Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13584 del 04/07/2016


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Cassazione civile sez. lav., 04/07/2016, (ud. 17/03/2016, dep. 04/07/2016), n.13584

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4256/2011 proposto da:

R.L.G., C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, C/O CONFSAL VIA PRINCIPE AMEDEO 221, presso lo

studio dell’Avvocato GIOVANNA COGO, che lo rappresenta e difende

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA,

LUNGOTEVERE MICHELANGELO 9, presso lo studio dell’Avvocato

SALVATORE TRIFIRO’, che la rappresenta e difende giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 595/2010 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 13/07/2010 R.G.N. 1328/08;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/03/2016 dal Consigliere Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE;

udito l’Avvocato GIUA LORENZO per delega verbale Avvocato TRIFIRO’

SALVATORE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 595/2010, depositata il 13 luglio 2010, la Corte di appello di Milano confermava, compensando per la metà le spese del grado, la sentenza del Tribunale di Varese, che aveva respinto la domanda di R.L.G. diretta alla dichiarazione di nullità dei termini apposti ai contratti, in forza dei quali egli aveva lavorato per la S.p.A. Poste Italiane dal 21/10/2003 al 31/12/2003 presso l’Ufficio di Vedano Olona e dal 16/11/2004 al 15/1/2005 presso l’UDR (OMISSIS).

La Corte – premesso che i contratti erano stati stipulati con la medesima causale (ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, per ragioni di carattere sostitutivo correlate alla specifica esigenza di provvedere alla sostituzione del personale inquadrato nell’area operativa addetto al servizio di recapito presso la Regione Lombardia, assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro) – osservava come le clausole contrattuali fossero sufficientemente specifiche, tenuto conto della complessità dell’azienda e alla luce della giurisprudenza di legittimità;

d’altra parte, la circostanza che l’appellante fosse stato effettivamente destinato alle sostituzioni risultava comprovata, in relazione ad entrambi i contratti, dalle testimonianze assunte.

Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza il R. con tre motivi; la S.p.A. Poste Italiane ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La presente motivazione è redatta in forma semplificata, previa deliberazione in tal senso del Collegio.

Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 1, comma 2, in relazione all’art. 8 dell’Accordo Quadro di cui alla Direttiva CEE n. 1999/1970, e degli artt. 76 e 77 Cost., nonchè omessa e/o insufficiente motivazione circa un punto controverso e decisivo per il giudizio, per avere la Corte di appello, erroneamente interpretando la normativa sui contratti a tempo determinato, ritenuto sufficientemente specifiche le clausole contrattuali contenenti l’apposizione del termine.

Il motivo è infondato.

La Corte territoriale ha, infatti, richiamato espressamente e correttamente applicato, nella fattispecie concreta, accertando l’indicazione nella clausola del periodo di lavoro, delle mansioni di recapito e dell’ufficio UP cui il lavoratore sarebbe stato assegnato nel vasto ambito della macrostruttura della Regione Lombardia (ciò che consentiva di ritenerne verificata in concreto l’effettiva destinazione alla sostituzione di personale assente), il principio di diritto di cui a Cass. 26 gennaio 2010 n. 1576, per il quale “in tema di assunzione a termine di lavoratori subordinati per ragioni di carattere sostitutivo, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 214 del 2009, con cui è stata dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2, l’onere di specificazione delle predette ragioni è correlato alla finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità della causa dell’apposizione del termine e l’immodificabilità della stessa nel corso del rapporto. Pertanto, nelle situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità” (conformi Cass. 26 gennaio 2010 n. 1577; 16 novembre 2010 n. 23119; 26 aprile 2013 n. 10068).

Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 e 416 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto rilevante ai fini della decisione della controversia, per avere la Corte di appello errato nella valutazione delle risultanze istruttorie, ritenendo provata l’avvenuta sostituzione di personale assente con diritto alla conservazione dei posto sia presso l’ufficio postale di (OMISSIS), sia presso l’UDR (OMISSIS).

Il motivo è inammissibile, poichè attraverso di esso, contrapponendosi a quella compiuta dalla Corte di appello altra e diversa ricostruzione in fatto, ritenuta più persuasiva e confacente alle risultanze istruttorie, si chiede, in sostanza, a questa Corte di legittimità di effettuare un nuovo esame del merito della controversia.

Con il terzo motivo il ricorrente si duole della ingiustizia del regolamento delle spese adottato dalla Corte per il secondo grado di giudizio, non essendo stato egli, nel proporre il gravame, litigante temerario.

Anche il motivo in esame è inammissibile, non avendo il ricorrente indicato alcuna norma di diritto da assumersi violata nel caso di specie, nel quale, peraltro, la Corte ha fatto esatta applicazione del principio di cui all’art. 91 c.p.c..

Le spese del presente giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

la Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.100,00 di cui Euro 100,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese generali al 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2016

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