Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13563 del 02/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 02/07/2020, (ud. 06/02/2020, dep. 02/07/2020), n.13563

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2825-2019 proposto da:

REGIONE MOLISE, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

P.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEL FANTE

2, presso lo studio dell’avvocato MARIO RANUCCI, rappresentato e

difeso dall’avvocato VINCENZO DI ROBBIO;

– controricorrente –

per regolamento di competenza avverso l’ordinanza n. R.G. 424/2018

del TRIBUNALE di ISERNIA, depositata il 21/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GRAZIOSI

CHIARA;

lette le conclusioni scritte del PUBBLICO MINISTERO in persona del

SOSTITUTO PROCURATORE GENERALE DOTT. DE RENZIS LUISA che, visti gli

artt. 42 e 380 ter c.p.c., chiede alla Corte di Cassazione di

accogliere l’istanza di regolamento di competenza proposta dalla

Avvocatura dello Stato, con declaratoria di competenza del Tribunale

di Campobasso a conoscere della causa iscritta al n. 424/2018 R.G..

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte osserva quanto segue.

1. Con atto di citazione datato 19 aprile 2018 P.F. conveniva davanti al Tribunale d’Isernia la regione Molise, per ottenerne la condanna a risarcire danni che gli sarebbero derivati dal mancato riconoscimento dell’accreditamento quale struttura sanitaria privata al proprio studio medico, danni che quantificava in Euro 67.340,16 per quelli patrimoniali, chiedendo invece liquidazione equitativa per i danni non patrimoniali.

La convenuta si costituiva e resisteva, tra l’altro eccependo incompetenza territoriale del Tribunale di Isernia, in riferimento alla normativa del foro erariale (artt. 25 c.p.c. e R.D. n. 1611 del 1933, art. 6), applicabile alla regione Molise in quanto patrocinata sistematicamente dell’Avvocatura dello Stato in forza della Delib. consiliare 17 novembre 1998, n. 3681, e adducendo pertanto che la competenza territoriale spettava al Tribunale di Campobasso.

Con ordinanza del 21 dicembre 2018 il Tribunale rigettava l’eccezione di competenza per territorio, “tratteneva” la causa e fissava “in prosieguo” una successiva udienza in data 7 febbraio 2019.

Avverso tale ordinanza la regione Molise ha proposto ricorso per regolamento di competenza ex art. 42 c.p.c., chiedendo dichiararsi la competenza territoriale del Tribunale di Campobasso.

P.F. si è difeso con memoria. Il Procuratore Generale ha concluso per l’accoglimento del ricorso e dunque per la dichiarazione della competenza territoriale del Tribunale di Campobasso.

2. Il ricorso è inammissibile, in quanto diretto avverso un provvedimento ordinatorio, revocabile in seguito o comunque in sede decisoria ai sensi dell’art. 177 c.p.c., trattandosi di un’ordinanza di scioglimento di riserva e non emergendo che la sua emissione sia conseguita alla precisazione delle conclusioni.

Invero, consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte insegna che i provvedimenti di natura ordinatoria, in quanto revocabili o comunque inidonei a incidere sulla decisione della controversia, non assumono la sostanza di provvedimenti decisori – formalmente sentenze dapprima, e dopo la riforma della L.69/2009 formalmente ordinanze – in ordine alla competenza.

Per assumere una siffatta sostanza nel rito ordinario occorre, appunto, che le parti – per esercitare pienamente il diritto al contraddittorio – siano invitate dal giudice a precisare le conclusioni, e nel rito del lavoro/locatizio, che il giudice inviti le parti alla discussione. Se ciò non accade, il provvedimento si confina appunto nella natura ordinatoria e la sua è esclusivamente una funzione di impulso dinamico nella sequenza processuale, nel senso che questa proceda – anche mediante istruttoria, se necessaria – tendenzialmente (ovvero se le parti perseverano nella controversia) fino a un provvedimento decisorio.

Diversamente opinando, ovvero ritenendo ammissibile adire questa Suprema Corte per qualsivoglia provvedimento presente nella sequenza processuale che attenga, talora pure implicitamente, alla competenza, pur non essendo sotto tale profilo stabilizzante in quanto revocabile dallo stesso giudice che lo emette, il regolamento necessario di competenza diverrebbe, attuando un’evidente eterogenesi dei fini, uno strumento, per così dire, d’inciampo della sequenza processuale, perchè, in conflitto evidente con il principio del processo in ragionevole durata, aprirebbe le porte anche a sospensioni defatigatorie – abusando dello strumento soprassessorio di cui all’art. 48 c.p.c. – e comunque prive di giustificazione. La natura decisoria, infatti, non può essere conferita al provvedimento dalla Suprema Corte; e comunque l’ontologica instabilità del provvedimento stesso non consente, anche in riferimento al generale paradigma del presupposto decisorio per il ricorso alla Cassazione come giudice civile di legittimità, di chiedere l’intervento del giudice nomofilattico quando l’applicazione, appunto, della legge non genera effetti che occorre impedire divengano permanenti, onde non sussiste necessità di garantire la valenza della norma, id est non si è configurata alcuna esigenza di nomofilachia.

3. Una qualche incertezza su questi temi, di fonte peraltro precipuamente dottrinaria e comunque correlata a giurisprudenza di merito, si era creata dopo la L. 18 giugno 2009, n. 69, che, come già si rilevava, ha qualificato ordinanza, e non più sentenza, la decisione relativa alle tematiche di competenza. Sono quindi intervenute a dissolverla, confermando quanto sopra esposto ovvero rinsaldando l’orientamento formatosi anteriormente alla novella, le Sezioni Unite, con l’ordinanza n. 20449 del 29 settembre 2014: intervento nomofilattico al quale si è poi solidamente conformata un’ampia pluralità di pronunce (tra quelle massimate si vedano Cass. sez. 6-2, ord. 23 marzo 2015 n. 5817; Cass. sez. 6-3, ord. 22 ottobre 2015 n. 21561; Cass. sez. 6-2, ord. 12 ottobre 2016 n. 20608; Cass. sez. 6-3, ord. 20 gennaio 2017 n. 1615; Cass. sez. 6-1, ord. 10 febbraio 2017 n. 3665; Cass. sez. 6-3, ord. 7 giugno 2017 n. 14223; Cass. sez. 6-3, ord. 7 marzo 2018 n. 5354).

4. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, ad ogni effetto di legge, rimettendo al giudice di merito la decisione sulle spese processuali del presente giudizio.

P.Q.M.

dichiara il ricorso inammissibile, rimettendo al giudice di merito la decisione sulle spese processuali del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 6 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2020

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