Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13587 del 04/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 04/06/2010, (ud. 26/01/2010, dep. 04/06/2010), n.13587

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – rel. Consigliere –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso (iscritto al n. 28111/05 di R.G.) proposto da:

(1) l’AGENZIA delle ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

(2) il MINISTERO dell’ECONOMIA e delle FINANZE, in persona del

Ministro pro tempore, entrambi elettivamente domiciliati in Roma alla

Via dei Portoghesi n. 12 presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che

li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

la s.p.a. ALCATEL ITALIA, con sede in

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma alla Via Giacomo Puccini n. 9

presso lo studio degli avv. PERRONE LEONARDO e Gianmarco TARDELLA che

la rappresentano e difendono in forza della procura speciale

rilasciata con firma autenticata il 24 novembre 2005 dal notaio Maria

Bellezza di Milano;

– controricorrente –

NONCHE’ sul ricorso incidentale (iscritto al n. 30854/05 di R.G.)

proposto da:

s.p.a. ALCATEL ITALIA, ut supra rappresentata e difesa;

– ricorrente incidentale –

CONTRO

l’AGENZIA delle ENTRATE ed il MINISTERO dell’ECONOMIA e delle

FINANZE;

– intimati –

entrambi i ricorsi avverso la sentenza n. 93/08/05 depositata il 29

giugno 2005 dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia,

notificata il 20 luglio 2005;

Udita la relazione svolta nel la pubblica udienza del 26 gennaio 2010

dal Cons. Dott. Michele D’ALONZO;

sentite le difese della società, perorate dall’avv. Gianmarco

TARDELLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

NUNZIO Wladimiro, il quale ha concluso per la declaratoria di

inammissibilità del ricorso principale, con assorbimento di quello

incidentale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso notificato alla s.p.a. ALCATEL ITALIA il 3 novembre 2005 (depositato il 23 novembre 2005), l’AGENZIA delle ENTRATE ed il MINISTERO dell’ECONOMIA e delle FINANZE – premesso che: (1) “con avviso di rettifica parziale del 5 dicembre 2002 relativo all’anno 1997″ l’Ufficio, a seguito dell'”analisi del contratto definito Accordo di rapporti generali intercorso il primo gennaio 1997” tra detta società e la “Alcatel Alsthom SA” (“residente in (OMISSIS) che rivestiva la qualità di capogruppo, tra altre, della spa Alcatel Italia”), aveva recuperato a “tassazione IVA… operazioni non fatturate” esponendo (come “rilevava la motivazione della rettifica”) che in base a detto accordo “la Alcatel SA si impegnava a finanziare l’attività di ricerca eseguita in (OMISSIS) dalla spa Alcatel Italia e ritenuta utile a livello di gruppo. La società italiana si impegnava ad eseguire la ricerca per l’acquisizione di progetti di utilità globale attraverso i quali accrescere e migliorare il patrimonio tecnologico di tutte le società del gruppo Alcatel.

L’oggetto della ricerca scientifica viene discusso tra la società italiana e la società francese. Per ogni attività da intraprendere la società italiana formula il relativo progetto nel quale sono dettagliatamente indicale, oltre alle modalità esecutive della stessa, le singole voci di costo, inerenti le materie prime, impianti, personale ecc., da impiegare in detta attività. Alla somma totale dei singoli costi, dettagliatamente indicati, corrisponde il costo del progetto da svilupparsi ed eseguirsi presso la struttura Alcatel Italia. Nel caso in cui l’oggetto della ricerca sia di interesse globale, i relativi costi devono essere sostenuti da Alcatel SA; e il relativo progetto, previ accordi esplicativi raggiunti tra le due società, viene inviato dalla società italiana alla casa madre francese per la relativa approvazione. Riconosciuto dalla società francese l’interesse globale, viene data l’approvazione affinchè gli oneri sostenuti dalla società italiana siano riaddebitati alla società francese”; (2) “la società italiana aveva fatturato senza assoggettamento ad imposta le prestazioni in questione approvate dalla casa madre francese e a questa addebitate perchè riteneva che tali prestazioni potessero essere qualificate come prestazioni di consulenza e assistenza tecnica”, “In quanto tali… non assoggettate ad IVA in Italia” ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 7, comma 4, lett. e), siccome “rese ad un committente residente in altro Stato della Comunità Europea assoggettato ad IVA nel proprio stato di residenza (…Francia)” -, in forza di due motivi, chiedevano di cassare (“con ogni consequenziale pronuncia anche in ordine alle spese di lite”) la sentenza n. 93/08/05 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia (depositata il 29 giugno 2005, notificata il 20 luglio 2005) che aveva respinto l’appello dell’Ufficio avverso la decisione (358/01/03) della Commissione Tributaria Provinciale di Milano la quale aveva accolto il ricorso della contribuente.

