Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13578 del 19/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 19/05/2021, (ud. 03/02/2021, dep. 19/05/2021), n.13578

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8351-2015 proposto da:

LE ROI SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SILVIO PELLICO 24,

presso lo studio dell’avvocato CESARE ROMANO CARELLO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato STEFANO ROMEI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1865/2014 della COMM. TRIB. REG. TOSCANA,

depositata il 30/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/02/2021 dal Consigliere Dott. MILENA BALSAMO.

 

Fatto

ESPOSIZIONE DEL FATTO

1. La società Le Roi s.r.l., in persona del l.r, chiede, sulla base di tre motivi, la cassazione della sentenza n. 1865/2014, depositata il 30 settembre 2014, con la quale la commissione tributaria della Toscana, in riforma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di liquidazione e di rettifica dei valori di avviamento e delle attrezzature relative all’atto di cessione dell’azienda “Tramp Music hall”.

A detta della commissione tributaria regionale correttamente l’amministrazione finanziaria aveva utilizzato, quale criterio per la determinazione del valore di avviamento, quello indicato dalla previgente norma di cui al D.P.R. n. 460 del 1996, art. 2, comma 4, indicato dall’Ufficio “in modo chiaro, come chiara risultava la determinazione del valore delle attrezzature”.

Resiste l’Agenzia con controricorso.

La società ricorrente ha depositato memorie difensive in prossimità dell’udienza.

Diritto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI DIRITTO

p. 2. Con il primo motivo del ricorso, si lamenta la nullità del capo di sentenza relativo al valore dell’avviamento per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 4, e art. 61, nonchè dell’art. 118 disp. att. c.p.c., e dell’art. 156 c.p.c., in coordinamento con l’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4; per avere la CTR della Toscana affermato che l’ufficio aveva correttamente determinato il valore dell’avviamento commerciale dell’azienda sulla base dei criteri di cui al D.P.R. n. 460 del 1996, art. 2, comma 4, in totale difformità sia dalle difese proposte dall’appellante che della contribuente sia dal contenuto dell’atto impositivo opposto.

Ed infatti, sia dall’atto impugnato che dalle difese svolte dall’Agenzia delle entrate risulta che la quantificazione dell’avviamento è stata operata dall’ente finanziario sulla base della situazione reddituale della società cedente nel triennio antecedente la cessione, adottando come parametro di riferimento l’ammontare dei ricavi medi puntuali risultanti dalla elaborazione degli studi di Settore presentati nel triennio 2007-2009 dalla cedente ed applicando ai ricavi medi puntuali così determinati il coefficiente moltiplicatore dell’0,40.

Per i beni strumentali, l’Agenzia aveva preso in considerazione il costo storico degli stessi, rideterminando il valore di mercato dei beni in Euro 70.000, anzichè in Euro 20.000, prezzo indicato nella cessione.

Le doglianze proposte avverso detto atto concernevano appunto i criteri di calcolo e dell’avviamento e dei beni strumentali atteso che il criterio di determinazione dell’avviamento doveva essere ravvisato in quello dettato dal D.P.R. n. 460 del 1996, art. 2, consistente nell’applicare la percentuale di reddittività alla media dei ricavi dichiarati ai fini delle imposte sui redditi negli ultimi tre periodi di imposta anteriori alla cessione moltiplicate per tre; – che, adottando detto criterio, il valore dell’avviamento risultava addirittura inferiore a quello di cessione; – che, invece, l’amministrazione finanziaria insisteva nel contestare l’applicabilità di detto criterio in quanto la norma risultava abrogata dal D.Lgs. n. 218 del 1997, reputando il criterio di quantificazione di cui al cit. art. 2, una metodologia residuale rispetto agli elementi assunti dagli studi di settore.

Con la conseguenza che l’affermazione in merito alla legittimità dell’avviso per aver rideterminato il valore dell’avviamento proprio sulla norma invocata dalla contribuente, ma non applicata dall’ente impositore, rendeva la motivazione insanabilmente contraddittoria.

3. Con la seconda censura, si lamenta la nullità del capo di sentenza relativo al valore dei beni strumentali per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 4, e art. 61, nonchè dell’art. 118 disp. att. c.p.c., e dell’art. 156 c.p.c., in coordinamento con l’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4; per avere il decidente affermato apoditticamente la legittimità dell’avviso in relazione al valore dei beni strumentali come determinato dall’Agenzia, senza esplicitarne le ragioni e considerare le doglianze sollevate sul punto dalla società ricorrente.

