Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13582 del 30/05/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. L Num. 13582 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: BERRINO UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso 4960-2008 proposto da:
ACCATINO STELLA, SQUIZZATO CARLA, RIVETTI MIRELLA,
tutte elettivamente domiciliate in ROMA, VIA PIERLUIGI
DA PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato
CONTALDI MARIO, che le rappresenta e difende
unitamente all’avvocato GALLENCA GIUSEPPE, giusta
2013

delega in atti;
– ricorrenti –

843
contro

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE

80078750587,

in

persona

del

legale

Data pubblicazione: 30/05/2013

Ass

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DELLA FREZZA

17,

presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
avvocati MERCANTI VALERIO, LANZETTA ELISABETTA, giusta
delega in atti;

avverso la sentenza n.

1152/2007 della CORTE D’APPELLO

di TORINO, depositata il 26/10/2007 R.G.N. 1399/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del

07/03/2013

dal Consigliere Dott. UMBERTO

BERRINO;
udito l’Avvocato GALLENCA GIUSEPPE;
udito l’Avvocato CHERUBINA CIRIELLO per delega
LANZETTA ELISABETTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI,che ha concluso per
inammissibilità o rigetto del ricorso.

– controricorrente

Svolgimento del processo
Le odierne ricorrenti, premesso di aver partecipato in qualità di dipendenti dell’Inps
alla selezione regionale per il passaggio a trentotto posti nella superiore posizione
“C4″ a decorrere dalli/11/2001, adirono il giudice del lavoro del Tribunale di

delle previsioni del contratto collettivo e del bando, per cui chiesero l’accertamento
dell’inadempimento dell’Inps agli obblighi stabiliti per la suddetta selezione ed il
conseguente annullamento di questa limitatamente alle loro posizioni concorsuali,
con condanna dell’ente convenuto al risarcimento dei danni non patrimoniali, oltre
quelli derivanti dalla perdita delle altre opportunità di impiego, nella misura di €
85.000,00 in favore di ciascuna di loro.
A seguito di rigetto della domanda le ricorrenti proposero appello che venne, però,
respinto dalla Corte territoriale con sentenza del 16/10 — 26/10/07.
La Corte d’appello di Torino ha in pratica condiviso il ragionamento del primo
giudice, il quale aveva rilevato la genericità delle censure riflettenti l’asserito
mancato rispetto da parte dell’Inps delle modalità per l’attribuzione dei cinque
punti previsti dal bando, nonchè l’insufficienza della domanda in relazione alla
deduzione del mancato interpello dei funzionari coordinatori della squadra per la
valutazione degli accrescimenti professionali del 2001, ed infine l’impossibilità di
un esito favorevole della selezione per le ricorrenti, atteso che anche l’attribuzione
del punteggio massimo previsto in quindici punti non avrebbe loro consentito di
superare l’ultimo dei vincitori del concorso.
Per la cassazione della sentenza propongono ricorso Squizzato Carla, Rivetti
Mirella ed Accattino Stella, le quali affidano l’impugnazione ad otto motivi di
censura.
Resiste con controricorso l’Inps.
Motivi della decisione

1

Torino contestando i punteggi ottenuti, in quanto ritenuti assegnati senza il rispetto

Coi primi tre motivi del ricorso, attraverso ognuno dei quali è denunziata, ai sensi
dell’ad. 360 n. 5 c.p.c., la violazione dell’ad. 132, n. 4, c.p.c., dell’ad. 118 delle
disposizioni di attuazione del codice di procedura civile e dell’ad. 342 c.p.c.
vengono prospettate questioni che possono essere trattate congiuntamente in

In sintesi, col primo motivo le ricorrenti adducono che la Corte d’appello non
avrebbe risposto alla maggior parte delle censure tese a contestare la ritenuta
genericità, da parte del primo giudice, della domanda concernente le doglianze
sulla mancata attribuzione del punteggio, oltre quelle sull’affermata mancanza di
prova dei lamentati danni.
Col secondo motivo si sostiene che la Code territoriale non avrebbe spiegato la
ragione per la quale non erano applicabili nella fattispecie i principi di diritto
richiamati nell’atto d’appello in materia di riparto dell’onere della prova in relazione
alle ipotesi di inosservanza delle regole del bando di concorso, nonché in materia
di verifica giudiziale del rispetto dei canoni di buona fede e correttezza ai fini della
individuazione della responsabilità della pubblica amministrazione, con
conseguente possibilità di liquidazione del danno in via equitativa.
Col terzo motivo si afferma che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte, si
era avuta, con riferimento alle doglianze che investivano la questione della
mancata attribuzione del punteggio, la specificazione dell’oggetto e della causale
della domanda, come riscontrato anche dalla puntuale difesa della controparte a
tal riguardo, per cui tutto ciò non avrebbe dovuto indurre i giudici di merito ad una
affermazione di genericità del ricorso.
I suddetti motivi sono infondati.
Anzitutto, occorre rilevare che la Corte territoriale ha adeguatamente spiegato, con
motivazione congrua ed esente da rilievi di natura logico-giuridica, di condividere
in pieno il convincimento del primo giudice in merito alle rilevate deficienze
probatorie e di allegazione, oltre che in relazione alla accertata impossibilità per le

