Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13558 del 30/05/2017


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Cassazione civile, sez. I, 30/05/2017, (ud. 05/04/2017, dep.30/05/2017),  n. 13558

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. CENICCOLA Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 21910/2014 proposto da:

C.R., C.I. e C.L., rapp.ti e

difesi per procura a margine del ricorso dall’avv. Francesco

Martino, con il quale elettivamente domiciliano in Roma alla v.

Premuda n. 18 presso lo studio legale avv. Rosa Sciatta;

– ricorrenti –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio dei Ministri p.t. e A.N.A.S. s.p.a., in persona del legale

rapp.te p.t., rapp.ti e difesi ope legis dall’Avvocatura Generale

dello Stato presso i cui uffici sono legalmente domiciliati in Roma,

alla v. dei Portoghesi n. 12;

– controricorrenti –

ASCOSA S.c.a.r.l. (già Consorzio ASCOSA), in persona del legale

rapp.te p.t.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2542/2013 della Corte d’appello di Napoli,

depositata il 19 giugno 2013.

Sentita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 5 aprile 2017 dal relatore dr. Aldo Ceniccola;

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott.ssa

Zeno Immacolata, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 19 giugno 2013 la Corte di Appello di Napoli, in parziale accoglimento del gravame proposto dal Consorzio Ascosa, rideterminava in Euro 36.792,64, oltre interessi, l’indennità L. n. 2359 del 1865, ex art. 46 spettante a C.R., I. e L., condannando il Consorzio al relativo pagamento.

Osservava la Corte, per quanto ancora di interesse, che il debito per l’indennizzo in questione non è soggetto a rivalutazione monetaria in difetto di specifica deduzione e allegazione del maggior danno ex art. 1224 c.c., comma 2, con ciò discostandosi dall’orientamento espresso dalla Cassazione sia perchè l’indennizzo in questione deriva da fatto lecito della pubblica amministrazione sia perchè non sussistono ontologiche ragioni di distinguo tra il credito in oggetto e quello di esproprio, come dimostrato dai criteri adoperati per la sua liquidazione. Avverso tale sentenza C.R., I. e L. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. La Presidenza del Consiglio dei Ministri e l’Anas resistono mediante controricorso. I ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione della L. n. 2359 del 1865, art. 46 nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in merito ad un punto decisivo della causa, oggetto di discussione tra le parti, avendo la Corte territoriale negato il riconoscimento della rivalutazione dell’indennizzo ex art. 46 nonostante la stessa fosse stata richiesta nel giudizio di primo grado e riconosciuta dal giudice di prime cure.

2. Con il secondo motivo deducono la omessa ed errata applicazione ed interpretazione dell’art. 1224 c.c., comma 2, nonchè l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, avendo la Corte di Appello assegnato al credito indennitario la natura di un debito di valuta, così trascurando l’orientamento espresso dalla Suprema Corte che, al contrario, ha riconosciuto all’indennizzo in esame una funzione in senso lato risarcitoria e dunque la natura di debito di valore, con conseguente operatività della rivalutazione monetaria, anche in difetto di specifica deduzione ed allegazione del maggior danno ex art. 1224 c.c., comma 2.

3. I due motivi, che per connessione logica possono essere congiuntamente esaminati, sono fondati.

Secondo l’orientamento ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità, da ribadirsi anche in questa sede, “il debito della PA per l’indennizzo spettante ex art. 46 al proprietario dell’immobile che abbia subito danni a seguito della realizzazione di un’opera pubblica, avendo funzione in senso lato risarcitoria, ha natura di debito di valore ed è pertanto suscettibile di rivalutazione monetaria, anche in difetto di specifica deduzione e allegazione del maggior danno ex art. 1224 c.c., comma 2” (cfr. Cass. n. 13984 del 2014, n. 18226 del 2008 e n. 11080 del 1996).

4. Per altro le considerazioni svolte dalla Corte di Appello, nel tentativo di superare tale orientamento, non appaiono convincenti.

4.1 Quanto alla circostanza, valorizzata dal giudice di merito, secondo la quale il credito in oggetto sarebbe ontologicamente omologo a quello espropriativo, basti ricordare che le Sezioni Unite, con sentenza n. 2052 del 2016, hanno chiaramente affermato, seppure al fine di risolvere una questione di giurisdizione, che l’indennizzo ex art. 46 ristora un pregiudizio che è ben diverso da quello derivante dalla diretta esecuzione dell’opera e dunque non è direttamente connesso ad atti o comportamenti espressivi dell’esercizio del pubblico potere (cfr. punto 8.3 della sentenza ult. cit.).

4.2 Quanto alla circostanza, pure rimarcata dalla Corte territoriale, secondo la quale l’indennizzo in questione deriva da un fatto lecito della PA (e per tale ragione, secondo la Corte, integrerebbe un debito di valuta), si tratta di una constatazione che non appare dirimente ai fini della corretta individuazione della natura del debito (quale debito di valore o di valuta), essendo semmai decisiva, a questi fini, la verifica se l’oggetto originario della prestazione sia un valore (com’è d’altronde nel caso di specie) ovvero una somma di denaro determinata o determinabile nel suo esatto ammontare (solo in tale ultimo caso venendo in rilievo un’obbligazione pecuniaria: cfr. da ultimo SU n. 17989 del 2016).

5. Il conseguente accoglimento del ricorso impone la cassazione con rinvio avanti alla Corte d’Appello, anche per la liquidazione delle spese.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 maggio 2017

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