Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13572 del 04/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 04/06/2010, (ud. 03/12/2009, dep. 04/06/2010), n.13572

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – rel. Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Ministero dell’Economia e delle Finanze in persona del Ministro p.t.

e dell’Agenzia delle Entrate in persona del Direttore p.t., entrambi

rapp.ti e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato presso cui sono

domiciliati in Roma via dei Portoghesi 12;

contro

S.r.l. Gran Plast in persona del legale rapp.te p.t. e P.

L.;

avverso la sentenza 21.10.2004 n. 50/14/04 pronunciata inter partes

dalla 14^ sezione della Commissione Tributaria Regionale di Venezia,

notificata presso l’Ufficio delle Entrate di Cittadella il 21.1.2005;

udita la relazione de Consigliere Renato Polichetti;

Udite le conclusioni dell’avv. Guida Letizia che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

Viste le conclusioni scritte del P.G. dott. Wladimiro De Nunzio che

ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO E DIRITTO

quanto segue:

In seguito a verifica fiscale a carattere generale effettuata dalla Guardia di Finanza e confluita nel PVC del 17/07/1997, l’Ufficio IVA di Padova provvedeva a notificare alla Gran Plast Srl e al sig. P.L. quale responsabile in solido per le pene pecuniare, l’avviso rettifica (OMISSIS) per l’anno 1995 con il quale veniva contestata alla contribuente una maggiore imposta di L. 663.391.861 in forza dell’indebita detrazione di imposta per operazioni ritenute inesistenti.

Era infatti emerso che la società aveva portato in detrazione IVA su acquisti nell’importo indicato, documentando tale pretesa con fatture di apparenti acquisti che si riferivano invece ad operazioni del tutto inesistenti, sulla base delle circostanze evidenziate nelle pagine da 7 a 31 dei verbale e negli allegati a cui queste rimandavano.

L’avviso di rettifica veniva tempestivamente impugnato dal contribuente alla CTP di Padova che con sentenza 81/13/2001 respingeva il ricorso.

La Commissione provinciale osservava che “I principali elementi probatori che stanno alla base delle violazioni contestate, e che dimostrano l’inesistenza delle operazioni commerciali, così come dettagliatamente elencati da pag. 7 a pag. 31 del verbale, sono l’inesistenza operativa e la neutralità fiscale delle società interessate; la totale assenza dei passaggi di merci; la utilizzazione di numeri di partite IVA corrispondenti a soggetti giuridici diversi dalla denominazione utilizzata dai compilatori dei documenti; il mancato buon fine delle manifestazioni finanziarie in quanto gli assegni emessi a pagamento delle fatture sono stati negoziati dallo stesso P.L. o da persone a lui riconducibili e riversati su posizioni bancarie sue o di suoi familiari. Tali elementi consistono quindi per la maggior parte in fatti o riscontri di carattere documentale e/o contabile e solo in parte marginale emergono anche a seguito di dichiarazioni di parte.

E’ peraltro superfluo ricordare come parte della giurisprudenza ritenga che le dichiarazioni rese nel corso dell’attività istruttoria non costituiscono violazioni al divieto posto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7 così come ribadito dalla Cassazione con recente sentenza n. 14427/99. Nella fattispecie, a parere del Collegio, il verbale indica una serie di fatti ed elementi tali da provare ampiamente, a prescindere dalle dichiarazioni rese, l’esistenza di fatti addebitati”.

Veniva proposto appello dinanzi alla CTR di Venezia, affidato alle contestazioni di tipo generico e procedurale che la stessa sentenza impugnata riporta in dettaglio.

In totale riforma della appellata sentenza, la CTR annullava l’avviso di rettifica ritenendo le contestazioni dell’Ufficio basate su dati sommari e valutazioni generiche e in definitiva non provate. In breve, secondo la CTR non rilevava che il verbale facesse fede delle constatazioni dei verbalizzanti ivi riportate, perchè attore in senso sostanziale era l’Ufficio, e non poteva solo con le risultanze del verbale pretendersi di invertire l’onere della prova a carico del contribuente. Inoltre, le dichiarazioni dei terzi non erano rilevanti perchè nel processo tributario è vietata la prova testimoniale e le dichiarazioni dei terzi possono concorrere alla provo solo se costituiscono un ulteriore riscontro di fatti già accertati aliunde.