2

?I>

quanto tra loro connesse.

ricorrenti di sovvertire l’esito del concorso anche nell’ipotesi in cui fosse stato
applicato in loro favore il punteggio massimo oggetto di contesa, dal momento che
esse si erano collocate in graduatoria alle spalle dell’ultimo dei trentotto vincitori
del bando.

inadempimento della pubblica amministrazione alle regole del bando di concorso
che dalla sentenza impugnata non emerge essere stato provato, così come è
stato ben spiegato che non era stato dimostrato, neppure in via presuntiva, che le
ricorrenti avevano avuto la possibilità di conseguire la promozione, per cui
difettava la prova dell’ipotizzabilità di un danno risarcibile, la qual cosa non
consentiva nemmeno di accedere alla valutazione del danno richiesto in via
equitativa.
Infine, la Corte ha logicamente spiegato che la genericità del ricorso non poteva
ritenersi sanata dall’accettazione della controparte, in quanto attraverso l’atto
introduttivo del giudizio le ricorrenti avrebbe dovuto offrire elementi specifici al
giudicante ai fini dell’esatta comprensione della domanda, ed aggiunge, con
motivazione congrua, di condividere quanto statuito dal primo giudice in ordine al
fatto che nel ricorso introduttivo non erano state indicate le specifiche modalità
istruttorie che sarebbero state disattese dalla pubblica amministrazione, né erano
stati forniti elementi per ritenere che il punteggio assegnato fosse errato.
Non va, infatti, dimenticato che nel rito del lavoro, le disposizioni dell’art. 414 cod.
proc. civ. (circa l’onere del ricorrente di esporre nel ricorso introduttivo i fatti e gli
elementi di diritto su cui si fonda la domanda) e dell’art. 416 dello stesso codice
(circa l’onere del convenuto di indicare, con la memoria difensiva depositata
all’atto della sua costituzione, le eccezioni, processuali e di merito, non rilevabili
d’ufficio e di prendere posizione, in materia precisa e non limitata ad una generica
contestazione, circa i fatti affermati dall’attore) trascendono, essendo dirette ad
una sollecita definizione del processo, l’interesse privato delle parti.

3

Tra l’altro, i principi richiamati col secondo motivo di censura presuppongono un

4. Col quarto motivo le ricorrenti deducono, ai sensi dell’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., la
violazione degli artt. 132, n. 4, e 342 c.p.c, nonché dell’art. 118 delle disposizioni
di attuazione dello stesso codice, il tutto con riferimento agli artt. 163, n. 4, e 414,
n. 4, c.p.c., in quanto a loro giudizio non tutti i motivi del gravame erano stati

che la pubblica amministrazione avrebbe dovuto necessariamente attenersi, nella
gestione della materia concorsuale, ai principi di correttezza e buona fede, dando
esauriente motivazione dei relativi provvedimenti, mentre il giudice adito avrebbe
dovuto valutare l’osservanza dei suddetti principi da parte della stessa
amministrazione pubblica.
Il motivo è infondato in quanto è inconferente rispetto alla vera ragione
dell’impugnata sentenza che riposa, come si è detto in precedenza, sull’accertata
insufficienza di allegazione e prova alla base della domanda, il tutto alla stregua di
una motivazione che sfugge, in quanto adeguatamente illustrata nel merito, ai
rilievi di legittimità.
Né va dimenticato che questa Corte ha già avuto occasione di affermare (Cass.
sez. lav. n. 2272 del 2/2/2007) che “il difetto di motivazione, nel senso di sua
insufficienza, legittimante la prospettazione con il ricorso per cassazione del
motivo previsto dall’art. 360, comma primo, n. 5), cod. proc. civ., è configurabile
soltanto quando dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito e quale
risulta dalla sentenza stessa impugnata emerga la totale obliterazione di elementi
che potrebbero condurre ad una diversa decisione ovvero quando è evincibile
l’obiettiva deficienza, nel complesso della sentenza medesima, del procedimento
logico che ha indotto il predetto giudice, sulla scorta degli elementi acquisiti, al suo
convincimento, ma non già, invece, quando vi sia difformità rispetto alle attese ed
alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato attribuiti dal giudice
di merito agli elementi delibati, poiché, in quest’ultimo caso, il motivo di ricorso si
risolverebbe in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei

esaminati e tra questi vi erano anche quelli attraverso i quali era stato evidenziato

convincimenti dello stesso giudice di merito che tenderebbe all’ottenimento di una
nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del
giudizio di cassazione. In ogni caso, per poter considerare la motivazione adottata
dal giudice di merito adeguata e sufficiente, non è necessario che nella stessa

