Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13586 del 30/05/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 13586 Anno 2013
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

SENTENZA

sul ricorso 9307-2008 proposto da:
DE

GIOCASE

S.R.L.,

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIALE DI VILLA PAMPHILI 59, presso lo studio
dell’avvocato SALAFIA ANTONIO che la rappresenta e
difende con poteri congiunti e disgiunti unitamente
2013

all’avvocato CLAUDIO DEL NEVO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

895

contro

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE

80078750587,

in

persona

del

legale

Data pubblicazione: 30/05/2013

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
avvocati CALIULO LUIGI, CORETTI ANTONIETTA, CORRERA
FABRIZIO, giusta delega in atti;

avverso la sentenza n.

1442/2007 della CORTE D’APPELLO

di TORINO, depositata il 10/12/2007 R.G.N. 201/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/03/2013 dal Consigliere Dott. FEDERICO
BALESTRIERI;
udito l’Avvocato SALAFIA ANTONIO;
udito l’Avvocato SGROI ANTONINO per delega CALIULO
LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso per
il rigetto del ricorso.
,,,—,…—

– controricorrente

Svolgimento del processo
Con ricorso al Tribunale di Alessandria, la società De Giocase
proponeva opposizione awerso la cartella di pagamento notificatale
dalla CARALT di Alessandria in data 21 novembre 2000 per la
somma di L. 65.583.718, inerenti contributi relativi al periodo

previa sospensione della cartella opposta, la revoca della cartella di
pagamento per i seguenti cinque motivi: a) mancato rispetto dei
termini di cui all’art. 11 D.L.vo n.46\99; b) mancanza di
intelligibilità della stessa; c) omessa notifica del verbale di
accertamento; d) intervenuto condono della pretesa contributiva;
e) prescrizione dei crediti.
Si costituiva l’Inps chiedendo che il ricorso venisse rigettato in
quanto inammissibile per la tardività della presentazione della
domanda di condono avvenuta in data 28 aprile 1993; in via
subordinata l’Istituto Previdenziale chiedeva il rigetto del ricorso
attesa l’infondatezza dello stesso, tanto in fatto quanto in diritto e
la conseguente conferma della cartella impugnata.
Si costituiva anche la CARALT s.p.a. chiedendo la reiezione della
domanda introduttiva.
La società rilevava che il condono era stato presentato in termini;
veniva ammessa la prova testimoniale richiesta dall’INPS, diretta a
dimostrare che le omissioni contributive erano inerenti ad
inadempienze non oggetto della sanatoria.
Il Tribunale rigettava il ricorso, confermando la cartella di
pagamento, condannando la società al pagamento delle spese.
Proponeva appello quest’ultima. Resisteva l’INPS.
Con sentenza depositata il 10 dicembre 2007 e notificata il 13
febbraio 2008, la Corte d’appello di Torino respingeva il gravame,
condannando la società al pagamento delle spese.
3

febbraio 1991-settembre 1992, oltre somme aggiuntive. Chiedeva,

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la società De
Giocase, affidato a tre motivi.
Resiste l’INPS con controricorso.
Motivi della decisione
1.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia la nullità della

relazione al combinato disposto degli artt- 414, 416 e 420 c.p.c.
Lamenta che la Corte territoriale non valutò che l’INPS si costituì in
giudizio eccependo unicamente la tardività del condono
previdenziale, sicché la prova circa la riferibilità delle somme di cui
alla cartella esattoriale ad altri debiti (la differenza tra le omissioni
risultanti dal verbale ispettivo e le somme versate in sede di
condono), costituendo una

mutati() libelli, non poteva trovare

ingresso in giudizio.
Il motivo è infondato.
Ed invero, pur volendo prescindere del difetto di autosufficienza del
ricorso sul punto, non avendo la ricorrente dedotto se, quando ed
in quali termini la questione venne sottoposta al giudice del
gravame, occorre evidenziare che la deduzione inerente la tardività
del condono non configura una

mutatio libelli, ma solo una

emendatio, restando fermi sia il petitum (contributi richiesti) che la
causa petendi (omissione contributiva), essendo quest’utlima solo
parzialmente modificata. Di qui l’ammissibilità della “emendatio”, ex
art. 420, comma 1, c.p.c., la cui autorizzazione da parte del giudice
può essere anche implicita (Cass. n. 10371\95; n. 2906\96; n.
12539\00), come nella specie, in cui il Tribunale ammise la relativa
prova testimoniale richiesta dall’INPS.
2. Con il secondo motivo la società denuncia la violazione e falsa
applicazione dell’art. 2697 c.c., ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.,
relativamente alla valutazione degli oneri probatori.
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sentenza e del procedimento ex art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., in

