Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13586 del 30/05/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 30/05/2017, (ud. 09/05/2017, dep.30/05/2017),  n. 13586

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BOTTA Raffaele – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana M.T. – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27906-2012 proposto da:

OPERA PIA DELLE CHIESE E CASE PARROCCHIALI POVERE DELLA DIOCESI DI

MILANO in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIALE GIULIO CESARE 14 A-4, presso

lo studio dell’avvocato GABRIELE PAFUNDI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ALBERTO GAFFURI giusta delega a

margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI MONZA E BRIANZA

UFFICIO TERRITORIALE DI DESIO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 84/2012 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata il 18/04/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/05/2017 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO RICCARDO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato PAFUNDI che si riporta agli atti;

udito per il controricorrente l’Avvocato PISANA che ha chiesto il

rigetto.

Fatto

FATTI RILEVANTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

p. 1. L’Opera Pia delle Chiese e Case Parrocchiali Povere della Diocesi di Milano propone cinque motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 84/24/2012 del 18 aprile 2012 con la quale la commissione tributaria regionale della Lombardia, in riforma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di rettifica e liquidazione notificatole dall’agenzia delle entrate con riguardo all’atto di vendita di un terreno in (OMISSIS).

La commissione tributaria regionale ha ritenuto, in particolare, che: – la contribuente avesse lamentato, fin dal ricorso introduttivo, unicamente la carenza di motivazione dell’avviso opposto, non anche i criteri di stima ad esso sottesi; – tale avviso, considerato sia in sè sia in rapporto al provvedimento di autotutela con il quale l’ufficio aveva successivamente ridotto l’importo accertato, doveva invece ritenersi sufficientemente motivato con riguardo all’indicazione del criterio astratto di stima adottato.

Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate.

L’Opera Pia ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

p. 2. Con il primo motivo di ricorso l’Opera Pia lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.. Per avere la commissione tributaria regionale omesso di pronunciarsi sui motivi di opposizione da essa proposti in ordine ai criteri di stima adottati dall’ufficio; e ciò in conseguenza dell’erroneo convincimento secondo cui essa contribuente si sarebbe limitata a contestare unicamente la carenza di motivazione dell’atto impositivo.

Con il secondo motivo di ricorso si deduce vizio di motivazione. Per avere la commissione tributaria regionale ritenuto congruamente motivato l’atto impositivo, nonostante che nè quest’ultimo, nè l’atto di riduzione parziale in autotutela, indicassero specificamente i contratti comparativi ed i valori Ici del Comune di Arluno presi a riferimento.

Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7; non potendosi ritenere congrua una motivazione impositiva nella quale: – non venivano indicati i contratti di trasferimento, conclusi da terzi, assunti a comparazione; – venivano richiamati listini immobiliari FIMAA senza distinguere tra quotazioni relative alla piazza di Milano e quotazioni concernenti la provincia; – non venivano indicati a quali beni immobili le valutazioni FIMAA si riferissero, così da verificare l’effettivo ricorso dei presupposti di comparazione; veniva stabilita in maniera del tutto immotivata ed arbitraria, nella sola misura del 20%, l’incidenza dei costi per la realizzazione del piano di lottizzazione sull’area compravenduta.

Con il quarto motivo di ricorso si deduce altresì violazione dell’art. 115 cod. proc. civ.; per non avere la commissione tributaria regionale considerato che spettava all’amministrazione finanziaria, attrice in senso sostanziale, fornire la prova del maggior valore accertato.

Con il quinto motivo di ricorso l’Opera Pia ripropone i motivi di impugnazione nel merito che la commissione tributaria regionale aveva tralasciato di considerare, in violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.. E ciò per quanto concerneva, in particolare, la circostanza che il valore dichiarato in atto trovasse riscontro: – nei listini Orni; – nei valori, correttamente intesi, stabiliti dal Comune di Arluno a fini Ici; – nella perizia redatta da una società specializzata nella valutazione degli immobili, anche in ordine alla maggior incidenza dei costi di lottizzazione.

p. 3.1 Vanno dapprima unitariamente esaminati il secondo ed il terzo motivo di ricorso; entrambi basati sull’erronea valutazione di congruità, da parte del giudice regionale, della motivazione dell’avviso di rettifica e liquidazione opposto.