Nel controricorso notificato il 7 dicembre 2005 (depositato il 16 dicembre 2005), la società intimata instava per il rigetto dell’impugnazione delle amministrazioni ricorrenti e, in ipotesi di accoglimento dello stesso, spiegava ricorso incidentale condizionato (fondato su due motivi) avverso la medesima decisione.

Il 15 gennaio 2010 la medesima società depositava memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., deve essere disposta la riunione, al ricorso delle amministrazioni pubbliche, di quello incidentale della società perchè le due impugnazioni investono la medesima decisione.

2. Ancora in via preliminare, ma gradata, va rilevate ex officio e dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero non avendo lo stesso dedotto di aver preso parte ai precedenti gradi del giudizio e, quindi, di essere legittimato a contestare la statuizione del giudice di appello: l’atto impugnato (“avviso di rettifica parziale”), infatti, pur se afferente ad imposta dell’anno 1997, è stato emesso il 5 dicembre 2002, quindi dall'(Ufficio locale dell’Agenzia delle Entrate subentrata ad esso Ministero in tutti i rapporti fiscali facenti capo a quest’ultimo ente sin dal primo gennaio 2001 ai sensi del D.Lgs. n. 300 del 1999, e del D.M. 28 dicembre 2000, per cui il processo si è svolto, sin dall’inizio, solo nel contraddittorio tra contribuente e l’Ufficio emittente.

3. Con la sentenza gravata la Commissione Tributaria Regionale – premesso che il giudice di primo grado aveva accolto il ricorso della società perchè “l’accertamento” (a) “risultava emesso in violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 5”, e (b) “infondato nel merito perchè le operazioni in discussione dovevano considerasi esenti da IVA in quanto rese, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art, 7, comma 4, lett. e), a soggetto domiciliato in altro Stato membro della CEE e soggetto passivo dell’imposta in tale Stato” -, ha respinto l’appello dell’Ufficio (nel quale questo aveva evidenziato la “legittima applicazione dell’art. 54, comma 5, citato D.P.R.”, essendo stato “l’avviso di rettifica… emesso a seguito di PVC della Guardia di Finanza da considerasi.., una segnalazione”, e il non avere la Commissione Tributaria Provinciale, “erroneamente”, considerato che “le prestazioni intervenute… discendevano da un contratto di appalto”) esponendo:

“punto nodale della… controversia è quello della individuazione del criterio di territorialità che, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1912, art. 7, deve essere applicato al caso di specie”; “la sentenza impugnata ha applicato il criterio di cui all’art. 7, comma 4, lett. e), del citato DPR atteso che le prestazioni eseguite in relazione ai rapporti intervenuti tra le due società dovevano considerarsi effettuate nei confronti di un destinatario che è soggetto passivo dell’imposta nello stato in cui è domiciliato”;

– “L’appellante sostiene che, essendo il contratto di appalto (di cui dovevano ravvisarsi gli estremi) ne conseguiva l’applicabilità…

del criterio di territorialità del luogo dove erano state effettuate le prestazioni”;

– “quanto a queste ultime si contestava che fossero ravvisabili nel caso di specie prestazioni di consulenza tecnica proprio sulla base della individuata qualifica-zione di appalto del contratto in questione”.

Ciò esposto, il giudice di appello ha ritenuto “infondate” tali “censure” osservando:

– “a prescindere dalla prospettata natura di appalto del contratto…

(la cui ravvisabilità appare peraltro fortemente dubbia) va detto che l’individuazione del criterio di territorialità prescinde del tutto dal tipo di contratto posto in essere dalle parti e prende in considerazione unicamente la natura delle prestazioni oggetto del rapporto contrattuale”;

– “nella specie, il giudice di primo grado ha ritenuto, e l’appellante non ha contestato se non sulla base delle argomentazioni di cui si è detto, che le prestazioni in discussione rientrino nella previsione dell’art. 7, comma 4, lett. d), e… quindi fra le esenzioni di cui al citato art. 7, successiva lett. e)”.

