Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13582 del 21/05/2019

Cassazione civile sez. III, 21/05/2019, (ud. 12/10/2018, dep. 21/05/2019), n.13582

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14376-2017 proposto da:

CAGI SPA, in persona dell’Amministratore Unico nonchè legale

rappresentante p.t., sig.ra P.F., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA GUIDO RENI, 2, presso lo studio

dell’avvocato GIORGIO VIANELLO ACCORRETTI, rappresentata e difesa

dagli avvocati RAFFAELE SILIPO, ALDO CASALINUOVO giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

REGIONE CALABRIA, in persona del Presidente della Giunta Regionale e

L.r. pro tempore On.le O.G.M., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA LUIGI CALAMATTA, 16, presso lo studio

dell’avvocato GIADA BERNARDI, rappresentata e difesa dall’avvocato

GIUSEPPE NAIMO giusta procura in calce al controricorso;

AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE CATANZARO, in persona del Direttore

Generale e legale rappresentante p.t. Dott. PE.GI.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE G. MAZZINI, 113, presso lo

studio dell’avvocato MASSIMO ODDO, rappresentata e difesa

dall’avvocato GIOVANNI VITALE giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 664/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 29/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/10/2018 dal Consigliere Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La società CA.GI. S.p.a. ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 664/16, del 29 aprile 2016, della Corte di Appello di Catanzaro, che – respingendo il gravame dalla stessa esperito contro la sentenza n. 2485/10, del 29 novembre 2010, del Tribunale di Catanzaro – ha rigettato la domanda proposta dall’odierna ricorrente verso l’Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro (d’ora in poi, “ASP Catanzaro”) per il pagamento di prestazioni ospedaliere rese, nell’anno 2002, oltre i volumi massimi (n. 1.362,01 casi) comunicati in data 11 settembre 2002.

2. Riferisce, in punto di fatto, la ricorrente di avere adito peraltro, all’esito di un primo contenzioso radicato innanzi al TAR Calabria, conclusosi con sentenza dichiarativa del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo – il Tribunale di Catanzaro, per conseguire, dall’allora A.S.L. n. (OMISSIS) di Catanzaro (poi divenuta ASP), quanto ad essa spettante in forza del titolo sopra meglio indicato.

Riferiva, infatti, la società CA.GI. di essere accreditata con il Servizio Sanitario nazionale per l’erogazione di prestazioni di ricovero ospedaliero di varia natura, deducendo, altresì, che – in data 11 settembre 2002, a seguito dell’entrata in vigore della L.R. Calabria 7 agosto 2002, n. 29 – la predetta ASL n. (OMISSIS), nel corso di apposita riunione, notificava i volumi massimi delle prestazioni di assistenza ospedaliera da acquistare dalle case di cura private, fissando gli stessi, per l’odierna ricorrente, in complessivi 1.362,01 casi, per un importo di Euro 4.748.833,20.

Rappresentata da CA.GI., con nota del successivo 12 settembre 2002, l’incongruità di tale proposta, poichè intervenuta alla fine dell’anno, quando la programmazione gestionale e operativa delle strutture accreditate risultava ormai irreversibile, all’esito di ulteriore riunione del 17 settembre la ASL. n. (OMISSIS) avanzava una nuova proposta negoziale per 1.699,71 casi, con tetto di spesa complessiva pari a Euro 5.135.178,25, proposta, peraltro, che non veniva accettata dall’odierna ricorrente.

Pertanto, con nota n. 3555 del 18 ottobre 2002, la predetta ASL n. 7, in persona del suo direttore sanitario, comunicava che – in difetto di accettazione, da parte delle strutture accreditate, delle proposte negoziali da essa avanzate (ciò di cui era stato, comunque, informato l’assessorato regionale alla sanità, per l’assunzione delle determinazioni di sua competenza) – avrebbe, per il futuro, provveduto a recepire con riserva ogni comunicazione rendiconto e contabilità da parte delle medesime strutture accreditate.

