Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13561 del 30/05/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 30/05/2017, (ud. 21/12/2016, dep.30/05/2017),  n. 13561

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14931-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

R.M., elettivamente domiciliato in ROMA VIA ASIAGO 8,

presso lo studio dell’avvocato MICHELE AURELI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ETTORE BONTEMPI giusta delega a

margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5/2010 della COMM.TRIB.REG. della EMILIA

ROMAGNA, depositata il 22/02/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/12/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO;

udito per il ricorrente l’Avvocato BACHETTI che si riporta agli atti;

udito per il controricorrente l’Avvocato AURELI che si riporta e

chiede il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, avverso la sentenza della C.T.R. dell’Emilia Romagna che, in riforma della sentenza di primo grado, aveva annullato l’avviso di accertamento impugnato da R.M., titolare di uno stabilimento balneare, con il quale era stato determinato, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, maggior reddito di impresa per Euro 82.799,00 in relazione all’anno di imposta 2003.

Il giudice di appello ha ritenuto che l’accertamento induttivo operato dall’amministrazione finanziaria non fosse fondato su elementi certi, tali da poter integrare presunzioni dotate dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.

Il contribuente resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, deducendo che erroneamente la C.T.R. aveva negato che le circostanze poste a fondamento dell’atto impositivo – concernenti l’irrisorietà del reddito d’impresa dichiarato dal contribuente nel 2003 (Euro 7.428,00), l’utilizzo di attrezzature da spiaggia (ombrelloni e lettini) in misura superiore a quella dichiarata nello studio di settore, le condizioni metereologiche particolarmente favorevoli dell’estate 2003 – costituissero elementi idonei a fondare una presunzione qualificata di maggior reddito.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 e art. 35, comma 3, e art. 277 c.p.c.. Sostiene che il giudice di appello, anche ove avesse ritenuto inattendibili le percentuali di utilizzo delle attrezzature, avrebbe dovuto procedere alla rideterminazione della effettiva entità dei ricavi non dichiarati, e non disporre l’annullamento integrale dell’avviso di accertamento.

Con il terzo motivo si lamenta l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata per non avere considerato che: era documentalmente provato che il contribuente, nell’anno 2003, avesse utilizzato attrezzatura da spiaggia in misura sensibilmente superiore a quella dichiarata nello studio di settore; il reddito d’impresa dichiarato nel 2003 era irrisorio; nella località di Rimini, contrariamente a quanto asserito in sentenza, le presenze dei villeggianti non sono concentrate solo nel fine settimana.

2. I tre motivi, in quanto intrinsecamente connessi, vanno esaminati congiuntamente.

La C.T.R. ha ritenuto che l’operato dell’Ufficio non potesse inquadrarsi nel paradigma normativo del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), evidenziando che l’accertamento si fondava su elementi che non potevano essere definiti certi, in quanto rivenienti da un accesso effettuato due anni dopo il periodo di imposta in questione, tenuto altresì conto delle incongruenze riscontrabili nell’attività accertativa, con riferimento al numero degli ombrelloni effettivamente utilizzati e alla mancata considerazione del fatto che le strutture balneari sono utilizzate quasi esclusivamente nel fine settimana.

E’ opportuno premettere che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, è legittimo il ricorso all’accertamento analitico-induttivo del reddito d’impresa D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d), anche in presenza di una contabilità formalmente corretta ma complessivamente inattendibile, potendosi, in tale ipotesi, evincere l’esistenza di maggiori ricavi o minori costi in base a presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente (ex multis, Cass., sez. trib., 05-11-2014, n. 23550).

In tale prospettiva, nell’avviso di accertamento erano state evidenziate molteplici circostanze – concernenti la modesta entità (Euro 7.428,00) del reddito d’impresa dichiarato dal contribuente, l’utilizzo di attrezzature da spiaggia (ombrelloni e lettini) in misura superiore a quella indicata nello studio di settore, le condizioni metereologiche particolarmente favorevoli dell’estate 2003, la presenza di villeggianti anche durante la settimana – rilevanti ai fini della valutazione circa la sussistenza di presunzioni gravi, precise e concordanti idonee a sorreggere l’accertamento analitico-induttivo, effettuato dall’Ufficio in presenza di una contabilità formalmente corretta ma complessivamente inattendibile, anche sotto il profilo dell’antieconomicità del comportamento del contribuente.

Tali elementi non sono stati esaminati ovvero non adeguatamente valutati dalla C.T.R., sicchè deve essere rimesso al giudice del rinvio, a seguito della cassazione della sentenza impugnata, il vaglio della rilevanza delle suddette circostanze al fine della verifica della fondatezza dell’avviso di accertamento impugnato.

Resta così assorbito il secondo motivo di ricorso, il quale postula l’eventuale parziale illegittimità dell’atto impositivo e la conseguente rideterminazione delle imposte dovute.

3. In conclusione, devono essere accolti il primo ed il terzo motivo di ricorso, assorbito il secondo. La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla C.T.R. della Emilia Romagna in diversa composizione, la quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte accoglie il primo ed il terzo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata rinvia, e anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Emilia Romagna in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 maggio 2017

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