Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13587 del 04/07/2016


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Cassazione civile sez. lav., 04/07/2016, (ud. 23/03/2016, dep. 04/07/2016), n.13587

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15072-2011 proposto da:

P.I. S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.R., C.F. (OMISSIS);

– intimato –

Nonchè da:

M.R. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA RENO 21, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO

RIZZO, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

P.I. S.P.A. C.F. (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 4506/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 26/05/2010 R.G.N. 9058/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/03/2016 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY;

udito l’Avvocato BONFRATE FRANCESCA per delega verbale Avvocato

FIORILLO LUIGI;

udito l’Avvocato RIZZO ROBERTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale, inammissibilità del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Roma, con la sentenza n. 4506 pubblicata il 26.5.2010, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa sede, dichiarava l’illegittimità del termine apposto al contratto stipulato tra M.R. e P.i. s.p.a., per il periodo dal 1.6.2004 al 15.9.2004, con inquadramento quale impiegato, livello professionale E, per lo svolgimento di attività di addetto CRP Junior, e l’esistenza tra le parti di un contratto di lavoro a tempo indeterminato, con la condanna della società convenuta al ripristino del rapporto, nonchè al pagamento a titolo di risarcimento dei danni delle retribuzioni maturate dalla data della costituzione in mora del datore di lavoro (16.10.2004) sino alla scadenza del triennio successivo alla cessazione del rapporto (15.9.2007).

Il termine era stato apposto ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, “per ragioni di carattere sostitutivo correlate alla specifica esigenza di provvedere alla sostituzione del personale addetto al servizio di smistamento e movimentazione carichi presso il Polo Corrispondenza Lazio, assente nel periodo dal 1.6.2004 al 15.9.2004”. La Corte territoriale riteneva la sussistenza di un vizio di carattere formale determinante la violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2 in considerazione della genericità della clausola appositiva del termine, che non indicava le persone da sostituire, nè le ragioni specifiche della loro assenza. Riteneva altresì generiche le deduzioni probatorie, inidonee a rendere contezza del nesso causale tra le ragioni enunciate e la specifica assunzione, in quanto riguardavano l’intero ambito del Polo corrispondenza Lazio CRP (OMISSIS), al cui complessivo contesto riferivano carenze di organico di personale assente con diritto alla conservazione del posto, complessivamente indicate con riguardo al periodo di assunzione unitamente al numero complessivo degli assunti a termine, senza in alcun modo precisare periodi, mansioni e nominativi dei soggetti assenti. Limitava poi nel senso indicato il risarcimento del danno, in applicazione dell’art. 1227 c.c., comma 2, ritenendo che il triennio intercorso dopo la cessazione del rapporto costituisse spazio temporale ragionevolmente sufficiente a procurarsi una nuova occupazione confacente con l’esperienza lavorativa maturata.

Per la cassazione della sentenza, P.I. s.p.a. ha proposto ricorso sulla base di tre motivi, cui ha resistito con controricorso M.R., che ha che ha proposto altresì ricorso incidentale affidato a otto motivi e ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso principale e quello incidentale sono stati riuniti ex art. 335 c.p.c. in quanto proposti avverso la medesima sentenza.

Preliminarmente, la difesa di M.R. ha eccepito l’inammissibilità del ricorso principale per violazione dei termini previsti dell’art. 327 c.p.c.. L’eccezione non è fondata, in quanto si ricava dagli atti che la sentenza della Corte d’appello di Roma è stata depositata in data 26 maggio 2010 e la richiesta di notifica del ricorso agli ufficiali giudiziari è stata presentata in data 23 maggio 2011, entro il termine annuale previsto dalla disposizione richiamata, nel testo applicabile ratione temporis, considerato che il ricorso di primo grado è del 2005.

1. I motivi del ricorso principale possono essere così riassunti:

1.1. Con il primo, P.i. s.p.a. deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 anche in relazione all’art. 1362 c.c. e c.c. e segg., nonchè contraddittoria e omessa pronuncia in ordine ad un punto decisivo della controversia, e sostiene che deve ritenersi senz’altro specifica l’indicazione dell’ esigenza sostitutiva che precisi, come nella specie, l’unità produttiva di adibizione, l’area di inquadramento del lavoratore assunto a termine, le mansioni assegnategli, le mansioni del personale che dev’ essere sostituito, la funzione aziendale e l’area di riferimento, nonchè il periodo di durata, elementi idonei a consentire il controllo in ordine all’effettiva sussistenza delle ragioni stesse.

