Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13564 del 20/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 20/06/2011, (ud. 18/05/2011, dep. 20/06/2011), n.13564

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

EDIL PANA DI FAIELLA PAOLA & C SAS IN LIQUIDAZIONE (OMISSIS), in

persona della sua legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA GREGORIO XI 107, presso lo studio

dell’avvocato CLEMENTI MASSIMO, che la rappresenta e difende, giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 99/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di ROMA del 16/04/08, depositata il 07/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;

è presente il P.G. in persona del Dott. FEDERICO SORRENTINO.

La Corte:

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;

Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili Sezione Tributaria;

RELAZIONE AI SENSI dell’art. 380 bis c.p.c., sulla causa n. 19640/2009.

Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo;

letti gli atti depositati.

Osserva:

La Edil-Pana di Faiella Paola & C. in liquidazione propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di Roma 99/36/2008, depositata il 7.10.2008, con la quale – in controversia concernente avviso di accertamento per IRPEG-IVA-IRAP anno 1999 basato su metodo induttivo e fondato sulla mancanza dei registri contabili per asserito smarrimento o furto degli stessi – è stato disatteso l’appello principale proposto dalla contribuente società e quello incidentale proposto dall’Agenzia avverso la sentenza di primo grado che, accogliendo parzialmente il ricorso contro l’avviso di accertamento, aveva anche riconosciuto quale costo per l’attività d’impresa “P80% delle fatture fatte pervenire successivamente dalla ricorrente”.

La sentenza impugnata ha ritenuto corretto l’operato dell’ufficio che, in assenza delle scritture contabili, ha proceduto all’accertamento dell’imponibile in applicazione del D.P.R. n. 600 del 1972, art. 39, comma 2, ma ha anche ritenuto di adeguarsi al riconoscimento “in via equitativa” dei costi anzidetti. La parte contribuente ha proposto ricorso affidandolo a due motivi. L’Agenzia resiste con controricorso e propone a sua volta ricorso incidentale.

Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art. 376 c.p.c. – può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c.. Intatti, con il primo motivo del ricorso principale si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 e l’art. 2909 cod. civ., nonchè il D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 39 e 54 e si formula il seguente quesito:”Se il passaggio in cosa giudicata dell’archiviazione della denuncia per simulazione del reato e la ricostruzione delle scritture contabili rubate sia sufficiente a dimostrare la correttezza delle detrazioni operate”.

Il motivo appare inammissibile, poichè il riportato quesito di diritto è carente dei requisiti prescritti, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, dall’art. 366 bis c.p.c., rivelandosi generico, privo di riferimento alla fattispecie ed anche inconferente rispetto alla sopra riportata ratio decidendi della sentenza impugnata. Anche il secondo motivo (con il quale si denuncia:”Carenza di motivazione, violazione dell’art. 2724 cod. civ., comma 3″), appare inammissibile, perchè il quesito (“Se sia stato leso il principio di prova ex art. 2724 c.c., avendo la sentenza ricorsa ritenuto corretta la deduzione dell’80% in luogo del 100% delle prove fornite dalla ricorrente e non esaurientemente contrastate dall’Ufficio”) non risponde, per la sua assoluta genericità, ed anche per la sua intrinseca inintelligibilità, ai requisiti stabiliti, anche per tale tipo di vizio, dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr., cfr., per tutte, Cass., Sez. un., n. 20603 del 2007).

Quanto al ricorso incidentale (rubricato come “Violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”) esso si palesa contrario al requisito dell’autosufficienza, non avendo l’Agenzia specificato adeguatamente l’asseritamente diverso contenuto delle domande che il contribuente avrebbe proposto in primo ed in secondo grado, sì che il giudice dell’appello avrebbe dovuto considerare “nuova” e perciò inammissibile quella proposta in grado di appello. Ben vero, l’assunto secondo cui nel grado di appello sarebbe stata chiesto l’annullamento dell’avviso di accertamento è contraddetto dallo stessa sentenza impugnata, nella quale si dice che il contribuente ha concluso “perchè sia riconosciuta la situazione reddituale e che nulla è stato evaso”.

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per inammissibilità.

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti: che non sono state depositate conclusioni scritte, ne memorie.

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, i ricorsi vanno rigettati.

che le spese di lite posso essere regolate secondo il criterio della compensazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi principale ed incidentale. Li rigetta entrambi e compensa integralmente le spese di lite.

Così deciso in Roma, il 18 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2011

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