Essi sono infondati.

In base alla previsione generale di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 7 l’atto dell’amministrazione finanziaria deve essere motivato alla stregua dei provvedimenti amministrativi, L. n. 241 del 1990, ex art. 3, indicando “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che determinano la decisione dell’amministrazione”. Per quanto concerne, in particolare, l’imposta di registro, il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 2 stabilisce che l’avviso di rettifica e di liquidazione deve contenere, oltre all’indicazione del valore attribuito a ciascuno dei beni o diritti presi in considerazione, nonchè delle aliquote applicate nel calcolo della maggiore imposta, anche l’indicazione “degli elementi di cui all’art. 51 in base ai quali (il valore attribuito) è stato determinato”. A sua volta, l’art. 51, commi 2 e 3 stabilisce che per gli atti che hanno ad oggetto beni immobili, diritti reali immobiliari ed aziende, per “valore” si intende il “valore venale in comune commercio”; che l’ufficio determina avendo riguardo ai trasferimenti, divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data dell’atto, relativi all’immobile oggetto di accertamento o ad immobili simili; ovvero al reddito netto capitalizzato producibile dall’immobile, nonchè ad ogni altro elemento di valutazione, anche sulla base di indicazioni eventualmente fornite dai Comuni.

Ancora, l’art. 52 cit., comma 2 bis (introdotto dal D.Lgs. n. 32 del 2001, art. 4), stabilisce anch’esso – a pena di nullità – che l’atto debba indicare “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato”; aggiungendosi che se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto nè ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama, salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale.

Sulla scorta di questo apparato normativo, la giurisprudenza di legittimità si è attestata nell’affermare, anche con specifico riguardo all’imposta di registro, che “l’obbligo della motivazione dell’avviso di accertamento in rettifica del valore risulta assolto quando l’Ufficio enunci il “petitum”, ed indichi le relative ragioni in termini sufficienti a definire la materia del contendere” (Cass. n. 25559 del 03/12/2014; Cass. n. 4289/15); aggiungendosi che il parametro di sufficienza e satisfattività dell’obbligo di motivazione dell’atto deve essere vagliato nell’ottica del concreto esercizio del diritto di difesa del contribuente, atteso che: “in materia tributaria, l’obbligo di motivazione dell’atto impositivo persegue il fine di porre il contribuente in condizione di conoscere la pretesa, in modo da poter valutare sia l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale sia, in caso positivo, di contestare efficacemente ran” ed il “quantum debeatur””; sicchè tali elementi conoscitivi devono essere forniti all’interessato “non solo tempestivamente, tramite l’inserimento “ab origine” nel provvedimento, ma anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilità idonei a consentire un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa” (Cass. n. 7056/14; così Cass. 16836/14 ed altre).

Si è inoltre osservato che la motivazione di un avviso di rettifica e di liquidazione ha la “funzione di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ufficio dell’eventuale fase contenziosa successiva, consentendo al contribuente l’esercizio del diritto di difesa”, sicchè è necessario e sufficiente che tale motivazione enunci quantomeno i criteri astratti adottati nella determinazione del maggior valore, ancorchè non vengano esplicitati gli elementi dì fatto utilizzati nella loro applicazione; posto che il contribuente “conosciuto il criterio di valutazione adottato, è già in condizione di contestare e documentare l’infondatezza della pretesa erariale” (Cass.25153/13 in materia di valutazione aziendale).

