Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13580 del 30/05/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 13580 Anno 2013
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: BERRINO UMBERTO

SENTENZA
sul ricorso 3912-2008 proposto da:
STAMIGNA CESARE, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA RODI 32, presso lo studio dell’avvocato CHIOCCI
MARTINO UMBERTO, rappresentato e difeso dall’avvocato
MARRUCO GIUSEPPE, giusta delega in atti;
– ricorrente 2013
832
4

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
80078750587, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA
FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

Data pubblicazione: 30/05/2013

rappresentato e difeso dagli avvocati MARITATO LELIO,
CORRERA FABRIZIO, CORETTI ANTONIETTA, giusta delega in
&calce alla copia notificata del ricorso;

resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 597/2007 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 06/03/2013 dal Consigliere Dott. UMBERTO
BERRINO;
udito l’Avvocato MARITATO LELIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE, che ha conclus per
il rigetto del ricorso.

di PERUGIA, depositata il 16/11/2007 r.g.n. 1213/05;

Svolgimento del processo
Con ricorso proposto al Tribunale di Terni in funzione di giudice del lavoro
Stamigna Cesare si oppose alla cartella esattoriale con la quale l’Inps gli aveva
intimato il pagamento della somma di lire 133.494.702 a titolo di contributi e

collaboratori della sua impresa familiare costituita da un esercizio commerciale per
la rivendita al minuto di articoli sportivi, da caccia e da pesca.
Il giudice adito accolse l’opposizione ed annullò la cartella esattoriale dando
credito alla tesi del ricorrente sulla non riconducibilità dell’attività oggetto di
ispezione ad una impresa familiare e negando, in tal modo, rilevanza all’esito degli
accertamenti ispettivi che avevano indotto l’Inps a ravvisare nella fattispecie la
sussistenza di un’attività lavorativa svolta dai collaboratori dell’impresa familiare
condotta dall’opponente.
A seguito di appello dell’istituto previdenziale la Corte territoriale di Perugia, con
sentenza dell’i 1/7 — 16/11/07, ha riformato la decisione gravata dopo aver rilevato
che l’istruttoria aveva offerto nel suo complesso elementi sufficienti a far ritenere
che l’attività lavorativa oggetto d’indagine rientrava nell’ambito di una impresa
familiare effettivamente esercitata e per la quale erano dovuti i contributi pretesi
dall’ente previdenziale.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso Stamigna Cesare, il quale affida
l’impugnazione a tre motivi di censura.
Rimane solo intimato l’Inps.
Motivi della decisione
1. Col primo motivo, denunziando la violazione degli artt. 1 e 2 della legge n.
613/66, degli artt. 113 e 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., nonché delle norme in
materia di obbligo assicurativo dei familiari coadiuvanti ed in tema di prova, il
ricorrente pone sostanzialmente in dubbio che l’obbligo contributivo possa ritenersi
esteso ai familiari coadiutori a prescindere dalla loro effettiva partecipazione

1

somme aggiuntive relativi al lavoro svolto nel periodo 1985 — 1996 dai

abituale e prevalente al lavoro aziendale ed in difetto di positivo accertamento di
detta partecipazione.
2. Attraverso il secondo motivo, avente ad oggetto la denunzia di illogicità,
contraddittorietà ed insufficienza della motivazione con riferimento agli artt. 113 e