La Commissione Tributaria Regionale, infine, ha affermato che “tale conclusione rende… superfluo l’esame delle ulteriori questioni evidenziate nell’appello; nonchè dell’appello incidentale”.

4. L’Agenzia censura la decisione con due motivi.

A. Con il primo la ricorrente denunzia l’erroneità del capo della sentenza impugnata con cui è stato “dichiarato assorbito e, conseguentemente, omesso di esaminare il primo motivo dell’appello…

concernente la legittimità procedurale del ricorso all’avviso di rettifica parziale ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 5”, per “violazione e falsa applicazione” degli “art. 112 c.p.c., e art. 276 c.p.c., comma 2; D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 5”, adducendo che detto motivo “non poteva essere assorbito” perchè “preliminare rispetto all’esame del secondo” in quanto riguardava la “legittimità procedurale dell’atto impositivo” per cui “l’indebito assorbimento si è tradotto… nell’omissione…

di pronuncia su uno specifico motivo di appello… in violazione dell’art. 112 c.p.c.”.

“L’assorbimento”, inoltre, secondo la ricorrente, “ha comportato l’implicita conferma del primo capo della sentenza di primo grado che aveva ritenuto la rettifica parziale illegittima perchè basata…

non su elementi connotati da automatismo argomentativi di per sè atto ad individuare e determinare la materia imponibile in relazione a quanto segnalato, bensì “su fatti e situazioni che devono essere vagliati con riferimento ad un complesso dettato normativo”.

B. Con l’altro motivo l’Agenzia denunzia “violazione e falsa applicazione” del “D.P.R. 26 ottobre 1912, n. 633, art. 7, commi 3 e 4″; artt. 115 e 166 c.p.c.; artt. 1655 e 1665 c.c.”, nonchè “omessa o insufficiente motivazione su punti decisivi” affermando:

– la sentenza impugnata “non ha correttamente ricostruito le affermazioni di fatto e di diritto dell’Ufficio e della sentenza di primo grado, fraintendendo la materia del contendere” (donde la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. detti) perchè l’Ufficio “non aveva affatto sostenuto puramente e semplicemente che l’organizzazione escludeva di per sè la consulenza” ma (“sia nella motivazione della rettifica che nell’appello”) che “si era in presenza di attività complesse (per questo organizzate) il cui contenuto non si esauriva in semplici manifestazioni soggettive di opinioni su problemi tecnici, come è proprio della consulenza, ma implicava lo svolgimento di determinate attività tecniche nell’intento di realizzare, a cura dell’ALCATEL Italia, ben determinati progetti di ricerca interessanti il gruppo” per cui “il richiamo fatto dall’Ufficio alla figura dell’appalto serviva ad esprimere sinteticamente questo punto di vista, cioè un punto di vista articolato non sull’astratta tipologia negoziale posta in essere tra le parti, bensì sul contenuto concreto delle prestazioni effettuate” che “si caratterizzava per andare oltre la mera manifestazione di opinioni tecniche del prestatore del servizio circa determinati problemi tecnici”;

– essendo “pacifico che… spettava alla committente francese valutare il risultato delle attività di ricerca applicata effettuate dalla società italiana e stabilire quali considerare di interesse del gruppo e, perciò, meritevoli di un corrispettivo”, “le attività” svolte dalla società italiana “su commissione della capogruppo francese andavano assai oltre la mera valutazione soggettiva di problemi tecnici, tìpica della consulenza tecnica” atteso che “le prestazioni non si esaurivano nel formulare tale opinione tecnica, senza che rilevasse la reazione della committente/destinataria” perchè “la società italiana doveva svolgere veri e propri progetti di ricerca” (“avvalendosi dei propri mezzi e del proprio personale”) ma “era essenziale, ai fini del corrispettivo, il giudizio della committente sull’opera fornita:

sarebbero state compensate solo le ricerche applicate pervenute a risultati considerati… utili per il gruppo” (“anche questo aspetto eccede… la figura della consulenza tecnica, il cui diritto al corrispettivo insorge… per il solo fatto che la consulenza è stata prestata”).