argomentazioni svolte dalle parti, ma è sufficiente che il giudice indichi (come
accaduto nella specie) le ragioni del proprio convincimento, dovendosi in tal caso
ritenere implicitamente disattese tutte le argomentazioni logicamente incompatibili
con esse”.
5. Col quinto motivo ci si duole, ai sensi dell’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., della
violazione degli artt. 132, n. 4, c.p.c, 118 disp. att. c.p.c. e 342 c.p.c., con
riferimento agli artt. 163, n. 4, e 414, n. 4, c.p.c., e si contesta sia la parte della
motivazione in cui si afferma che nel ricorso introduttivo non erano state indicate le
specifiche modalità istruttorie che la pubblica amministrazione avrebbe disatteso
nella gestione delle procedure concorsuali, sia quella in cui si evidenzia che non
erano stati forniti elementi per ritenere che il punteggio assegnato fosse errato,
traendosi la conclusione che la Corte di merito avrebbe finito per invertire l’onere
della prova sulla dimostrazione del denunziato inadempimento dell’ente
previdenziale all’osservanza delle regole concorsuali.
Il motivo è infondato, posto che le ricorrenti non forniscono, in spregio al principio
dell’autosufficienza che presiede al giudizio di legittimità, elementi utili dai quali
poter dedurre che, invece, erano state concretamente indicate le modalità
istruttorie che a loro giudizio sarebbero state disattese dalla pubblica
amministrazione e che il punteggio loro assegnato sarebbe stato erroneamente
calcolato, mentre le medesime si limitano genericamente ad obiettare che non
avevano posto una questione di punteggio giusto o errato, bensì di modalità di
attribuzione dello stesso, per cui non viene in ultima analisi scalfita la validità della

vengano prese in esame (al fine di confutarle o condividerle) tutte le

ragione di base della decisione impugnata che fa leva sull’insufficienza degli oneri
probatori e di allegazione da parte delle ricorrenti.
6. Attraverso il sesto motivo le ricorrenti si dolgono, ai sensi dell’art. 360 n. 3 e 5
c.p.c, della violazione degli artt. 132, n. 4, c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 342 c.p.c,

all’accordo integrativo lnps per l’anno 2000 — punto 2 ed al bando di selezione, in
quanto sostengono che sarebbe priva di motivazione la parte della sentenza in cui
si afferma che l’attribuzione del punteggio degli altri concorrenti non avrebbe loro
consentito di essere inserite in posizione utile di graduatoria.
Il motivo presenta, anzitutto, un profilo di inammissibilità in quanto, ad onta della
preannunziata violazione delle suddette norme di legge e di contratto, non è
spiegato in qual modo una tale violazione si sarebbe verificata, essendo la
censura limitata ad un generale richiamo al dovere di motivazione del
convincimento del giudicante. In realtà, il motivo finisce per tradursi in una
sostanziale censura di un supposto vizio di omessa motivazione, ma sotto tale
aspetto lo stesso è infondato perché la Corte territoriale si è chiaramente espressa
al riguardo della questione in esame con motivazione adeguata ed esente da
rilievi di natura logico-giuridica, come tale incensurabile nella presente sede di
legittimità, spiegando che l’attribuzione del punteggio massimo di quindici punti
non avrebbe, comunque, consentito alle ricorrenti di scavalcare neanche l’ultimo
dei trentotto vincitori del bando di concorso.
7. Col settimo motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., la violazione
degli artt. 132, n. 4, c.p.c, 118 disp. att. c.p.c. e 342 c.p.c. in relazione agli artt.
1175, 1375 e 2043 cod. civ., sostenendosi che la lesione di diritti
costituzionalmente garantiti implicava automaticamente la sussistenza del danno
che poteva essere liquidato in via equitativa.
8. Con l’ottavo motivo è denunziata, ai sensi dell’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., la
violazione degli artt. 132, n. 4, c.p.c, 118 disp. att. c.p.c. e 342 c.p.c. in relazione

con riferimento agli artt. 1218 e 2697 c.c., all’art. 14 del c.c.n.l. di settore,

agli artt. 2 e 4 della Costituzione, 2043, 2059 e 1226 cod. civ., deducendosi che a
fronte della lesione dei diritti garantiti dai citati precetti costituzionali avrebbe
dovuto ritenersi insita la sussistenza del lamentato danno e che il richiamo alla
sentenza n. 6752/2006 di questa Corte avrebbe dovuto essere svolto dal giudice

comunque, esonerarlo dalla verifica dell’esistenza del danno stesso.
Gli ultimi due motivi possono essere trattati congiuntamente essendo tra loro
connessi per l’identità della questione.
Orbene, entrambi i motivi sono infondati in quanto, com’è stato già spiegato in
occasione della disamina del secondo motivo di censura, la Corte d’appello ha
escluso la prova di qualsiasi illecito della pubblica amministrazione e, quindi, la
stessa ipotizzabilità di danni.
Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza delle ricorrenti e vanno
liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna le ricorrenti alle spese del presente giudizio
nella misura di € 3500,00 per compensi professionali e di € 50,00 per esborsi, oltre
accessori di legge.
Così deciso in Roma il 7 marzo 2013
Il Consigliere estensore

di merito con riguardo a tutti i principi in essa enunziati e non avrebbe potuto,

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA