Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13556 del 02/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 02/07/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 02/07/2020), n.13556

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2985/2014 R.G. proposto da

L.M. ed L.A., nella qualità di eredi di

C.A., deceduta il 26-4-2009, rappresentati e difesi dall’Avv.

Rosario Dell’aglio, elettivamente domiciliati presso lo studio

dell’Avv. Daniela Giamportone, in Roma, Via Gaetano Donizzetti, n.

7, int. 5, giusta procura a margine del ricorso,

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12

-controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Sicilia, n. 119/24/2013, depositata il 14 giugno 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 febbraio

2020 dal Consigliere Luigi D’Orazio.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1.La Commissione tributaria regionale della Sicilia accoglieva l’appello incidentale proposto dalla Agenzia delle entrate e rigettava l’appello principale articolato da L.M. ed L.A., quali eredi di C.A., avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Palermo, che aveva accolto solo in parte il ricorso presentato dalla contribuente contro l’avviso di accertamento ai fini Irpef, emesso dalla Agenzia delle entrate nei suoi confronto, per l’anno 2001, in relazione alla plusvalenza per la vendita di un terreno edificabile effettuata nel 2001, con contestazione della omessa dichiarazione della somma di Lire 104.000.000, dovendosi tenere conto di quanto già determinato ai fini della imposta di registro, con adesione al condono di cui alla L. n. 289 del 2002, da parte dell’acquirente del terreno, C.A.. Per il giudice di prime cure la somma doveva essere ridotta a Lire 80.000.000. Secondo il giudice di appello, invece, poichè l’acquirente del terreno aveva optato per la definizione della lite ai fini della imposta di registro con l’adesione al condono ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16, tale valore era ormai “cristallizzato” nell’importo di Lire 104.000.000.

2.Avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione i contribuenti.

3.Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.Con il primo ed il secondo motivo di impugnazione i contribuenti deducono la “violazione e falsa applicazione dell’art. 67, lett. b e art. 68 del Tuir – Art. 360 c.p.c., n. 3”, “Omesso esame di un fatto decisivo per la controversia- Art. 360 c.p.c., n. 5”, in quanto non può rilevare, per la determinazione della plusvalenza, il valore del terreno accertato ai fini dell’imposta di registro. La plusvalenza, infatti, attiene alla differenza tra il corrispettivo percepito ed il costo di acquisto, mentre l’imposta di registro ha ad oggetto il valore commerciale del bene compravenduto. Nè può avere alcuna rilevanza la circostanza che un terzo, ossia l’acquirente, abbia utilizzo il condono ai fini della quantificazione della base imponibile dell’imposta di registro. Non sono stati, poi, considerati una serie di elementi di fatto costituiti da:valore dei terreni in zona aventi analoghe caratteristiche; il lotto di terreni non è ubicato nella fascia marina, ma si trova ad oltre 1 km di distanza dal mare ed in zona semicollinare; il terreno non era provvisto di concessione edilizia, ma faceva solo parte del piano di lottizzazione approvato dal Consiglio comunale. La Commissione regionale, tralasciando tutti questi elementi di fatto, ha invece deciso la controversia ritenendo “insuperabile” e “cristallizzato” il valore attribuito dall’Ufficio in sede di accertamento del valore ai fini dell’imposta di registro.

2.Con il terzo ed il quarto motivo di impugnazione i ricorrenti si dolgono della “violazione e falsa applicazione dell’art. 68 del Tuir – Art. 360 c.p.c., n. 3”, “Omesso esame di un fatto decisivo per la controversia – Art. 360 c.p.c., n. 5”, in quanto non si è tenuto conto che il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 68, impone di tenere conto nella valutazione della plusvalenza di “ogni altro costo inerente al bene medesimo”, sicchè al prezzo di vendita del terreno devono essere aggiunti l’imposta di registro, l’onorario notarile, l’Ici versata al Comune.

3.Con il quinto motivo di impugnazione i ricorrenti deducono la “violazione e falsa applicazione dell’art. 93 c.p.c., Art. 360 c.p.c., n. 3”, in quanto il giudice di appello ha compensato le spese che, invece, dovevano essere poste per intero a carico della Agenzia delle entrate.

4. Il primo motivo è fondato, nei termini di cui in motivazione.

4.1.Deve, invero, tenersi conto dello ius supervenies costituito dalla D.Lgs. n. 147 del 2015, art. 5, comma 3.

4.2.Infatti, per questa Corte, nel giudizio di legittimità, lo “ius superveniens”, che introduca una nuova disciplina del rapporto controverso; può trovare di regola applicazione solo alla duplice condizione che, da un lato, la sopravvenienza sia posteriore alla proposizione del ricorso per cassazione, e ciò perchè, in tale ipotesi, il ricorrente non ha potuto tener conto dei mutamenti operatisi successivamente nei presupposti legali che condizionano la disciplina dei singoli casi concreti; e, dall’altro lato, la normativa sopraggiunta sia pertinente rispetto alle questioni agitate nel ricorso, posto che i principi generali dell’ordinamento in materia di processo per cassazione – e soprattutto quello che impone che la funzione di legittimità sia esercitata attraverso l’individuazione delle censure espresse nei motivi di ricorso e sulla base di esse – impediscono di rilevare d’ufficio (o a seguito di segnalazione fatta dalla parte mediante memoria difensiva ai sensi dell’art. 378 c.p.c.) regole di giudizio determinate dalla sopravvenienza di disposizioni, ancorchè dotate di efficacia retroattiva, afferenti ad un profilo della norma applicata che non sia stato investito, neppure indirettamente, dai motivi di ricorso e che concernano quindi una questione non sottoposta al giudice di legittimità (Cass., sez. 5, 2 agosto 2018, n. 19227; Cass., sez. L., 26 luglio 2011, n. 16266; Cass., sez. L., 1 ottobre 2012, n. 16642; Cass., sez. 5, 8 maggio 2006, n. 10547). Il giudizio di legittimità ha ad oggetto, del resto, non solo l’operato del giudice, ma la conformità della decisione adottata all’ordinamento giuridico (Cass., sez. L., 28 febbraio 2017, n. 5226).

Nella specie, i contribuenti hanno espressamente contestato che la determinazione del valore del terreno, come determinata nel condono di cui alla L. n. 289 del 2002, cui ha aderito il contribuente, ai fini della imposta di registro, potesse riverberare i suoi effetti su un accertamento ai fini Irpef, per la determinazione della plusvalenza. Si è censurato, quindi, l’automatismo dell’avviso di accertamento Irpef, scevro da una concreta valutazione sul valore effettivo dell’immobile in relazione al prezzo di acquisto dello stesso.

4.3.La Commissione regionale, quindi, ha provveduto alla determinazione della asserita plusvalenza da cessione del terreno, esclusivamente tenendo conto della rettifica del valore del terreno in sede di imposta di registro. Tale valore sarebbe divenuto definitivo, anche ai fini Irpef, dopo che l’acquirente del terreno ha beneficiato del condono di cui alla L. n. 289 del 2002, per determinare l’importo della plusvalenza ai fini della imposta di registro.

In realtà, deve osservarsi che la tesi dell’Agenzia delle entrate, fatta propria dalla Commissione regionale, si fondava sul tralaticio orientamento giurisprudenziale (Cass.Civ., 16254/2015; Cass.,Civ., 14485/2009), per cui il valore del bene determinato ai fini della imposta di registro, spiegava effetto anche sulla determinazione della plusvalenza generata dalla cessione del medesimo bene; sicchè era onere del contribuente, al fine di superare la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato con quello coincidente con il valore di mercato accertato in via definitiva in sede di applicazione dell’imposta di registro, dimostrare di avere in concreto venduto ad un prezzo inferiore

4.4.Tale orientamento è stato, però, travolto dal D.L.gs. n. 149 del 2015, n. 147, art. 5, comma 3, in base al quale “Gli artt. 58, 68, 85 e 86 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. n. 917 del 1986, e il D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 5,5 bis, 6 e 7, si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonchè per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347”.

Pertanto, per questa Corte, il D.Lgs. n. 147 del 2015, art. 5, comma 3, che esclude l’accertamento induttivo della plusvalenza ricavata dalla cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria o catastale, è una norma interpretativa e, come tale, retroattiva, in ragione del chiaro intento del legislatore, desumibile, peraltro, dall’art. cit., comma 4, che contempla una disciplina transitoria solo per le disposizioni di cui al comma 1, senza nulla statuire per quelle contenute nei commi 2 e 3 (Cass., sez. 5, 8 maggio 2019, n. 12131; Cass.Civ., 18 aprile 2018, n. 9513; Cass.Civ., 17 maggio 2017, n. 12265; Cass.Civ., 2 agosto 2017, n. 19227).

La presunzione suindicata, quindi, non è più legittima, in base alla novella legislativa, solo sulla base del valore, anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro (Cass.Civ., n. 6135/2016; Cass.Civ., n. 11543 del 2016), posto che la base imponibile Irpef è data non già dal valore del bene, ma dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo.

Pertanto, l’automatica trasposizione del valore dato al cespite ai fini dell’imposta di registro in sede di accertamento della plusvalenza per la tassazione Irpef, non trova più ingresso in sede di valutazione della prova, nel senso che non è possibile ricondurre a quel solo dato il fondamento dell’accertamento, dovendo invece provvedere l’Ufficio a individuare ulteriori indizi, dotati di precisione, gravità e concordanza, che supportino adeguatamente il diverso valore della cessione rispetto a quanto dichiarato dal contribuente (Cass., sez. 5, 8 maggio 2019, n. 12131; Cass., sez.5, 30 gennaio 2019, n. 2610;).

5.1 restanti motivi restano assorbiti dall’accoglimento del primo motivo, che comporta una nuova valutazione degli elementi di fatto da parte del giudice del rinvio.

6.La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in ordine al motivo accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 13 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2020

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