Secondo la ricorrente, quindi, “non si era trattato di incarichi di consulenza o assistenza tecnica ma di veri e propri appalti di ricerca applicata” per cui il giudice, essendo “l’applicazione del congiunto disposto dell’art. 7, comma 4, lett. d) ed e)… limitata alle prestazioni ivi tassativamente enumerate” (“tra le quali le prestazioni di consulenza e assistenza”), “avrebbe dovuto ricondurre la fattispecie al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 1, comma 3”, per il quale “le prestazioni di servizi si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando rese da soggetti che hanno il domicilio nel territorio stesso”.

Per l’Agenzia, infine, “con l’affermazione” secondo cui “era fortemente dubbio che le prestazioni di servizio in esame costituissero l’oggetto di un appalto di ricerca applicata non di un mero incarico di consulenza o assistenza nel senso descritto” la sentenza della Commissione Tributaria Regionale è “viziata nella motivazione” perchè non ha considerato che “la società… aveva…

ammesso che si trattava di committenza di prestazioni di ricerca e di sviluppo tecnico-industriale” e che l’Ufficio aveva sottolineato il fatto che “il diritto al corrispettivo per la società italiana fosse interamente subordinato all’insindacabile accettazione dell’opera da parte della società francese, in relazione alla sua valutazione dell’interesse del gruppo”.

5. Il ricorso – l’esame del secondo motivo del quale, diversamente da quanto sostenuto dall’Agenzia ricorrente, assume, nel caso (caratterizzato dalla dichiarazione di assorbimento della relativa questione ad opera del giudice di appello), natura pregiudiziale potendo la sua soluzione definire la controversia e rendere inutile (per carenza di interesse) lo scrutinio del primo motivo – va respinto perchè infondato.

A. Il punto di contrasto tra le parti è così esposto dall’Agenzia nel proprio ricorso:

– secondo la contribuente le “prestazioni” da esse rese ed addebitate alla capogruppo francese (la Alcatel Alsthom SA) in forza del “contratto definito accordo di rapporti generali” debbono essere “qualificate come… consulenza e assistenza tecnica” e, “in quanto tali”, “non assoggettate ad IVA in Italia” ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 7, comma 4, lett. e), perchè “rese ad un committente residente in altro stato della Comunità Europea assoggettato ad IVA nel proprio stato di residenza”;

– per l’Ufficio (“avviso di rettifica”) “ciò era scorretto perchè ai fini della disposizione citata costituiscono prestazioni di consulenza e assistenza tecnica quelle in cui appaia preminente non la rilevazione obiettiva di una determinata realtà, bensì la valutazione soggettiva del prestatore del servizio” per cui “quando la prestazione resa è inserita in un contesto negoziale più complesso, dove oltre ad una prestazione specificamente intellettuale viene utilizzata dal prestatore anche una struttura organizzativa necessaria per l’esecuzione del servizio richiesto, la prestazione perde la caratteristica propria della consulenza tecnica, per assumere quella di una prestazione diversa derivante da un contratto riconducibile allo schema negoziale dell’appalto o del mandato”, con conseguente applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 1, comma 3, “giusta il quale le prestazioni di servizi si considerano effettuate e sono imponibili in Italia…, allorchè vengano rese da soggetto…

residente in (OMISSIS)”.

Nel proprio ricorso, inoltre, l’Agenzia riferisce che la Commissione Tributaria Provinciale ha accolto il ricorso della contribuente (a) per “insussistenza dei presupposti per l’accertamento parziale” e (b) per infondatezza dello stesso accertamento “nel merito” per le seguenti ragioni: “l’accordo tra le due società aveva per oggetto “lo scambio e l’utilizzo di conoscenze intellettuali e industriali del gruppo. La società italiana doveva svolgere determinati progetti di ricerca e sviluppo nell’interesse del gruppo, commissionato dal Alcatel SA a cui dovevano essere trasferiti i risultati con la garanzia dell’assistenza necessaria. La tesi dell’Ufficio, secondo la quale le prestazioni non rappresenterebbero prestazioni di consulenza e assistenza tecnica perchè realizzate attraverso una struttura all’uopo organizzata, bensì prestazioni derivanti da contratti di appalto o di mandato… non appare condivisibile. In primo luogo perchè il concetto di consulenza e assistenza tecnica di cui all’art. 7, comma 4, lett. d), non appare condizionalo e limitato dalla eventuale presenza di una struttura organizzata necessaria per l’esecuzione del servizio richiesto (… tale condizione e limite sono estranei al dettato normativo); ma soprattutto perchè ai sensi del combinato disposto del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 3 e 7, le prestazioni di servizi, genericamente intese, pur se assoggettabili ad IVA quando rese da un soggetto residente in (OMISSIS), quando rese a soggetti domiciliati o residenti in altri stati membri della CEE che sono soggetti passivi dell’imposta nello stato in cui hanno il domicilio o la residenza, non sono soggette ad IVA”.