Ritenendo che tale comportamento violasse sia l’art. 1175 c.c., nonchè il principio di correttezza e affidamento nei rapporti tra privati e pubblica amministrazione, posto dall’art. 97 Cost. e dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, l’odierna ricorrente adiva il Tribunale di Catanzaro (come detto, all’esito del provvedimento con cui il giudice amministrativo dichiarava il proprio difetto di giurisdizione), assumendo di essere creditrice dell’importo di Euro 2.059.786 già indicato nella riunione dell’11 settembre 2002. In via di subordine, tuttavia, proponeva domanda di pagamento dei minori importi risultanti o per le prestazioni rese fino al 18 ottobre 2002 (data di invio della lettera con cui il direttore della ASL n. (OMISSIS) aveva informato le strutture accreditate della volontà dell’azienda di recepire la contabilità solo con riserva), ovvero per i ricoveri effettuati dal 12 al 17 settembre 2002, data nella quale le erano stati comunicati i tetti definitivi, per un importo pari a Euro 89.502,59.

Radicato il giudizio innanzi al Tribunale di Catanzaro, la convenuta veniva autorizzata a chiamare in causa la Regione Calabria, la quale, nel costituirsi in giudizio, oltre a eccepire il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, deduceva l’insussistenza, in capo alla convenuta, del diritto di proporre domande di alcun genere nei propri confronti, essendo la ASL n. (OMISSIS) l’unica controparte negoziale della struttura accreditata.

Respinta dal Tribunale di Catanzaro ogni domanda attorea, la società CA.GI. esperiva gravame, rigettato, tuttavia, dalla Corte calabrese.

Essa – per quanto qui di interesse – escludeva la remunerabilità delle prestazioni ex art. 2041 c.c. sul presupposto che l’azione di arricchimento nei confronti della pubblica amministrazione richiederebbe, quale condizione imprescindibile, il riconoscimento della utilità della prestazione effettuato tramite una inequivoca, ancorchè implicita, manifestazione di volontà promanante da organi rappresentativi dell’amministrazione interessata.

Siffatto riconoscimento, nella specie, doveva ritenersi escluso, proprio in forza della citata nota n. 3555 del 18 ottobre 2002 del direttore sanitario dell’ASL n. (OMISSIS).

3. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la società CA.GI., sulla base di due motivi, non senza previamente rilevare come l’esperita impugnazione debba ritenersi ammissibile.

Difatti, in presenza di due cause scindibili – quali sarebbero da ritenere quella da essa proposta verso la ASL n. (OMISSIS) (oggi ASP di Catanzaro) e quella, invece, instaurata dalla convenuta nei confronti della terza chiamata – non opererebbe la regola della unitarietà del termine per proporre impugnazioni.

3.1. Ciò premesso, con il primo motivo di ricorso – proposto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – viene dedotta violazione, erronea e falsa applicazione dell’art. 2041 c.c.

Ci si duole, in particolare, del fatto che l’interpretazione dell’art. 2041 c.c. proposta dalla sentenza impugnata non sia conforme a quella affermata dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo le quali l’apprezzamento circa la sussistenza di un vantaggio per l’ente pubblico deve essere effettuato sul piano rigorosamente oggettivo e non soggettivo (è citata Cass. Sez. Un., sent. 26 maggio 2015, n. 10798).

3.2. Con il secondo motivo si deduce, invece, violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), censurando la sentenza impugnata per l’assenza di adeguata motivazione, idonea a superare il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte con il già ricordato arresto del 2015.

La censura è basata sul rilievo che, secondo quanto affermato dalla Corte costituzionale (viene citata la sentenza n. 230 del 2012), le decisioni del giudice della nomofilachia possono essere disattese solo quando la pronuncia del giudice di merito sia supportata da adeguata motivazione.

