Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13583 del 30/05/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 13583 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: BERRINO UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso 5855-2008 proposto da:
LICATA NUNZIO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIALE DELLE MILIZIE 106, presso lo studio
dell’avvocato FALVO D’URSO FRANCESCO, rappresentato e
difeso dall’avvocato GAMBINO LIBORIO, giusta delega in
atti;
– ricorrente –

2013

contro

846

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE

80078750587,

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato

Data pubblicazione: 30/05/2013

,

..

in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
avvocati CALIULO LUIGI, CORRERA FABRIZIO, CORETTI
ANTONIETTA, giusta delega in atti;
– controri corrente –

avverso la sentenza n. 1438/2006 della CORTE D’APPELLO
di PALERMO, depositata il 23/02/2007 R.G.N. 420/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 07/03/2013 dal Consigliere Dott. UMBERTO
BERRINO;
udito l’Avvocato GAMBINO LIBORIO;
udito l’Avvocato D’ALOISIO CARLA per delega CORETTI
ANTONIETTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI / che ha concluso per
l’inammissibilità o rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
Con sentenza del 30/11/06 — 23/2/07 la Corte d’appello di Palermo ha rigettato
l’impugnazione proposta da Nunzio Licata avverso la sentenza del giudice del
lavoro del Tribunale di Agrigento che gli aveva respinto la domanda diretta

pagamento dall’Inps con riferimento al periodo ottobre 1988— novembre 1993.
A sostegno della domanda il Licata aveva dedotto di essersi reso aggiudicatario
dell’appalto per la manutenzione degli immobili del Comune di Favara e di aver
costituito, per l’esecuzione del contratto, un’associazione temporanea di imprese
con la Co.mo.ter s.r.I , successivamente fallita, traendo da ciò la conseguenza
che il debito contributivo, relativo alla posizione dei dipendenti impiegati dalla
predetta associazione, non poteva essergli opposto, atteso che lo stesso era
riferibile esclusivamente alla società fallita che aveva gestito l’esecuzione
dell’appalto.
Il giudice di prime cure aveva parzialmente accolto la domanda riconvenzionale
dell’Inps, volta al conseguimento dell’intera contribuzione, dopo essere pervenuto
alla conclusione che doveva presumersi la partecipazione paritaria delle imprese
associate, con conseguente correlativo onere previdenziale ripartito nella misura
del 50% ciascuna, per cui aveva condannato Licata Nunzio al pagamento di metà
dell’intero debito dedotto in giudizio.
Nel confermare tale sentenza e nel rigettare sia l’appello principale del Licata che
quello incidentale dell’Inps, la Corte territoriale ha rilevato quanto segue: – Era
risultata incontestata l’esistenza dell’omissione contributiva nell’ammontare
preteso dall’Inps, posto che Licata Gioacchino, legale rappresentante della
Co.mo.ter s.r.1, società mandataria delle Imprese riunite Licata Nunzio e
Co.mo.ter srl, aveva chiesto ed ottenuto una posizione contributiva autonoma
relativamente ai lavoratori impiegati per l’esecuzione del predetto appalto nel
summenzionato periodo e che i modelli “DM 10” erano rimasti insoluti; inoltre, non

all’accertamento negativo del credito contributivo di £ 397.024.670 richiestogli in

rilevava il fatto che Licata Gioacchino potesse aver agito oltre i limiti del mandato
nel momento in cui aveva chiesto l’apertura della posizione previdenziale per le
suddette imprese riunite, così come non poteva avere alcuna incidenza la
circostanza che l’Inps potesse aver errato nell’accogliere una tale domanda, posto

dell’appalto e che gli stessi non erano risultati dipendenti di una delle società
riunite, in quanto erano stati presi in carico direttamente dall’associazione delle
suddette imprese che, però, era priva di soggettività giuridica; nella fattispecie
l’accordo di partecipazione alle imprese riunite, stipulato il 6/10/1988 tra Licata
Nunzio e la Co.mo.ter srl non prevedeva alcuna ripartizione tra le società
associate della realizzazione delle opere, per cui doveva presumersi la
partecipazione di entrambe in misura paritaria all’appalto, con correlativa
assunzione nei confronti dei terzi delle obbligazioni contratte per l’esecuzione dello
stesso, tanto più che la prova testimoniale non aveva confermato l’esistenza di un
asserito accordo di estromissione dell’appellante dall’appalto, senza contare che
in caso contrario un tale patto sarebbe stato nullo per frode alla legge ai sensi
dell’art. 1344 c.c.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso Licata Nunzio, il quale affida
l’impugnazione a quattro motivi di censura.
Resiste con controricorso l’Inps.
Motivi della decisione
1.Denunziando la violazione e falsa applicazione degli artt. 22 e 23 della legge n.
584 del 1977, degli artt. 22 e 23 del Dlgs n. 406/91 e dell’art. 2729 c.c. il ricorrente
contesta il presupposto sulla base del quale, a suo giudizio, la Corte d’appello
avrebbe ricavato il convincimento della sussistenza del suo obbligo contributivo,
vale a dire la ritenuta esistenza di un’associazione temporanea di imprese, di cui
alla legge 8 agosto 1977, n. 584, che avrebbe comportato la sua partecipazione
all’esecuzione dell’appalto. Sostiene, invero, il ricorrente che il fenomeno

