Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13567 del 01/07/2016

Cassazione civile sez. VI, 01/07/2016, (ud. 04/02/2016, dep. 01/07/2016), n.13567

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24123/2014 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende,

ope legis;

– ricorrente –

contro

A.A., D.P.P., elettivamente

domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato

FABRIZIO PAGNIELLO, rappresentati e difesi dall’avvocato ALFONSO

TEDESCHI, giuste procure speciali in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA del 25/11/2013,

depositato l’11/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/02/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA FALASCHI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto dell’11 aprile 2014 la Corte d’appello di Roma ha accolto la domanda proposta da A.A. e D.P.P. intesa ad ottenere l’equa riparazione del danno non patrimoniale conseguente alla durata non ragionevole del giudizio nel quale gli stessi erano stati convenuti per il risarcimento dei danni da sinistro stradale, introdotto dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata – Sezione distaccata di Castellammare di Stabia, in cui si erano costituiti nel corso dell’udienza del 12 aprile 2002, definito con sentenza depositata il 5 giugno 2009, liquidato l’indennizzo in Euro 3.250,00 per ciascun ricorrente, per il periodo di durata irragionevole del giudizio presupposto di quattro anni, computata in tre anni la ragionevole durata ordinaria per il primo ed unico grado, utilizzati i parametri di Euro 750,00 per i primi tre anni di ritardo e di Euro 1.000,00 per quello successivo.

Per la cassazione di tale decreto il Ministero della giustizia ha proposto ricorso, affidato a due motivi; gli intimati hanno resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata. Con il primo motivo l’Amministrazione denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, nonchè dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c, comma 1, n. 4, per avere la corte di merito totalmente omesso di evidenziare che i ricorrenti avevano richiesto la liquidazione dell’indennizzo non già uti singuli, bensì in via cumulativa, riferibile ad entrambi gli eredi.

La censura è del tutto priva di pregio.

Il diritto all’equa riparazione per la durata irragionevole di un processo spetta al singolo soggetto che vi ha partecipato, indipendentemente dal fatto che questi ne abbia condiviso gli esiti con altre parti in posizione litisconsortile, perchè la sofferenza morale indennizzabile è per sua natura personale e come tale è trattata nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo.

Ed infatti, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, l’indennizzo del danno non patrimoniale per la durata non ragionevole del processo va determinato nel rispetto della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, per come essa vive nelle decisioni della Corte Europea adottate in casi simili a quello portato all’esame del giudice nazionale, sicchè la liquidazione dell’indennizzo deve essere effettuata in favore di ogni singolo ricorrente e non può essere determinata in un solo importo globale e complessivo per più ricorrenti (Cass. n. 8034 del 2006; nello stesso senso, cfr. Cass. n. 18683 del 2005 e Cass. n. 3519 del 2015).

Inoltre, nulla agli atti autorizza a supporre che i ricorrenti avessero inteso limitare l’indennizzo ad una somma unica per entrambi, disponendo dei loro rispettivi diritti in guisa da ridurli ad una sola pretesa di minor ammontare.

Con il secondo motivo l’Amministrazione denuncia violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per essere stati liquidati gli interessi sull’indennizzo riconosciuto dalla domanda pur in mancanza di una specifica domanda sul punto.

Il mezzo è infondato, giacchè dall’esame del ricorso introduttivo del giudizio di equa riparazione, consentito in questa sede, risulta che la originaria ricorrente ha ritualmente proposto domanda anche per gli interessi (v. ultima pagina del ricorso introduttivo.

Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna dell’Amministrazione ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso;

condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida in complessivi Euro 564,00.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, il 4 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2016

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