Lamenta che i verbali ispettivi, mentre costituiscono piena prova
quanto ai fatti che i funzionari attestano essere avvenuti in loro
presenza, sono liberamente valutati dal giudice quanto alle
circostanze che i verbalizzanti segnalino di aver accertato (Cass. n.
3525\05; Cass. n. 1786\00).

circostanze, e segnatamente la dichiarazione che “dall’esame delle
fatture di acquisto e delle allegate bolle di consegna è emerso che
la ditta ha occupato i sottoindicati dipendenti senza registrare le
ore a libro paga”, avessero parimenti valore probatorio privilegiato.
Il motivo è in parte inammissibile (sottoponendo alla Corte
accertamenti di fatto e relative valutazioni, ivi comprese quelle delle
deposizioni testimoniali raccolte, rimesse al prudente
apprezzamento del giudice di merito) e per il resto infondato, in
quanto nella specie, lungi dall’avere i giudici di merito attribuito al
verbale ispettivo, in ordine alle circostanze non avvenute alla
presenza dei verbalizzanti, valore probatorio privilegiato, hanno
fondato il loro convincimento sulle prove testimoniali allo scopo
richieste dall’Istituto ed espletate.
3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia una omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio, ex art. 360, comma 1, n. 5
c.p.c. ed in particolare l’accertamento di prestazioni lavorative in
spregio alla cassa integrazione guadagni da parte di alcuni
dipendenti della ricorrente nei periodi contestati dalla controparte,
non considerando inoltre che nessuno dei cinque testimoni
ascoltati, di cui riproduce alcuni brani, fece alcun riferimento ai
periodi in contestazione, difettando così alcun concreto riferimento
al verbale ispettivo de quo.
Il motivo è inammissibile.
5

Si duole che la Corte di merito ritenne invece tali ulteriori

Ed invero deve in primo luogo evidenziarsi che esso difetta del cd.
quesito di fatto di cui all’art. 366 bis c.p.c. per le censure di cui
all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., non contenendo la chiara
indicazione del fatto controverso in relazione al quale la
motivazione si assume omessa o contraddittoria, owero le ragioni

inidonea a giustificare la decisione, ed il momento di sintesi che
consenta alla Corte di valutare immediatamente l’ammissibilità del
ricorso, senza necessità di un’attività interpretativa dell’intero
motivo da parte della Corte (ex pluritm:s, Cass. 30 dicembre 2009 n.
27680, Cass. 7 aprile 2008 n. 8897, Cass. 18 luglio 2007 n. 16002,
Cass. sez. un. 1°ottobre 2007 n. 20603).
L’inammissibilità deriva inoltre dalla richiesta alla Corte di un
diverso apprezzamento delle risultanze istruttorie, senza
considerare che che il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci
il difetto di motivazione sulla valutazione di un documento o di
risultanze probatorie o processuali, ha l’onere di indicare
specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del
documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di
merito, prowedendo alla loro trascrizione (o quanto meno
all’indicazione della loro esatta ubicazione all’interno dei fascicoli di
causa, Cass. sez. un. 3 novembre 2011 n. 22726 ), al fine di
consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei
fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio
dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la S.C. deve essere
in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto,
alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative
(Cass. ord. 30 luglio 2010 n. 17915).
Deve inoltre considerarsi che è inammissibile il motivo di ricorso per
cassazione con il quale la sentenza impugnata venga censurata per
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per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda

vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.,
qualora esso intenda far valere la rispondenza della ricostruzione
dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo
della parte e, in particolare, prospetti un preteso migliore e più
appagante coordinamento dei dati acquisiti, atteso che tali aspetti

elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero
convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso
formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione
citata. In caso contrario, infatti, tale motivo di ricorso si
risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle
valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e perciò in una
richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto,
estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione (ex

plunknis, Cass. 26 marzo 2010 n. 7394).
4. Il ricorso deve pertanto rigettarsi.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la
socccombenza e si liquidano come da dispsitivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese del presente giudizio di legittimità, pari ad €.50,00 per
esborsi ed €. 3.000,00 per compensi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13 marzo 2013
L’estensore

Il Presidente

del giudizio, interni all’ambito di discrezionalità di valutazione degli

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