che era pacifico che i lavoratori erano stati comunque impiegati per l’esecuzione

dell’associazione temporanea di imprese rileva esclusivamente ai fini previsti dalla
legge n. 584/1997 in materia di aggiudicazione di appalti pubblici e che ognuna
delle imprese riunite conserva la propria autonomia ai fini della gestione, degli
adempimenti fiscali e degli oneri sociali, per cui i dipendenti di ciascuna impresa

fenomeno l’esistenza di una obbligazione solidale, seppur parziale, per i crediti
vantati da terzi.
Tanto premesso, il ricorrente chiede di accertare quanto segue: se l’associato in
associazione temporanea di imprese, costituita ai sensi degli artt. 22-23 I.n.
584/77, debba rispondere o meno delle obbligazioni contratte dall’impresa
mandataria (nella fattispecie la Co.mo.ter srl rappresentata da Gioacchino Licata)
che abbia speso arbitrariamente il nome dell’associazione nei confronti dei terzi;
se la mandataria, senza il consenso della mandante, possa autonomamente
costituire a nome della predetta associazione temporanea una posizione
previdenziale presso l’Inps e se le obbligazioni contratte dalla mandataria siano
vincolanti o meno per l’associato che non risulti aver prestato il proprio consenso;
se l’associazione temporanea di imprese, soggetto privo di personalità giuridica,
possa costituire un valido ed efficace rapporto di lavoro con maestranze ed operai;
se l’Inps poteva aprire una posizione contributiva a nome di un soggetto privo di
personalità giuridica qual’era la società denominata “ATI Comoter Licata Nunzio”.
2. Col secondo motivo, avente ad oggetto la denunzia della violazione ed erronea
applicazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., il Licata si duole del fatto che la
Corte di merito lo ha condannato al pagamento della metà degli oneri previdenziali
sulla base della presunzione dell’avvenuta esecuzione delle opere da parte sua
nella misura del 50% all’interno dell’associazione temporanea di imprese,
nonostante che egli avesse dichiarato di non aver assunto le maestranze
impiegate nell’appalto e che tali dipendenti fossero stati assunti e retribuiti dalla

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non diventano dipendenti dell’associazione e nemmeno può ravvisarsi in tale

Comoter s.r.I., che aveva aperto arbitrariamente la posizione previdenziale a
carico dell’associazione stessa.
Tanto esposto, il ricorrente chiede di accertare se nel caso di specie la
responsabilità del mandante dell’associazione temporanea di imprese nei confronti

dell’art. 2729 cod. civ., avendo il giudice applicato una presunzione semplice pur
in presenza di prova testimoniale contraria, in quanto i direttori dei lavori escussi
avevano confermato che i lavori erano stati svolti dalla sola Comoter s.r.l. e che
avevano avuto rapporti solo con Licata Gioacchino, rappresentante della Comoter
s.r.I., oltre che con le maestranze di quest’ultima impresa.
3. Col terzo motivo, denunziando la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., oltre
che l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione circa un punto decisivo della
controversia, il ricorrente contesta quanto ritenuto dalla Corte sul fatto che la prova
da lui fornita in primo grado non era idonea ad escludere che egli aveva
partecipato alla realizzazione dell’appalto del Comune di Favara, basando tale suo
convincimento sul presupposto che i testi escussi non potevano aver avuto altro
punto di riferimento che la società Comoter, quale capogruppo mandataria. A tal
riguardo il ricorrente sostiene, invece, che l’esame dei testi era stato indirizzato
sulla fase operativa dei lavori e non su quella burocratica in cui la società
mandataria aveva svolto il ruolo di interlocutrice con i committenti, per cui non era
stato apprezzato dalla Corte quanto riferito dai direttori dei lavori impegnati nei
rapporti diretti con le maestranze, i quali avevano ammesso di non aver avuto
rapporti con Licata Nunzio, ma solo con la Comoter, per cui veniva ad essere
superata la presunzione semplice sulla quale si fondava la sentenza impugnata.
4. Con l’ultimo motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione
degli artt. 22 e 23 della legge n. 584 del 1977, degli artt. 22 e 23 del D.Igs n.
406/91 e degli artt. 1388, 1393, 1398, 1704 e 1711 cod. civ., nonché della illogicità
e contraddittorietà della motivazione circa un punto decisivo della controversia con

