Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1356 del 22/01/2021

Cassazione civile sez. I, 22/01/2021, (ud. 23/10/2020, dep. 22/01/2021), n.1356

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. GENTILI Andrea – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14833/2019 proposto da:

S.S., elettivamente domiciliato in Roma V.le Delle Milizie

38, presso lo studio dell’avvocato Paravani Stefania, e

rappresentato e difeso dall’avvocato Nanula Valentina, giusta

procura allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12 presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 421/2019 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 08/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/10/2020 dal Cons. Dott. CLOTILDE PARISE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 421/2019 depositata l’8-3-2019, la Corte d’appello di Brescia ha rigettato l’appello proposto da S.S., cittadino del (OMISSIS), avverso l’ordinanza del Tribunale di Brescia che, a seguito di rituale impugnazione del provvedimento emesso dalla competente Commissione Territoriale, aveva respinto le sue domande di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il richiedente riferiva di essere fuggito dal suo Paese per il timore di essere perseguitato in quanto omosessuale e la Corte territoriale ha rilevato che con unico motivo di gravame l’appellante, senza contestare il giudizio di inattendibilità espresso dal primo Giudice, si doleva dell’omessa considerazione delle condizioni di vita che aveva subito nel Paese di transito (Libia), oltre che della situazione del Paese di origine, e, ai fini del rilascio di permesso di soggiorno per motivi umanitari, del fatto che era stato inserito da oltre un anno in un programma di integrazione all’interno della (OMISSIS). La Corte territoriale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, con riferimento ai motivi di impugnazione proposti, dovendo prendersi in considerazione la situazione del Paese di origine, ove sarebbe dovuto avvenire il rimpatrio, e non quella del Paese di transito, nonchè escludendo la rilevanza, ai fini della protezione umanitaria, dello svolgimento di lavoro stagionale in Italia, considerato che anche in Senegal, ove non esisteva conflitto armato, il richiedente svolgeva attività lavorativa per mantenere moglie e due figli.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che si è costituito tardivamente, al solo fine di partecipare all’udienza di discussione.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis.1 c.p.c.. Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente denuncia, sub specie del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: (i) con il primo motivo la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lamentando la violazione del dovere di cooperazione ufficiosa, con ampi richiami alla giurisprudenza di merito, di legittimità e comunitaria, e del principio dell’onere probatorio attenuato, nonchè dolendosi del mancato svolgimento, da parte della Corte territoriale, di un ruolo attivo nell’istruttoria e nell’indagine sulla situazione del Senegal in rapporto alla sua omosessualità, ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 151 del 2007, art. 14, lett. a) e b), nonchè in relazione al grado di violenza indiscriminata ivi esistente, come da fonti che richiama, quanto al suo diritto alla protezione sussidiaria di cui al citato art. 14, lett. c), ed alle condizioni di vita in Libia; (ii) con il secondo motivo la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per avere la Corte territoriale negato la protezione umanitaria, senza considerare la sua condizione di omosessualità e il percorso di integrazione intrapreso in Italia tramite il programma della (OMISSIS), nonchè senza effettuare alcuna comparazione tra le sue condizioni di vita in Italia e quelle in cui si troverebbe in caso di rimpatrio, in base ai principi affermati da questa Corte con la pronuncia n. 4455/2018.

2. Premesso, preliminarmente, che è inammissibile ai sensi dell’art. 372 c.p.c., la produzione della documentazione allegata alla memoria illustrativa del ricorrente attinente alla sua situazione lavorativa, il primo motivo è fondato nei limiti di seguito precisati.

2.1. Le censure riferite alla violazione del dovere istruttorio ufficioso in relazione alla vicenda personale narrata dal ricorrente e, nello specifico, alla sua omosessualità, ai fini del riconoscimento del rifugio politico e della protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. a) e lett. b), D.Lgs. cit., sono in parte inammissibili e in parte infondate.

Il ricorrente non censura specificamente l’affermazione della Corte di merito secondo cui l’inattendibilità del narrato non è stata oggetto di impugnazione (pag. n. 7 sentenza), nè riproduce in ricorso i motivi di appello, sicchè, sotto tale profilo, le doglianze non si confrontano con il percorso argomentativo della sentenza impugnata e sono inammissibili. Una volta esclusa dai Giudici di merito la credibilità delle vicende personali narrate, non ricorrono i presupposti per il riconoscimento del rifugio politico e della protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. a) e lett. b), D.Lgs. cit., in cui rileva, se pure in diverso grado, la personalizzazione del rischio oggetto di accertamento (cfr. Cass. n. 6503/2014; Cass. n. 16275/2018). Non vi è infatti ragione di attivare i poteri di istruzione officiosa se questi, come nella specie, sono finalizzati alla verifica di fatti o situazioni di carattere generale che, in ragione della non credibilità della narrazione del richiedente, non è possibile poi rapportare alla vicenda personale di questo. In casi siffatti, una indagine nel senso indicato si manifesta inutile proprio in quanto il rischio prospettato dall’istante, siccome riferito a fatti non dimostrati, difetterebbe comunque di concretezza e non potrebbe mai presentare il richiesto grado di personalizzazione (Cass. n. 16925/2018 e Cass. n. 14283/2019). Sotto questo secondo profilo, pertanto, le censure sono infondate.

2.2. Meritano accoglimento le doglianze che riguardano il mancato espletamento del dovere istruttorio ufficioso sulla verifica della situazione del Paese di origine del ricorrente.

Secondo l’orientamento di questa Corte a cui il Collegio intende dare continuità, in tema di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2017, ex art. 14, lett. c), il potere-dovere di indagine d’ufficio del giudice circa la situazione generale esistente nel paese d’origine del richiedente, che va esercitato dando conto, nel provvedimento emesso, delle fonti informative attinte, in modo da verificarne anche l’aggiornamento, non trova ostacolo nella non credibilità delle dichiarazioni rese dal richiedente stesso riguardo alla propria vicenda personale, sempre che il giudizio di non credibilità non investa il fatto stesso della provenienza dell’istante dall’area geografica interessata alla violenza indiscriminata che fonda tale forma di protezione (Cass. n. 14283/2019). Inoltre nei giudizi di protezione internazionale, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la verifica delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione, sicchè il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di motivazione apparente (Cass. n. 28990/2018). Nel caso di specie, il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, anche con riferimento ai presupposti che consentono la protezione sussidiaria di cui al citato art. 14, lett. c) ed afferma di avere allegato nei giudizi di merito che nel suo Paese ricorre una situazione di violenza indiscriminata.

La Corte d’appello non ha indicato le fonti di conoscenza in base alle quali ha espresso, genericamente, il giudizio sull’insussistenza di conflitto armato in Senegal (pag. n. 8 sentenza) e non si è attenuta, pertanto, ai principi di diritto suesposti, non essendo possibile individuare, in base a quanto esposto nella motivazione della sentenza impugnata, quali siano le fonti istituzionali di conoscenza su cui è fondato il percorso argomentativo che ha condotto alla statuizione di rigetto della protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c) citato, sicchè, con riferimento a detta domanda, ricorre il vizio di violazione di legge denunciato.

3. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il primo motivo merita accoglimento nei termini precisati, restando assorbito il secondo, con la cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso nei sensi di cui in motivazione, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 23 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2021

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