1.2. Con il secondo motivo, denuncia, sotto il profilo del vizio di motivazione, l’errore in cui sarebbe incorso il Giudice del merito, nella parte in cui non ha spiegato le ragioni per le quali le prove dedotte, eventualmente da integrarsi mediante l’esercizio dei poteri officiosi, non fossero idonee a dimostrare la necessità di sostituzione di personale assente con diritto alla conservazione del posto.

1.3. Con il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1206, 1207, 1217, 1219, 2094 e 2099 c.c., e censura la sentenza nella parte in cui ha condannato la società al pagamento delle retribuzioni in assenza di prestazione lavorativa, nonchè di valida costituzione in mora.

In ordine alla mancata detrazione dell’aliunde perceptum, lamenta poi il mancato accoglimento dell’istanza di esibizione della documentazione (libretti di lavoro e buste paga) finalizzata a consentire la corretta determinazione degli eventuali corrispettivi percepiti in relazione ad attività lavorative svolte alle dipendenze di terzi.

3. Con il ricorso incidentale, M.R. lamenta sotto vari profili (vizio di motivazione, violazione e falsa applicazione degli artt. 1226, 2729, 1223, 1225 e 1227 c.c., nullità della sentenza del procedimento per violazione degli artt. 432 e 114 c.p.c.), che la Corte di merito abbia ridotto il risarcimento del danno nei limiti del triennio, periodo determinato equitativamente in considerazione del tempo “presumibile fino al ripristino della precedente condizione reddituale”.

Conclude osservando che lo ius superveniens costituito dalla L. n. 183 del 2010, art. 32 sarebbe illegittimo, in quanto contrastante con gli artt. 3, 11, 24, 101, 102, 111 e 117 Cost., nonchè inapplicabile nel giudizio di cassazione.

4. Il Collegio ritiene la fondatezza del primo motivo del ricorso principale in base alle considerazioni che seguono.

Questa Corte ha chiarito (Cass. n. 27052 del 2011, n. 1577 e n. 1576 del 2010) che il quadro normativo che emerge a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 368 del 2001 è caratterizzato dall’abbandono del sistema rigido previsto dalla L. n. 230 del 1962 – che prevedeva la tipizzazione delle fattispecie legittimanti il ricorso al contratto a tempo determinato – e dall’introduzione di un sistema articolato per clausole generali in cui l’apposizione del termine è consentita a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo). Tale sistema, al fine di non cadere nella genericità, impone al suo interno un fondamentale criterio di razionalizzazione, costituito dall’ obbligo per il datore di lavoro di adottare l’atto scritto e di specificare in esso le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo adottate.

L’onere di specificazione della causale nell’atto scritto costituisce una perimetrazione della facoltà riconosciuta al datore di lavoro di far ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato per soddisfare una vasta gamma di esigenze aziendali (di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o aziendale), a prescindere da fattispecie predeterminate. Tale onere ha l’evidente scopo di evitare l’uso indiscriminato dell’istituto per fini solo nominalmente riconducibili alle esigenze riconosciute dalla legge, imponendo la riconoscibilità e la verificabilità della motivazione addotta già nel momento della stipula del contratto. D’altro canto, proprio il venir meno del sistema delle fattispecie legittimanti impone che il concetto di specificità sia collegato a situazioni aziendali non più standardizzate ma obiettive, con riferimento alle realtà specifiche in cui il contratto viene ad essere calato. Il concetto di specificità in questione risente, dunque, di un certo grado di elasticità che, in sede di controllo giudiziale, dev’essere valutato dal giudice secondo criteri di congruità e ragionevolezza. Con riferimento alle ragioni di carattere sostitutivo, è stato in particolare precisato (Cass. n. 27052 del 2011) che il contratto a termine, se in una situazione aziendale elementare è configurabile come strumento idoneo a consentire la sostituzione di un singolo lavoratore addetto a specifica e ben determinata mansione, allo stesso modo in una situazione aziendale complessa è configurabile come strumento di inserimento del lavoratore assunto in un processo in cui la sostituzione sia riferita non ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica che sia occasionalmente scoperta.

In quest’ultimo caso, il requisito della specificità può ritenersi soddisfatto non tanto con l’indicazione nominativa del lavoratore o dei lavoratori sostituiti, quanto con la verifica della corrispondenza quantitativa tra il numero dei lavoratori assunti con contratto a termine per lo svolgimento di una data funzione aziendale e le scoperture che per quella stessa funzione si sono realizzate per il periodo dell’assunzione. L’apposizione del termine per ragioni sostitutive è legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali, l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando in ogni caso la verificabilità circa la sussistenza effettiva del presupposto di legittimità prospettato (v. fra le altre, Cass. n. 565 del 2012, Cass. n. 8966 del 2012, n. 6216 del 2012, n. 8647 del 2012 n. 13239 del 2012, n. 9602 del 2011, n. 14868 del 2011).