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dei terzi possa basarsi su semplice presunzione e se risulti violata la norma

riferimento al fatto che Licata Gioacchino, quale legale rappresentante della
capogruppo Comoter s.r.I., aveva travalicato i poteri del mandato conferitogli
dall’associazione temporanea delle imprese. Pertanto, il ricorrente chiede di
accertare se il mandato rilasciato ai sensi dell’art. 22 della legge n. 584/77

dell’associazione temporanea delle imprese e se tale mandato consentiva o meno
il potere di stipulare contratti di lavoro a nome della stessa associazione; inoltre, si
chiede di verificare se l’atto compiuto dal mandatario al di fuori dei poteri potesse
ritenersi vincolante per le associate e se il superamento dei limiti del mandato,
attraverso l’apertura di una posizione previdenziale a nome della predetta
associazione, potesse produrre o meno effetti obbligatori a carico dell’impresa
mandante di Licata Nunzio; si chiede, altresì, di appurare se vi fosse stata
violazione delle norme di cui agli artt. 1388, 1393, 1398, 1704 e 1711 c.c., in
quanto gli atti posti in essere dalla società Co.mo.ter s.r.I dovevano ritenersi come
compiuti da soggetto privo della necessaria rappresentanza e se vi fosse stata
violazione dell’art. 1393 c.c., non avendo l’Inps chiesto alla Co.mo.ter srl di
giustificare i suoi poteri di rappresentanza; infine, si chiede di accertare se
l’apertura di una posizione previdenziale da parte di quest’ultima società
mandataria al di fuori dei limiti del mandato potesse produrre effetti nei confronti
dell’impresa Licata Nunzio.
Osserva la Corte che i quattro motivi sopra esposti possono essere trattati
congiuntamente in considerazione della connessione delle tematiche in essi
racchiuse.
Orbene, il ricorso è infondato.
Invero, come è stato evidenziato in sentenza con motivazione congrua ed esente
da vizi di carattere logico-giuridico, la mancanza di un patto che prevedesse
l’esclusione dell’appellante dalla responsabilità degli obblighi contributivi assunti
per i lavoratori impiegati per l’esecuzione delle opere appaltate, lavoratori non

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conferiva anche il potere di aprire un’autonoma posizione Inps a nome

risultati alle dipendenze delle due associate ma dell’associazione temporanea di
imprese (come emerso dal libro matricola), priva di soggettività giuridica, ed il fatto
che in mancanza della previsione, all’interno dell’accordo di partecipazione del
6/10/98, di una ripartizione tra le associate alla realizzazione delle opere lasciava

società appellante dall’obbligo di versamento contributivo per la quota di sua
spettanza, in quanto un tale obbligo era sorto per effetto dell’apertura della
posizione previdenziale presso l’Inps concernente effettivamente i lavoratori
impiegati per l’esecuzione di quell’appalto, per cui alcun rilievo potevano avere le
dedotte questioni sull’asserito superamento dei limiti del mandato da parte
dell’associata Co.mo.ter srl nel momento in cui provvedeva al suddetto
adempimento presso l’ente previdenziale.
D’altronde, la società capogruppo di una associazione temporanea di imprese,
aggiudicataria di un appalto di opere pubbliche, agisce – in mancanza di diversa
ed esplicita volontà delle parti – quale mandataria delle altre società partecipanti
all’associazione, per cui l’adempimento giuridico di un atto previsto dalla normativa
previdenziale, quale quello dell’apertura della posizione previdenziale, attuato
nell’interesse comune delle imprese concorrenti all’associazione aggiudicataria
dell’appalto, non può non vincolare queste ultime ai fini dei nascenti obblighi
contributivi.
Né può ignorarsi che in tema di associazione temporanea d’impresa, l’art. 22,
ultimo comma, legge 8 agosto 1977, n. 584, il quale prevede che l’autonomia delle
imprese associate è conservata ai fini della gestione e degli adempimenti fiscali e
degli oneri sociali, non contiene alcuna deroga alla regola generale stabilita dal
precedente secondo comma, in base alla quale alla mandataria spetta la
rappresentanza esclusiva, anche processuale, delle imprese mandanti nei
confronti del soggetto appaltante (v. in tal senso Cass. Sez. 1 n. 12732 del

/0)

presumere la loro partecipazione in misura paritaria, impediva di ritenere esente la

20/7/2012), per tutte le operazioni e gli atti di qualsiasi natura dipendenti
dall’appalto.
Inoltre, la Corte territoriale ha adeguatamente posto in risalto che la prova
testimoniale non aveva suffragato la circostanza dell’esistenza di un patto di

valutazione di fatti congruamente motivata e sottratta, in quanto tale, ai rilievi di
legittimità.
D’altra parte, la presunzione della partecipazione paritaria delle imprese associate
è stata motivata in maniera logica dalla Corte col richiamo alla circostanza che
l’accordo stipulato tra l’appellante e la società “Co.mo.ter srl” non prevedeva
alcuna ripartizione tra le associate della realizzazione delle opere, con la
precisazione che un tale patto, se fosse stato realmente concluso, sarebbe stato
nullo per frode alla legge ai sensi dell’art. 1344 cod. civ.
Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e vanno
liquidate come da dispositivo.
P. Q. M
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio
nella misura di € 4500,00 per compensi professionali e di € 50,00 per esborsi, oltre
accessori di legge.
Così deciso in Roma il 7 marzo 2013
Il Consigliere estensore

limitazione di responsabilità, per cui anche in tal caso si è in presenza di una

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