto il limite del
proprio credito, determinando, in tal modo, il mancato pagamento
della contribuzione dovuta successivamente all’estinzione per
compensazione del debito.
Esperita c.t.u. contabile, il Tribunale condannava l’INPS al
pagamento della somma di L. 100.766.690 e di L. 11.158.442.
Awerso tale pronuncia proponeva appello l’INPS; resisteva la
società.
Con sentenza depositata il 16 febbraio 2006, la Corte d’appello di
Genova respingeva le domande proposte dalla TPT nei confronti
dell’INPS.
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giudizio, oltre alla somma di lire 11.091.543, con interessi legali.

La Corte d’appello evidenziava che la compensazione in senso
proprio presuppone l’autonomia dei due crediti, con la conseguenza
che, quando si tratti di un unico rapporto, la questione si riduce ad
un semplice calcolo di dare e avere, che pub essere compiuto
d’ufficio dal giudice.

le parti e pertanto doveva solo esaminarsi se la TPT avesse pagato
pi:i del dovuto o meno. Accertava che in concreto la TPT, avendo
un credito, defalcò da esso il debito contributivo che maturava
mensilmente verso l’INPS, errando tuttavia per quanto riguardava
il mese di dicembre 1992, con la conseguenza che la società non
era morosa dopo il conguaglio del mese di novembre, ma lo
divenne dal mese di dicembre 1992, versando solo parzialmente le
contribuzioni dovute, sicché dal dicembre 1992 erano anche dovute
le sanzioni previste dalla legge, risultando così infondato il richiamo
all’art. 1227 c.c. da parte della TPT, così come risultava infondato il
richiamo all’art. 5, comma 4, della L.n. 48\88 -che prevede
benefici per talune particolari categorie di aziende in caso di
omesso pagamento di contributi per ritardo nei finanziamenti
pubblici- posto che l’omissione contributiva in esame non era stata
determinata dalla mancata erogazione di tali finanziamenti, tanto ‘AI
che la PTP aveva documentato un mancato finanziamento pubblico
solo per il mese di settembre 1993.
Con successivo ricorso la Azienda Trasporti Provinciali s.p.a. (ATP,
già TPT) chiedeva alla medesima Corte genovese la revocazione
della precedente sentenza, per non avere la Corte considerato che
il mancato finanziamento pubblico del settembre 1993 non
escludeva l’omissione contributiva di maggiore importo, derivata
tuttavia dalle difficoltàfinanziarie dell’azienda, ma escludeva invece
quella conseguente alla ritardata contribuzione per il mese di luglio
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Nel caso in esame vi era dunque un unico rapporto assicurativo tra

1993, ove non si discuteva di alcun conguaglio ma di pura e
semplice applicazione dell’art. 5,comma 4, della L. n.48\88.
La Corte d’appello di Genova, con sentenza depositata il 23 gennaio
2008, rigettava il ricorso per revocazione.
Riteneva la Corte che il fatto che geneò il debito contributivo non

un errore contabile imputabile alla TPT, che in ogni caso avrebbe
comportato il debito, e che lo stesso valeva anche quanto alla
somma di L.11.091.543, difettando qualsivoglia nesso causale tra il
ritardato pagamento dei contributi ed il finanziamento da parte
della Provincia.
Per la cassazione di entrambe le sentenze propone ricorso la ATP
s.p.a., affidato a due motivi, poi illustrati con memoria.
Resiste l’INPS con controricorso.
Motivi della decisione
Deve pregiudizialmente evidenziarsi che nella specie non è stato
dedotto, ma risulta dalla seconda sentenza, che vi sia stato un
provvedimento di sospensione del termine per ricorrere per
cassazione la prima sentenza ex art. 398 c.p.c. Ne consegue
l’ammissibiliti del presente ricorso, pur notificato nel maggio 2008,
avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova n.122\06,
depositata il 16 febbraio 2006.
1.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa
applicazione dell’art. 1227 c.c.; dell’art. 3 L. n. 241\90 e 132 n. 4
c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.).
Lamenta che nella specie l’INPS rispose alle comunicazioni che
annunciavano la compensazione solo a distanza di due anni, in
contrasto con quanto stabilito dall’art. 2 L. n. 241\90 che prevede
nei procedimenti amministrativi l’obbligo di risposta nel termine di
trenta giorni, ed in violazione dell’art. 1227 c.c., posto che la
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derivava dal ritardo nell’erogazione di finanziamenti pubblici, ma da

dovuta tempestiva risposta avrebbe evitato il danno subito dalla
PTP.
Il motivo è in parte inammissibile e per il resto infondato.
Inammissibile per contrasto col principio di autosufficienza, non
essendo riportato, ré prodotti i relativi documenti, il contenuto