Quanto ai fatti riportati nelle pagg. 7 a 31 del verbale, “pur non escludendone a priori la verosimiglianza”, ciò non aveva alcun rilievo. Infatti l’inesistenza degli apparenti alienanti non provava la intenzionale partecipazione dell’acquirente all’emissione delle fatture false; nè era provato che gli assegni apparentemente emessi dal P. a pagamento delle forniture erano stati in realtà incassati dal medesimo traente o da soggetti di comodo a lui riconducibili, perchè il verbale in proposito parlava soltanto in modo generico di sigle e firme di incasso o di girata apposte con grafia attribuibile al P.. La documentazione di supporto del verbale, costituita soprattutto dagli assegni in questione, era poi stata prodotta in appello dall’Ufficio, ma non era intellegibile perchè mancava qualsiasi prospetto esplicativo che ne consentisse la lettura.

Avverso la suddetta sentenza hanno proposto ricorso innanzi a questa Corte il Ministero dell’Economia e delle Finanze, per il tramite dell’Avvocatura Generale dello Stato sulla base di un motivo che verrà di seguito esaminato e valutato da questa Corte. La S.r.l Gran Plast ed il P.L. non hanno proposto controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il ricorso viene dedotta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 53 e 54; artt. 2697, 2700, 2727 e 2729 c.c.; D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 53 e 54 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti di fatto decisivi, anche come omesso esame di documenti decisivi, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Viene sottolineato nel ricorso come la sentenza dei giudici di prime cure si fondasse su accertamenti di fatto obiettivi ed in particolare:

1) che le presunte ditte fornitrici dei prodotti risultavano del tutto inesistenti presso le sedi indicate;

2) la loro non operatività ed inesistenza ai fini fiscali dato il mancato reperimento di scritture contabili e la mancata presentazione da parte delle stesse di dichiarazioni sia ai fini delle imposte dirette sia ai fini IVA;

3) che per due di esse (F.lli Rinaldi s.r.l. e Miniplast s.r.l.) l’utilizzo di una partita IVA di cui era risultato titolare un diverso soggetto giuridico;

4) che dal verbale della Guardia di Finanza e dalle bolle di accompagnamento allegate alle fatture si era appurato che i vettori incaricati del trasporto erano o società fallite (Tradem s.r.l.) in data anteriore a quella riportate sulla fattura e per le quali il Curatore fallimentare aveva dichiarato che la stessa era inattiva dalla data della sentenza dichiarativa di fallimento; oppure ditte in attività (Autotrasporti Rossetti Luigi) che avevano però dimostrato la loro completa estraneità alle operazioni in questione nonostante l’illegittima spendita del loro nome (la carta intestata e i timbri utilizzati per la compilazione delle bolle in possesso della verificata erano risultati completamente difformi da quelli della ditta menzionata; le targhe degli automezzi indicati in dette bolle risultavano diverse da quelle degli automezzi di proprietà della Autotrasporti Rossetti); oppure, ancora, erano ditte del tutto sconosciute all’Anagrafe Tributaria (Albatros Italia di Bonollo Paolo) in quanto prive di partita IVA e per le quali non era stato possibile effettuare alcuna verifica contabile.

A fronte di tali precisi elementi la Commissione Tributaria Regionale si era limitata a ritenere che tali indizi pur essendo verosimili non costituivano prova in quanto mancavano elementi concreti dai quali dedurre che gli assegni apparentemente emessi in pagamento delle fatture fossero sta in realtà incassati dal medesimo traente P.L. o da persone a lui riconducibili. Inoltre la Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto che le dichiarazioni di terzi non potevano assurgere a valore probatorio in quanto ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7 tali dichiarazioni non sarebbero utilizzabili nel rito tributario.

In particolare non sarebbero state utilizzabili le dichiarazioni dell’Autotrasporti Rossetti nè la dichiarazioni di L. R., il quale aveva ammesso di avere operato come amministratore di fatto di talune delle società inesistenti che apparentemente effettuavano le forniture alla Gran Plast, e di avere in questa qualità predisposto le false bolle, di avere contraffatto i timbri delle imprese di trasporto, di non avere mai effettuato gli acquisti di materie plastiche indicati nelle fatture, di non avere mai ricevuto gli assegni tratti a favore delle apparecchiature fornitrici.

Tali motivazioni erano ad avviso dei ricorrenti illogiche, in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte, e basate esclusivamente sulla mancanza di elementi oggettivi che avrebbero dovuto indicare e reperire le Amministrazioni ricorrenti.

Deve essere dichiarato anzitutto inammissibile il ricorso proposto dal Ministero della Economia e delle Finanze non essendo stato lo stesso parte nelle precedenti fasi del giudizio.

Deve invece essere accolto il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate.