giudicante non aveva indagato in merito alla effettività della prestazione lavorativa
abituale e prevalente dei collaboratori, finendo per soffermarsi sul dato formale
dell’esistenza di un atto costitutivo di impresa familiare e su altri elementi
accidentali, quali la sottoscrizione del predetto atto e l’astratta imputazione del
reddito operata dal commercialista nelle dichiarazioni fiscali dal medesimo
predisposte, ed ignorando, invece, l’eccezione della mancanza di ogni reale
collaborazione dei familiari in questione.
3. Col terzo motivo, contenente la denunzia della violazione dell’art. 2697 c.c. e
dei vizi dell’insufficienza e contraddittorietà della motivazione in ordine
all’assolvimento dell’onere della prova, il ricorrente contesta l’impugnata decisione
nella parte in cui vengono descritte le circostanze che a giudizio della Corte
territoriale avrebbero dimostrato l’assolvimento da parte dell’ente dell’onere
probatorio relativo all’esistenza dei presupposti della pretesa creditoria azionata.
Il ricorrente si riferisce, in tal caso, ai seguenti dati menzionati nella sentenza: Sottoscrizione dell’atto costitutivo dell’impresa da tutte le parti; riferimento a tale
atto fatto dallo Stamigna nel corso del colloquio con l’ispettore; ripartizione dei
redditi tra i compartecipanti risultante dai modelli fiscali “740”; ammissione da
parte degli stessi partecipanti circa lo svolgimento di un’attività sporadica; mancato
svolgimento da parte di questi ultimi di altre attività lavorative.
Osserva la Corte che i tre motivi, che possono esaminarsi congiuntamente in
quanto tra loro connessi, sono fondati.
Invero, è stato affermato in giurisprudenza che, per quanto riguarda il valore ai fini
probatori della natura del rapporto come autonomo o subordinato, il “nome iuris”

115 c.p.c., 2697 c.c. ed 1 e 2 della legge n. 613/66, lo Stamigna lamenta che il

dato al rapporto dalle parti può costituire un utile elemento di giudizio, avendo poi
rilievo il concreto svolgimento del rapporto stesso (cfr. tra le molte in tali sensi
Cass. 26 agosto 1996 n. 8508; Cass. 20 gennaio 1987 n. 507). Inoltre, si è
precisato che ai fini del riconoscimento dell’istituto residuale dell’impresa familiare

dello svolgimento da parte del partecipante di un’attività lavorativa continua, nel
senso di attività non saltuaria ma regolare e costante, anche se non
necessariamente a tempo pieno, sia dell’accrescimento della produttività
dell’impresa provocato dal lavoro del partecipante, necessaria per determinare la
quota di partecipazione agli utili e agli incrementi (cfr. Cass. 18 aprile 2002 n.
5603, nonché Cass. 16 dicembre 2005 n. 27839); infine, anche per quanto attiene
al lavoro aziendale, si è spiegato che è richiesta l’abitualità e la prevalenza della
partecipazione a tale lavoro che si concretizzi nel carattere continuativo e non
occasionale di detta partecipazione come voluto dall’art. 1, comma 203, della
legge n. 662 del 1996 ai fini dell’insorgenza dell’obbligo di iscrizione alla gestione
assicurativa degli esercenti attività commerciale (cfr. sul punto Cass. 12 luglio
2012 n. 11804).
Orbene, in relazione ai singoli componenti della famiglia del titolare dell’impresa
era pertanto necessario, ai fini della loro sottoposizione agli obblighi assicurativi,
che l’attività spiegata nell’azienda fosse continua e non occasionale e fosse
funzionalizzata all’accrescimento della produttività e degli utili dell’impresa stessa,
non essendo sufficiente ritenere che la prova richiesta potesse esaurirsi attraverso
la qualificazione data nell’atto notarile al rapporto instaurato tra gli indicati
componenti della famiglia ed attraverso la dichiarazione dei redditi del titolare
dell’impresa.
Pertanto, il ricorso va accolto con conseguente cassazione della sentenza
impugnata e rinvio del procedimento ad altra Corte d’appello, che si individua in

;9

è necessario che concorrano due condizioni e cioè che sia fornita la prova sia

quella di Firenze, la quale, nel riesaminare il merito della controversia alla luce dei
suddetti principi, prowederà anche alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le

Così deciso in Roma il 6 marzo 2013
Il Consigliere estensore

spese, alla Corte d’appello di Firenze.

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