Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13566 del 19/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 19/05/2021, (ud. 04/12/2020, dep. 19/05/2021), n.13566

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. FILOCAMO Fulvio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23850-2014 proposto da:

FINRADIO SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SALLUSTIANA N.

15, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO FRATINI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANNALISA FUSO;

– ricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 267/2013 della COMM. TRIB. REG. LAZIO,

depositata il 10/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/12/2020 dal Consigliere Dott. FULVIO FILOCAMO;

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con sentenza n. 267/06/2013, depositata il 10/7/2013, la Commissione tributaria regionale del Lazio ha respinto l’appello col quale Finradio S.r.l. aveva censurato la decisione di primo grado che aveva affermato la legittimità della qualificazione da parte dell’Agenzia delle Entrate, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, della cessione di impianti e dei diritti di godimento delle frequenze radiofoniche da parte di Studio Zeta Disco Radio alla società ricorrente come cessione d’azienda, che aveva portato l’Amministrazione finanziaria a liquidare le imposte di registro, ipotecaria e catastale secondo la regola ordinaria dell’imposizione in misura proporzionale. Dopo il pagamento Finradio S.r.l. aveva richiesto il rimborso delle maggiori somme versate anche a titolo di sanzione, ritenendo che detta riqualificazione del contratto non fosse legittima dovendosi applicare il D.Lgs. n. 177 del 2005, art. 27, comma 7-bis, introdotto dal D.L. n. 201 del 2011, art. 40, comma 9-bis.

1.1. L’appello è stato respinto poichè si è ritenuto che la cessione degli impianti unitamente ai diritti di godimento delle frequenze radiofoniche, rappresentando un insieme di beni materiali ed immateriali organicamente finalizzati all’esercizio di un’attività d’impresa potesse essere qualificata correttamente come un contratto di cessione d’azienda.

1.2. Finradio S.r.l. propone ricorso per cassazione con tre motivi.

1.3. L’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

2. La Società ricorrente, con il primo motivo, denuncia la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 177 del 2005, art. 27, comma 7-bis, introdotto dal D.L. n. 201 del 2011, art. 40, comma 9-bis (cd. “Decreto Salva Italia”) e dell’art. 1326 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ritenendo che la Commissione Tributaria Regionale abbia erroneamente interpretato la norma del D.Lgs. ora citato nella parte in cui ha ritenuto di poter riqualificare la cessione di impianti e dei diritti di godimento delle frequenze radiofoniche come una cessione d’azienda, considerandola vigente ex tunc ovvero applicabile solo per i contratti stipulati successivamente alla sua entrata in vigore, così ignorando la seconda parte dell’art. 27, comma 7-bis cit., la quale ritiene “gli atti relativi ai trasferimenti di impianti e di rami di azienda ai sensi del presente articolo, posti in essere dagli operatori del settore prima della data di entrata in vigore delle disposizioni del presente comma, sono in ogni caso validi e non rettificabili aì fini tributari”.

2.1. Con il secondo motivo, si denuncia la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 40, 41, e del D.P.R. n. 633 del 1972, comma 3, lett. b), nonchè del D.Lgs. n. 177 del 2005, art. 27, comma 5, e dell’art. 2555 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ritenendo che i giudici d’appello abbiano erroneamente interpretato le norme ora indicate e, in particolare, l’art. 27, comma 5 cit. vigente ratione temporis che consentiva il trasferimento dei singoli impianti o dell’azienda (sottoposti ad Iva quali beni strumentali, con imposta di registro fissa) senza poterlo riqualificare in cessione d’azienda non essendo ricompresa la vendita anche della concessione governativa.

2.2. Con il terzo motivo si denuncia la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ritenendo che, se fossero stati esaminati correttamente il contenuto del contratto e la volontà delle parti insieme con gli interessi effettivamente perseguiti, non si sarebbe potuto riqualificare il negozio in cessione di azienda, stante il mancato trasferimento anche della concessione governativa.

3. Il primo motivo è fondato ed assorbe gli altri.

3.1. Esaminata preliminarmente la questione sulla sopravvenienza della disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 177 del 2005, comma 7-bis art. 27 (come introdotto dal D.L. 6 n. 201 del 2001, art. 40, comma 9-bis, convertito dalla L. n. 214 del 2001, in vigore dal 28 dicembre 2011), secondo cui: “La cessione anche di un singolo impianto radiotelevisivo, quando non ha per oggetto unicamente le attrezzature, si considera cessione di ramo d’azienda. Gli atti relativi ai trasferimenti di impianti e di rami d’azienda ai sensi del presente articolo, posti in essere dagli operatori del settore prima della data di entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente comma, sono in ogni caso validi e non rettificabili ai fini tributari”; detta disposizione ha stabilito, per le future cessioni d’impianto, un rigido criterio di qualificazione, ma – al contempo – ha inteso assicurare l’intangibilità fiscale delle cessioni pregresse (come la presente), onde garantire certezza di programmazione ed operatività agli operatori di un settore economico reputato di particolare rilevanza e delicatezza. In tal senso già si è univocamente espressa questa Corte, con le sentenze n. 17515 del 2007, n. 18498 del 2017, 1969 e 33230 del 2018, cui va data continuità, nella quali evidenzia come la stessa Amministrazione finanziaria, con la Risoluzione n. 33/E del 10 aprile 2012, abbia chiarito – proprio al fine di stabilire il più appropriato regime di tassazione, nell’alternatività tra iva ed imposta di registro – che: “-(…) con l’intervento normativo in esame, il legislatore ha inteso superare le incertezze interpretative emerse in relazione alla qualificazione delle cessioni di impianti radiotelevisivi, trattate, in alcuni casi, come cessioni di beni e, in altri, come trasferimenti di ramo d’azienda; – trattandosi di qualificare l’atto secondo l’effettivo oggetto del trasferimento, così come disposto dalla norma sopravvenuta, si deve ritenere “che la cessione delle attrezzature unitamente ad altre risorse (quali frequenze, marchi, brevetti) configuri una cessione di azienda o di ramo d’azienda, come tale esclusa dal campo di applicazione dell’IVA, mentre il trasferimento delle sole ‘attrezzaturè configuri una cessione di beni, rilevante ai fini dell’imposta sul valore aggiunto”; – sono comunque fatti salvi “i comportamenti pregressi adottati dagli operatori del settore, riconoscendosi in ogni caso la validità della qualificazione giuridico – tributaria attribuita agli atti relativi alla cessione di impianti radiotelevisivi come definiti dalla disposizione in esame, posti in essere prima dell’entrata in vigore della disposizione stessa”.

3.2. Ritenuto quanto appena esposto, la qualificazione giuridica data dalle parti contraenti è divenuta ex lege fiscalmente insuscettibile di rettifiche postume da parte dell’Amministrazione finanziaria, quindi la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari accertamenti di merito, va accolto l’originario ricorso della Società contribuente, con compensazione delle spese dell’intero giudizio tenuto conto dell’andamento della controversia nei vari gradi di giudizio.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione civile, il 4 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2021

 

 

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