La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 107/2013, ha avallato l’orientamento giurisprudenziale espresso da questa Corte in tema di contratti a termine stipulati per esigenze sostitutive ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 osservando che, a fronte di ipotesi di supplenza più complesse, quali quelle esaminate nelle sentenze della Corte di cassazione, sezione lavoro, nn. 1576 e n. 1577 del 2010, “è stata data una lettura coerente con le decisioni di questa Corte”, atteso che i principi direttivi del D.Lgs. n. 368 del 2001 indicati della Legge Delega n. 422 del 2000, sono stati puntualmente osservati in coerenza con quanto affermato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, che esprimendosi sulla compatibilità comunitaria della normativa in oggetto (sentenza del 24 giugno 2010, in causa C-

98/09), ha riconosciuto che un intervento del legislatore nazionale che elimini addirittura l’obbligo datoriale d’indicare nei contratti a tempo determinato, conclusi per sostituire lavoratori assenti, il nome di tali lavoratori e i motivi della loro sostituzione e prescriva, in sua vece, la specificazione per iscritto delle ragioni del ricorso a siffatti contratti, non solo è possibile, ma neppure viola (in linea di principio) la clausola della direttiva n. 8.3., che vieta una riduzione del livello generale di tutela già goduto dai lavoratori. Nell’ambito della stessa pronunzia della Consulta è stato, poi, affermato che non sussiste neppure la denunziata lesione dell’art. 3 Cost., non essendo ravvisabile alcuna discriminazione dei lavoratori subordinati assunti a termine per esigenze sostitutive da imprese di grandi dimensioni rispetto a quelli assunti alle dipendenze di piccole imprese, atteso che la diversa modulazione del concetto di specificità dell’esigenza di supplire a personale solo transitoriamente assente non dà luogo ad un regime giuridico differenziato in base alla dimensione aziendale del datore di lavoro (cfr. C.Cost. 107/2013 cit.).

In applicazione di tali principi, questa Corte si è, poi, più volte pronunciata, rilevando che i giudici di merito correttamente avevano accertato il numero dei contratti a termine stipulati in ciascuno dei mesi di durata del contratto a termine e lo avevano confrontato con il numero delle giornate di assenza per malattia, infortunio, ferie, ecc. del personale a tempo indeterminato, ravvisando congruo il numero dei contratti stipulati per esigenze sostitutive (v., da ultimo, con riferimento proprio al Polo Corrispondenza Lombardia, Cass. 15-12-2011 n. 27052, Cass. 16-12-2012 n. 27217).

4.1. La decisione impugnata non risulta conforme alle riferite indicazioni di questo giudice di legittimità: la Corte territoriale, pur richiamando preliminarmente la necessità, al fine di valutare la specificità della causale “sostitutiva”, di avere riguardo all’indicazione nella causale degli elementi ulteriori sopra indicati, ha nella sostanza omesso di fare conseguente applicazione di tale regola, che, come già detto, consente di ritenere assolta l’esigenza di specificità attraverso gli elementi menzionati (ambito territoriale, luogo della prestazione lavorativa, mansioni dei lavoratori da sostituire, diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) (cfr., da ultimo, Cass. ord., n. 182/2016, Cass.3928/2015, 3695/2015, 32501/2015). Disapplicando il “criterio elastico” dettato da questa Corte, ha quindi ritenuto generica l’indicazione delle ragioni sostitutive contenuta nel contratto de quo.

5. Il primo motivo va pertanto accolto, con conseguente assorbimento degli altri motivi, successivi in ordine logico, nonchè del ricorso incidentale. Ciò vale sia per il secondo motivo, considerato che il giudizio di adeguatezza delle deduzioni istruttorie non costituisce una ratio decidendi autonoma rispetto alla (ritenuta) genericità della causale, come invece sostiene la parte intimata nel controricorso, ma dev’ essere correlato all’ambito dell’esigenza sostitutiva delineato nella causale appositiva del termine, sia per il terzo motivo ed il ricorso incidentale, che riguardano le conseguenze economiche dell’eventuale illegittimità del termine.

L’impugnata sentenza dev’essere quindi cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà a nuovo esame attenendosi al principio sopra ribadito, statuendo anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri motivi ed il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2016

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