B. La correlazione tra gli argomenti testè esposti e le ragioni del riprodotto secondo motivo di ricorso evidenziano, in via principale, l’insussistenza della denunziata “violazione e falsa applicazione di norme di diritto” (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) atteso che non risulta dedotta alcuna erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata dalle norme di legge indicate dalla ricorrente e, quindi, non si propone nessun problema interpretativo delle stesse.

La censura complessiva, invece, denunzia un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e, pertanto, pone un tema, esterno all’esatta interpretazione della norma di legge, ovverosia un problema che, propriamente, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione: il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi (violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta), come noto (Cass., Trib., 10 febbraio 2006 n. 2935; id., trib., 20 gennaio 2006 n. 1127; id., 9 novembre 2005 n. 21767; id., 1^, 11 agosto 2004 n. 15499), è segnato, in modo evidente, dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa.

Peraltro ed infine, la denunzia del vizio è altresì carente della necessaria (Cass., 2^, 12 febbraio 2004 n. 2707; id., 2^, 26 gennaio 2004 n. 1317) specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito a questa Corte di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione.

C. la medesima correlazione, di poi, mette in luce che la natura eminentemente fattuale della complessiva doglianza dell’Agenzia – fondata unicamente sull’addotta qualificazione giuridica quale “contratto di appalto” o di “mandato” del “General Relations Agreements” intervenuto tra la società italiana e la capogruppo francese, in esecuzione del quale sono state rese le prestazioni oggetto di contestazione (qualificazione inequivocamente contrastante con quella “prestazioni di consulenza ed assistenza tecnica”) diversa data dal giudice di primo grado, la quale, pertanto, diversamente da quanto sostenuto dalla controricorrente ancora nelle memorie depositate, non può ritenersi affatto passata in cosa giudicata) – non è sorretta (art. 366 c.p.c.) dai necessari, concreti elementi di valutazione perchè il complessivo motivo di ricorso sviluppa unicamente considerazioni generiche (“la società italiana doveva svolgere veri e propri progetti di ricerca”; “si era trattato… di veri e propri appalti di ricerca applicata”), peculiari dell’Agenzia ricorrente, del tutto inidonee a consentire a questa Corte la formazione dell’indispensabile giudizio di fondatezza dell’affermato errore di interpretazione di detto atto in cui sarebbero incorsi i giudici del merito, in particolare la Commissione Tributaria Regionale laddove ha posto in dubbio la “prospettata natura di appalto del contratto in esame”: in proposito è sufficiente evidenziare che – nonostante il giudice di appello (come riportato) abbia espressamente affermato che “a prescindere dalla natura di appalto del contratto in esame (la cui ravvisabilità appare peraltro fortemente dubbia)… l’individuazione del criterio di territorialità prescinde del tutto dal tipo di contratto posto in essere dalle parti e prende in considerazione unicamente la natura delle prestazioni oggetto del rapporto contrattuale” – non sono mai state indicate (neppure in via esemplificativa) le specifiche prestazioni (ovverosia le “prestazioni” valutate dal giudice del merito) fornite dalla società italiana alla capogruppo francese che, secondo l’amministrazione ricorrente, la prima avrebbe dovuto assoggettare all’imposta sul valore aggiunto in Italia.

In proposito, va ribadito il principio secondo cui (Cass., trib., 25 ottobre 2006 n. 22889) “poichè preliminare alla qualificazione del contratto è la ricerca della comune volontà delle parti, che costituisce un accertamento di fatto riservato al giudice di merito, nell’ipotesi in cui con il ricorso per cassazione sia contestata la qualificazione da quest’ultimo attribuita al contralto intercorso tra le parti, le relative censure, per essere esaminabili, non possono risolversi nella mera contrapposizione all’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, ma debbono essere proposte sotto il profilo della mancata osservanza dei criteri ermeneutici di cui all’art. 1362 c.c. e ss., o dell’insufficienza o contraddittorietà della motivazione, e, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, debbono essere accompagnati dalla trascrizione delle clausole individuative dell’effettiva volontà delle parti, al fine di consentire alla Suprema Corte di verificare l’erronea applicazione della disciplina normativa (Cass. n. 15798/2005; cfr. altresì Cass. nn. 9157/2000, 14537/1999, 2190/1998)”.