p. 3.2 Orbene, la decisione con la quale la commissione tributaria regionale ha ritenuto che l’avviso di rettifica in questione fosse sufficientemente motivato non si pone in contrasto con questi principi generali e, dunque, non merita le censure che le vengono, sotto tale profilo, mosse. Va considerato che l’avviso di rettifica conteneva non soltanto la descrizione catastale degli immobili, ma anche l’indicazione dei valori unitari al metro quadrato partitamente applicati sia per l’area edificabile sia per quella residua; inoltre, esso prendeva puntualmente in considerazione l’incidenza, sul prezzo di vendita, degli oneri di lottizzazione; stabilendola nell’ordine del 20% di decurtazione. Come riferito dalla stessa Opera Pia, venivano poi richiamati i correnti listini immobiliari dell’area milanese, ai quali la stessa contribuente pò va agevolmente accedere per individuare le quotazioni dei terreni similari. A tutto ciò si aggiunge che – come messo in evidenza dal giudice di appello – ulteriori elementi illustrativi della pretesa dovevano trarsi dall’accoglimento parziale dell’istanza di autotutela da parte dell’ufficio; nella quale il valore rettificato veniva motivato anche con riguardo ai valori Ici del Comune di ubicazione dell’area compravenduta.

Si tratta, a ben vedere, del concorso di plurimi parametri esplicativi idonei a mettere la parte contribuente in condizione di cogliere con sufficiente precisione mediante l’individuazione dei criteri fondamentali ai quali l’ufficio si era attenuto nella rettifica – gli elementi essenziali della pretesa impositiva; con quanto ne conseguiva in ordine alla pienezza del diritto di contestazione e difesa (come poi effettivamente esercitato nell’opposizione introduttiva).

p. 4. Venendo ora al primo, quarto e quinto motivo di ricorso, se ne riscontra la fondatezza.

Nel ricorso introduttivo del giudizio (richiamato nel ricorso per cassazione, quale allegato sub n. 5) la contribuente aveva infatti lamentato non solo la carenza di motivazione dell’avviso di rettifica, ma anche la sua infondatezza sotto il profilo della erroneità dei parametri di stima utilizzati dall’ufficio impositore (per quanto ricostruibili, vista l’affermata carenza motivazionale). Ciò con speciale riguardo: alla destinazione urbanistica dell’area ed ai vincoli imposti dal piano regolatore comunale; alla sua diversa valorizzazione ai fini Ici da parte del Comune di Arluno; ai fattori tecnici di stima evidenziati dalla consulenza Praxi spa (prodotta in giudizio); alla ben maggiore incidenza dei costi di edificazione.

Di tutti questi motivi di opposizione all’avviso di rettifica – reiterati nelle controdeduzioni in grado di appello, nel quale l’Opera Pia assumeva veste di parte appellata: come riportato nel ricorso per cassazione, quale allegato sub n. 6) – non vi è traccia nella sentenza.

Nella quale si afferma anzi, contrariamente alle suddette risultanze obiettive, che l’ente contribuente aveva proposto “quale unico motivo sia nel primo grado di giudizio che in appello”, la carenza di motivazione dell’avviso di rettifica; senza dunque “addurre alcunchè in ordine al merito del valore di cessione accertato”.

Su tale erroneo presupposto – derivato dall’erronea ricostruzione del contenuto censorio del ricorso introduttivo – la commissione tributaria regionale ha dunque omesso di pronunciarsi sulla congruità del maggior valore rettificato; costituente anzi il fondamentale nucleo critico della controversia.

Pronuncia che doveva invece essere resa tenendo conto, da un lato, dell’onere probatorio posto a carico dell’amministrazione finanziaria e, dall’altro, dei molteplici elementi di valutazione che la parte contribuente aveva dedotto in giudizio ad asserita confutazione del raggiungimento, ex adverso, di tale prova.

La sentenza va pertanto cassata in relazione a tali profili.

Il giudice di rinvio riesaminerà nel merito la fattispecie, pronunciandosi sui motivi di ricorso avverso l’avviso di rettifica e liquidazione specificamente concernenti la congruità della stima operata dall’amministrazione finanziaria; valutati anche in rapporto a quanto sul punto da quest’ultima dedotto nel provvedimento di riduzione in autotutela.

Il giudice di rinvio provvederà inoltre sulle spese del presente procedimento.

PQM

 

La Corte:

– accoglie il primo, quarto e quinto motivo di ricorso, respinti il secondo ed il terzo;

– cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, il 9 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 maggio 2017

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