Occorre al riguardo osservare che seppure la mancata produzione
documentale, ai fini della procedibili ti del ricorso ex art. 369 c.p.c.,
pii) essere assolta mediante l’indicazione dell’esatta ubicazione dei
documenti medesimi all’interno dei fascicoli di causa (Cass. sez. un.
n. 22726\11), è altrettanto necessario, ai fini dell’autosufficienza
del ricorso e del requisito di specifici ti di cui all’art. 366 c.p.c., che
la parte chiarisca il contenuto dei documenti invocati (Cass. ord. n.
4220\12; Cass. ord. 30 luglio 2010 n. 17915).
Il motivo è per il resto infondato, posto che le invocate norme sul
procedimento amministrativo, di cui alla L. 7 agosto 1990 n. 241,
non rilevano nella controversia previdenziale, ove una delle parti sia
l’INPS (Cass. n. 2804\03; Cass. n. 9986\09).
Deve poi rilevarsi che nella specie, come esattamente affermato
dalla Corte territoriale, sì trattb di un errore della TPT che non plò
addossarsi all’INPS per non aver risposto nei tempi di cui alla citata
ed inapplicabile L. n. 241\90; senza poi considerare che non risulta
censurato l’accertamento della Corte territoriale secondo cui, anche
in caso di risposta tempestiva dell’INPS, si sarebbe comunque
verificata l’inadempienza, non potendo l’Istituto interloquire
nell’autoliquidazione effettuata dalla socie. Risulta così infondata
anche la doglianza inerente la violazione dell’art. 1227 c.c.
2. Con il secondo motivo la socie lì denuncia una insufficiente
motivazione, ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., in merito
all’affermazione secondo cui non vi sarebbe stata prova del fatto
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delle “comunicazioni che annunciavano la compensazioneP.

che la sovracompensazione del novembre-dicembre 1992 ed il
parziale mancato pagamento del luglio 1993 sarebbero stati dovuti
a difficoltà economiche legate alla mancata percezione di contributi
pubblici.
Lamenta di aver tempestivamente dedotto e documentato le

versamento del finanziamento pubblico, e che tale documentazione
non era stata contestata dall’INPS che si era piuttosto difeso
sostenendo l’inapplicabilità alla TPT della L. n. 48\88.
Il motivo è infondato.
L’art. 4, comma 5, della L. n. 48\88 (poi abrogato dall’art. 1,
comma 225, della L. n.662\96) stabiliva: “In caso di omesso o
ritardato versamento dei contributi o premi da parte di enti non
economici e di enti, fondazioni e associazioni non aventi fini di
lucro, la somma aggiuntiva è ridotta fino ad un tasso inferiore a
quello degli interessi legali, secondo criteri stabiliti dagli enti
impositori, qualora il ritardo o l’omissione siano connessi alla
documentata ritardata erogazione di contributi e finanziamenti
pubblici previsti per legge o convenzione”.
Rileva al riguardo la Corte che la società per azioni Tigullio Pubblici
Trasporti (TPT) non plì) annoverarsi tra gli enti non economici o tra
gli enti, fondazioni e associazioni non aventi fini di lucro. D’altro
canto la norma si riferisce solo alle somme aggiuntive, sicché
rileverebbe, ove applicabile, solo con riferimento ad esse e non gil
ai contributi dovuti.
La società ricorrente, infine, non chiarisce, a parte quanto accennato
in tema di applicabilità dell’art. 5 L. n. 48\88, il nesso causale tra la
ritardata erogazione di contributi pubblici e l’omissione contributiva,
ré per quale (altra) ragione le proprie difficoltà finanziarie avrebbero
dovuto escludere la debenza dei contributi dovuti all’INPS.
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difficolfì finanziarie in cui versava l’azienda a causa del mancato

3. Il ricorso deve pertanto rigettarsi.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la
socccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento

esborsi ed E. 6.500,00 per compensi, oltre accessori di legge.

Co à deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 marzo 2013

delle spese del presente giudizio di legittimità, pari ad E.50,00 per

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