Nel caso, l’Agenzia insiste, principalmente, sul fatto che “il diritto al corrispettivo per la società italiana fosse interamente subordinato all’insindacabile accettazione dell’opera da parte della società francese, in relazione alla sua valutazione dell’interesse del gruppo” (ovverosia sul “giudizio della committente sull’opera fornita”) ed, in relazione, denunzia (ma non illustra) pretesa violazione dell’art. 1665 c.c., cioè della norma che regola “verifica e pagamento” dell’opera in tema di contratto di appalto: il rilievo non apporta nessun conforto alla natura (“appalti di ricerca applicata”) del contratto sostenuta dalla medesima Agenzia perchè non considera che la – se convenuta dai paciscenti – “insindacabile accettazione dell’opera” da parte della capogruppo francese non costituisce un elemento naturale del negozio ma (proprio per l’insindacabilità, che, di contro, non connatura affatto il diritto di “verifica” dell’appaltante riconosciuto dall’art. 1665 c.c. detto) solo una condizione espressa, pattiziamente convenuta nella libera autonomia contrattuale delle due società.

D. L’infondatezza del secondo motivo di ricorso, come anticipato, priva l’Agenzia di qualsivoglia interesse (art. 100 c.p.c.) allo scrutinio del primo motivo atteso che l’eventuale accertamento della sussistenza dei “presupposti per l’accertamento parziale” (negata, sia pure implicitamente, anche dalla Commissione Tributaria Regionale) non elide, comunque, l’accertata insussistenza della pretesa tributaria contenuta nell’atto impositivo oggetto della controversia.

6. Dal rigetto del ricorso principale, di poi, discende l’inammissibilità, per carenza di oggetto, del “ricorso incidentale condizionato” atteso che con questo la contribuente de nunzia (a) la “nullità dell’atto irrogazione delle sanzioni in virtù di quanto previsto dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16”, (per tale norma “l’atto di irrogazione delle sanzioni… deve indicare a pena di nullità… i criteri seguiti per la determinazione delle sanzioni e della loro entità” mentre nel caso “l’Ufficio… si è limitato a quantificare le sanzioni… senza esporre le ragioni che hanno portato … alla loro concreta determinazione”) e (b) la “illegittimità determinazione delle sanzioni nella misura di Euro 7.266.116,82 in virtù di quanto previsto dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12”, (ovverosia “erronea determinazione delle sanzioni, irrogate… per violazione delle disposizioni in materia di concorso di violazioni e continuazione”): l’insussistenza della pretesa tributaria principale, infatti, importa il venir meno del presupposto stesso dell’esercizio dello ius puniendi e, quindi, delle sanzioni irrogate con il medesimo atto.

Sul detto ricorso, in diritto, va, comunque, applicato e ribadito il principio per il quale (Cass., 1^: 15 febbraio 2008 n. 3796; 16 maggio 2007 n. 11321, tra le recenti) è inammissibile il ricorso incidentale per cassazione, ancorchè condizionato, con il quale la parte vittoriosa (nel caso la società contribuente) sollevi una questione non esaminata dal giudice di appello in quanto dichiarata o (anche implicitamente) ritenuta assorbita dall’accoglimento di altra tesi avente carattere preliminare: in tale situazione, infatti, difetta comunque la soccombenza, sia pure teorica, quale presupposto del diritto di impugnazione, mentre la questione medesima può essere riproposta davanti al giudice di rinvio ove, in accoglimento del ricorso principale, la sentenza impugnata venga cassata.

7. Le spese del giudizio di legittimità vanno integralmente compensate tra le parti ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; dichiara inammissibile il ricorso del Ministero; rigetta il secondo motivo del ricorso dell’Agenzia e dichiara assorbito il primo motivo dello stesso ricorso; dichiara inammissibile il ricorso incidentale della società; compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2010

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