4. Con il terzo motivo, si prospetta la violazione dell’art. 2697 c.c., con riferimento ad entrambi i capi della decisione impugnata, per non avere la CTR valutato l’assolvimento da parte dell’ufficio dell’onere di provare la fondatezza della pretesa erariale.

5. Le prime due censure – che possono essere scrutinate congiuntamente, in quanto involgono questioni connesse – sono meritevoli di accoglimento, assorbito il terzo mezzo.

Occorre premettere che, dopo la modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. in L. n. 134 del 2012 – applicabile alla sentenza impugnata in quanto pubblicata successivamente alla data 11.9.2012 di entrata in vigore della norma modificativa -, non trova più accesso al sindacato di legittimità della Corte il vizio di mera insufficienza od incompletezza logica dell’impianto motivazionale per inesatta valutazione delle risultanze probatorie, qualora dalla sentenza sia evincibile una “regula juris” che non risulti totalmente avulsa dalla relazione logica tra “premessa (in fatto)- conseguenza (in diritto)” che deve giustificare il “decisum”.

La nuova formulazione del vizio di legittimità, introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134 (recante “Misure urgenti per la crescita del Paese”), che ha sostituito l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (con riferimento alle impugnazioni proposte avverso le sentenze pubblicate successivamente alla data dell’11 settembre 2012), ha infatti limitato la impugnazione delle sentenze in grado di appello o in unico grado per vizio di motivazione alla sola ipotesi di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, con la conseguenza che, al di fuori dell’indicata omissione, il controllo del vizio di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica della esistenza del requisito motivazionale nel suo contenuto “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, ed individuato “in negativo” dalla consolidata giurisprudenza della Corte – formatasi in materia di ricorso straordinario- in relazione alle note ipotesi (mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale; motivazione apparente; manifesta ed irriducibile contraddittorietà; motivazione perplessa od incomprensibile) che si convertono nella violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), e che determinano la nullità della sentenza per carenza assoluta del prescritto requisito di validità(cfr. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014; id. Sez. U, Sentenza n. 19881 del 22/09/2014; id. Sez. 3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016; Cass. n. 23940 del 2017; Cass. n. 22598 del 2018). Consegue che, se per un verso deve ritenersi oramai esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, è pur vero che, per altro verso, il provvedimento il cui apparato argomentativo si colloca al di sotto della predetta soglia “minima costituzionale” è censurabile per omessa osservanza dell’obbligo di motivazione affermato dall’art. 111 Cost., comma 6, e dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, concretando tale omissione una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (v. Sez. 3, Sentenza n. 7402 del 23/03/2017, Rv. 643692).

Nel caso in esame la motivazione risulta del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Ricorre nella specie il profilo della insanabile contraddittorietà che si rinviene nella parte in cui il giudicante ha affermato la correttezza del criterio seguito dall’ufficio, avendo determinato il valore dell’avviamento secondo quanto previsto dal D.P.R. n. 460 del 1996, art. 2, comma 4, ancorchè risultasse dallo stesso svolgimento del processo che l’ufficio non aveva affatto adottato il criterio di cui al cit. art. 2, la cui applicabilità anzi contestava, perchè norma abrogata e quindi non più applicabile, evidenziando, al contrario, la legittimità del ricorso alle risultanze degli studi di settore.

All’evidenza detto ultimo assunto si pone in irriducibile contrasto con quanto esposto nella parte in fatto in cui sono riportate sia pure sinteticamente le motivazioni del gravame e della decisione impugnata.

Neppure consente di rendere percepibile il ragionamento seguito l’apodittico riferimento alla chiara determinazione dei valori dei beni strumentali contenuto nella sentenza impugnata. Ebbene, nella descritta situazione manca qualsiasi indicazione della ragione giuridica o fattuale che ha determinato il rigetto del gravame (14762/2019; Cass. n. 7402/2017), sicchè la sentenza, là dove ha adottato questa generica tecnica motivazionale, risulta pure sostanzialmente inesistente. Con ciò confermando l’apoditticità della motivazione che non ha dato conto nè dei motivi di impugnazione nè delle osservazioni critiche della contribuente.

Conclusivamente, la sentenza impugnata deve essere cassata, con riferimento alle prime due censure, assorbita la terza; con conseguente rinvio alla Commissione di merito, in diversa composizione.

PQM

La Corte:

– Accoglie il ricorso con riferimento alla prime due censure del ricorso, assorbita la terza;

– Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla CTR della Toscana, in altra composizione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale della quinta sezione civile della Corte di Cassazione tenuta da remoto, il 3 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2021

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