Come stabilito dalla giurisprudenza di questa Corte: “In tema di IVA, ove l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture perchè relative ad operazioni inesistenti, non basta a fondare l’ipotesi di frode fiscale l’elencazione dei dati di fatto noti e la constatazione della correttezza dell’accertamento, ma occorre esplicitare chiaramente le presunzioni in conformità a quanto previsto dall’art. 2729 cod. civ. e, più specificamente, dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 2, u.p., ossia le logiche conclusioni desumibili dai fatti accertati in consonanza con i risultati delle indagini di polizia tributaria, al fine di rendere manifesta l’esistenza e l’effettiva consistenza di un evento di danno per l’erario, costituito dall’evasione o dall’elusione di un tributo”. (Cass. sentenza n. 1057 dei 18/01/2008).

Orbene nel caso di specie gli elementi presi in esame dai primi giudici (inesistenza fisica delle società presso le sedi indicate;

la non operatività delle stesse, il mancato reperimento di scritture contabili e la mancata presentazione di dichiarazioni ai fini delle imposte dirette e ai fini IVA; il fatto che per due società risultava l’utilizzo di una partita IVA cui era risultato un diverso soggetto giuridico), lungi dall’essere mere presunzioni erano dati di fatto oggettivi per disattendere i quali era necessario fornire una specifica motivazione che illustrasse in modo esaustivo le ragioni per le quali tali elementi non dovevano ritenersi corrispondenti ai vero.

Aggiungasi poi che dal verbale della Guardia di Finanza era emerso che i vettori incaricati del trasporto erano o società fallite in data anteriore a quella riportata sulla fattura e per le quali il Curatore fallimentare aveva dichiarato che le stesse erano inattive dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento; oppure erano ditte in attività che avevano dimostrato la loro completa estraneità alle operazioni in questione nonostante l’illegittimo utilizzo del loro nome; oppure erano ditte del tutto sconosciute all’Anagrafe Tributaria; che gran parte delle bolle di accompagnamento risultavano acquistate presso soggetti del tutto estranei ai suddetti vettori.

Tali elementi venivano dai secondi giudici singolarmente ritenuti generici e non dimostrativi dell’evasione fiscale, laddove si trattava viceversa di dati di fatto oggettivi.

Aggiungasi poi che la Guardia di Finanza aveva raccolto le dichiarazioni del titolare della ditta Autotrasporti Rossetti il quale attestava di non avere avuto alcun rapporto con la Gran Plast;

circostanza la prima confermata dal fatto che le bolle di accompagnamento erano del tutto difformi da quelli usati dalla suddetta ditta e che gli automezzi avevano targhe diverse da quelle indicate nello bolle di accompagnamento.

La Commissione Tributaria Regionale riteneva che tali dichiarazioni non fossero utilizzabili nel processo tributario.

Contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione tributaria Regionale la dichiarazione resa da terzi è utilizzabile nel processo tributario qualora la stessa sia confortata da ulteriori elementi di prova (Cass. 20.04.2007 n. 9404).

Nel caso di specie le suddette dichiarazioni trovavano riscontro nei sopra indicati elementi probatori e, inoltre, nelle dichiarazioni di L.R., che aveva ammesso di avere operato in qualità di amministratore di fatto di società inesistenti che apparentemente effettuavano le forniture alla Gran Plast e di avere in questa qualità predisposto le false bolle, di avere contraffatto i timbri delle imprese di trasporto, di non avere mai effettuato gli acquisti di materie plastiche indicati nelle fatture, di non aver mai ricevuto gli assegni tratti a favore delle apparente fornitrici. Come stabilito dalla giurisprudenza di questa Corte: “In tema di contenzioso tributario, le dichiarazione rese in sede di verifica da un soggetto (nella specie, il direttore tecnico) che abbia operato per conto dell’impresa cui sia attribuita l’emissione di fatture per operazioni inesistenti possono, anche da sole, fondare l’accertamento di un maggior imponibile ai fini dell’IVA, non trattandosi di elemento indiziario, ma di vera e propria confessione stragiudiziale”. (Cass. 25.05.2007 n. 12271).

A fronte dunque di tali elementi precisi e dettagliati la Commissione Tributaria Regionale si limita a definire gli stessi “generici” e a criticare i primi giudici che si sarebbero “fideisticamente” affidati agli stessi.

Viceversa gli elementi sopra riportati sono precisi e dettagliati e per disattendere gli stessi la Commissione Tributaria Regionale avrebbe dovuto in maniera precisa e dettagliata esporre le ragioni per le quali gli stessi non sarebbero attendibili; cosa che viceversa non ha in alcun modo fatto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze; accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Entrate cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale del Veneto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2010

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