Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13562 del 18/05/2021

Cassazione civile sez. II, 18/05/2021, (ud. 17/11/2020, dep. 18/05/2021), n.13562

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 23444 – 2019 R.G. proposto da:

T.M. – c.f. (OMISSIS) – elettivamente domiciliato, con

indicazione dell’indirizzo p.e.c., in Roma, alla via della Giuliana,

n. 32, presso lo studio dell’avvocato Antonio Gregorace che lo

rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO dell’INTERNO – c.f. (OMISSIS) – in persona del Ministro pro

tempore;

– intimato –

avverso il Decreto n. 2894 del 2019 del Tribunale di Bologna;

udita la relazione nella camera di consiglio del 17 novembre 2020 del

consigliere Dott. Abete Luigi.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. T.M., cittadino del Mali, formulava istanza di protezione internazionale.

2. La competente Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale rigettava l’istanza.

3. Con decreto dei 6/25.6.2019 il Tribunale di Bologna respingeva il ricorso con cui T.M., avverso il provvedimento della commissione territoriale, aveva chiesto il riconoscimento dello status di rifugiato, in subordine il riconoscimento della protezione sussidiaria, in ulteriore subordine il riconoscimento della protezione umanitaria.

4. Avverso tale decreto ha proposto ricorso T.M.; ne ha chiesto sulla scorta di quattro motivi la cassazione.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

5. Il ricorso è inammissibile per cessazione della materia del contendere ovvero per sopravvenuta carenza di interesse.

6. Risulta pervenuto in data 2.11.2020, mercè inoltro a mezzo posta elettronica certificata, “atto di rinuncia al ricorso in cassazione”.

La rinuncia tuttavia a vario titolo non è rituale.

La rinuncia difatti non risulta sottoscritta dal ricorrente, T.M.. Altresì, alla stregua del letterale tenore della procura speciale allegata in calce al ricorso, non risulta che l’avvocato Antonio Gregorace, difensore, che ha sottoscritto la rinuncia, del ricorrente, sia munito di mandato speciale allo specifico effetto della rinuncia ex art. 390 c.p.c..

La rinuncia in ogni caso dà atto che il ricorrente “non ha più interesse alla prosecuzione del giudizio”.

7. In questo quadro soccorre l’insegnamento per cui la dichiarazione di rinuncia al ricorso per cassazione, non sottoscritta dalla parte di persona ma dal solo difensore, senza tuttavia che questi risulti munito di mandato speciale a rinunziare, mancando dei requisiti previsti dall’art. 390 c.p.c., comma 2, non produce l’effetto dell’estinzione del processo, ma, rivelando il sopravvenuto difetto di interesse del ricorrente a proseguire il giudizio, in specie quando – è il caso de quo – la controparte non si sia neppure costituita, è idonea a determinare la declaratoria di cessazione della materia del contendere (cfr. Cass. (ord.) 27.7.2018, n. 19907; Cass. 11.10.2013, n. 23161; Cass. sez. lav. 15.1.2014, n. 693).

Più esattamente, ai fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso, per sopravvenuta carenza di interesse correlata alla cessazione della materia del contendere, soccorre l’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte (cfr. Cass. sez. un. 18.5.2000, n. 368, secondo cui, quando nel corso del giudizio di legittimità intervenga una transazione od altro fatto che determini la cessazione della materia del contendere, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, essendo venuto meno l’interesse alla definizione del giudizio e, quindi, ad una pronuncia sul merito dell’impugnazione; Cass. 9.11.2004, n. 21291).

8. Nessuna statuizione va assunta in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità, viepiù chè il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

9. Nell’ipotesi di causa di inammissibilità sopravvenuta alla proposizione del ricorso per cassazione non sussistono i presupposti per imporre al ricorrente il pagamento del cd. “doppio contributo unificato” (cfr. Cass. (ord.) 7.12.2018, n. 31732; Cass. 10.2.2017, n. 3542; Cass. (ord.) 2.7.2015, n. 13636, secondo cui, in tema di impugnazioni, la “ratio” del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che pone a carico del ricorrente rimasto soccombente l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, va individuata nella finalità di scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose, sicchè tale meccanismo sanzionatorio si applica per l’inammissibilità originaria del gravame (nella specie, ricorso per cassazione) ma non per quella sopravvenuta (nella specie, per sopravvenuto difetto di interesse)).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della II sez. civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2021

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