4. Ha resistito l’ASP Catanzaro, con controricorso, all’avversaria impugnazione, chiedendone la declaratoria di inammissibilità e/o improponibilità (per decorso del termine per impugnare, attesa la sua unitarietà), ovvero, in subordine, la sua reiezione, per difetto dei presupposti per l’applicazione dell’art. 2041 c.c.

5. Anche la Regione Calabria ha resistito, con controricorso, all’impugnazione della società CA.GI, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o infondata.

In relazione al primo profilo, si richiama anch’essa al principio della unitarietà del termine per impugnare, come sancito dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza 4 dicembre 2015, n. 24707.

Nel merito, invece, sottolinea l’assenza del presupposto della sussidiarietà, previsto dall’art. 2042 c.c., non senza, peraltro formulare richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nell’ipotesi in cui questa Corte dovesse orientarsi per l’accoglimento dell’avversaria impugnazione.

Reputa, infatti, che il riconoscimento, sotto forma di indebito arricchimento, della remunerazione per lo svolgimento di servizi di interesse economico generale, integri un “aiuto di Stato”, in difformità dai cosiddetti criteri di “Altmark” e in violazione dell’art. 108, par. 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea.

6. Hanno presentato memoria sia la ricorrente, sia la Regione Calabria, insistendo nelle proprie argomentazioni e replicando a quello avversarie.

In particolare, la ricorrente sottolinea di non aver proposto alcuna domanda contro la Regione Calabria, ma di aver indirizzato l’impugnazione nei suoi confronti per mera “litis denuntiatio”, donde, a suo dire, l’impossibilità di applicare il principio sull’unitarietà del termine di impugnazione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

7. Il ricorso è inammissibile.

7.1. Trova, infatti, applicazione il principio, ancora di recente ribadito da questa Corte, secondo cui, nei “processi con pluralità di parti”, non solo quando si configuri l’ipotesi di litisconsorzio necessario, ma anche quella del “litisconsorzio processuale (cd. litisconsorzio “unitario o quasi necessario”), è applicabile la regola, propria delle cause inscindibili, dell’unitarietà del termine per proporre impugnazione, con la conseguenza che la notifica della sentenza eseguita da una delle parti segna, nei confronti della stessa e della parte destinataria della notificazione, l’inizio del termine breve per impugnare contro tutte le altre parti, sicchè la decadenza dall’impugnazione per scadenza del termine esplica effetto nei confronti di tutte le parti” (così, da ultimo, Cass. Sez. 3, ord. 7 giugno 2018, n. 14722, Rv. 649046-02; in senso analogo Cass. Sez. Lav., sent. 20 gennaio 2016, n. 986, Rv. 638865-01; Cass. Sez. 3, sent. 29 settembre 2011, n. 19869, Rv. 619378-01).

Nella specie, infatti, la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro risulta essere stata notificata dalla Regione Calabria il 29 aprile 2016, mentre il ricorso di CA.GI. è stato inviato agli ufficiali giudiziari per la notificazione il 25 maggio 2017.

Nè ad escludere tale esito può valere il rilievo che la Regione Calabria venne chiamata in causa dall’ASP Catanzaro e che nessuna domanda, verso la terza chiamata, è stata proposta dall’odierna ricorrente, giacchè l’assunzione della qualità di parte, sebbene ad iniziativa della convenuta, ha comunque determinato l’insorgenza, pure nei confronti di tale soggetto, del litisconsorzio “quasi-unitario”.

8. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, essendo pertanto poste a carico di parte ricorrente e liquidate come da dispositivo.

9. Infine, a carico della parte ricorrente sussiste l’obbligo di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società CA.GI. S.p.a. a rifondere all’Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro e alla Regione Calabria le spese del presente giudizio, che liquida, per la prima, in Euro 6.100,00, nonchè, per la seconda, in Euro 8.000.00, più per entrambe – Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, all’esito di adunanza camerale della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 12 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2019

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