Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13582 del 21/06/2011

Cassazione civile sez. lav., 21/06/2011, (ud. 19/05/2011, dep. 21/06/2011), n.13582

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, rappresentata e difesa

dall’avvocato CARRIERI MARIO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

P.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1229/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 19/06/2006 r.g.n. 9633/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/05/2011 dal Consigliere Dott. VITTORIO NOBILE;

udito l’Avvocato ANNA BUTTAFOCO per delega MARIO CARRIERI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CESQUI Elisabetta, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La s.p.a. Poste Italiane ha proposto ricorso con due motivi avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma depositata il 19-6-2006 che, in riforma della sentenza del Giudice del lavoro del Tribunale di Roma del 10-11-2003, ha dichiarato la nullità del termine apposto al contratto di lavoro, stipulato per “esigenze eccezionali…” ex art. 8 CCNL 1994 come integrato dall’acc. az. 25-9-97, intercorso con P.M. per il periodo 2-6-1999/30-10-1999, con conseguente prosecuzione giuridica del rapporto ancora in atto, escludendo qualsiasi risarcimento del danno.

Il P. è rimasto intimato.

Infine il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata.

Ciò posto, premesso che nella fattispecie va applicato l’art. 366 bis c.p.c., ratione temporis, trattandosi di ricorso avverso sentenza depositata in data successiva all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006 ed anteriore all’entrata in vigore della legge n. 69/2009 (cfr. fra le altre Cass. 24-3-2010 n. 7119, Cass. 16-12-2009 n. 26364), osserva il Collegio che il ricorso risulta inammissibile per mancanza dei requisiti imposti dalla detta norma processuale.

L’art. 366 bis c.p.c., infatti, “nel prescrivere le modalità di formulazione dei motivi di ricorso in cassazione, comporta, ai fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso medesimo, una diversa valutazione da parte del giudice di legittimità a seconda che si sia in presenza dei motivi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, ovvero del motivo previsto dal n. 5 della stessa disposizione. Nel primo caso ciascuna censura deve, all’esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di diritto, la cui enunciazione (e formalità espressiva) va funzionalizzata, come attestato dall’art. 384 cod. proc. civ., all’enunciazione del principio di diritto ovvero a “dicta” giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare importanza, mentre, ove venga in rilievo il motivo di cui all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 (il cui oggetto riguarda il solo “iter” argomentativo della decisione impugnata), è richiesta una illustrazione che pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione” (v. Cass. 25-2-2009 n. 4556).

In particolare il quesito di diritto, in sostanza, deve integrare (in base alla sola sua lettura) la sintesi logico-giuridica della questione specifica sollevata con il relativo motivo (cfr. Cass. 7-4- 2009 n. 8463) e “deve comprendere l’indicazione sia della regola iuris adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo. La mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile” (v. Cass. 30-9- 2008 n. 24339).

Pertanto, come è stato più volte affermato da questa Corte e va qui nuovamente enunciato ex art. 384 c.p.c., “è inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., il ricorso per cassazione nel quale l’illustrazione dei singoli motivi non sia accompagnata dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto, tale da circoscrivere la pronuncia del giudice nei limiti di un accoglimento o un rigetto del quesito formulato dalla parte” (v. Cass. S.U. 26-3- 2007 n. 7258, Cass. 7-11-2007 n. 23153), non potendo, peraltro, il quesito stesso desumersi dal contenuto del motivo, “poichè in un sistema processuale, che già prevedeva la redazione del motivo con l’indicazione della violazione denunciata, la peculiarità del disposto di cui all’art. 366 bis c.p.c., consiste proprio nell’imposizione al patrocinante che redige il motivo, di una sintesi originale ed auto sufficiente della violazione stessa, funzionalizzata alla formazione immediata e diretta del principio di diritto e, quindi, al miglior esercizio della funzione nomofilattica della Corte di legittimità” (v. Cass. 24-7-2008 n. 2040, cfr. Cass. S.U. 10-9-2009 n. 19444).

Nell’ipotesi, poi, prevista dall’art. 360 c.p.c., n. 5, come pure è stato precisato e va qui nuovamente enunciato, “l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione” e “la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo al quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità” (v. Cass. S.U. 1-10-2007 n. 20603, Cass. 20-2-2008 4309). Tale sintesi deve essere “evidente ed autonoma” – v. Cass. 30- 12-2009 n. 27680, Cass. 7-4-2008 n. 8897, Cass. S.U. 1-10-2007 n. 20603, Cass. 18-7-2007 n. 16002 – e non può essere ricavata implicitamente dall’esposizione complessiva del motivo stesso.

Orbene, nella fattispecie, la società ricorrente, che pur ha ampiamente illustrato i motivi di ricorso, riguardanti il primo violazione dell’art. 1362 e segg. e vizi di motivazione in ordine al limite temporale di efficacia dell’accordo 25-9-97 e il secondo violazione della L. n. 230 del 1962, della L. n. 56 del 1987, art. 23 e dell’art. 1362 c.c., circa l’ampiezza della delega conferita alle parti collettive , non ha formulato alcun quesito di diritto e neppure ha espresso in qualche modo una sintesi dei vizi di motivazione denunciati.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Infine non deve provvedersi sulle spese non avendo il P. svolto alcuna attività difensiva.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso, nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 19 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2011

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